Energia e sicurezza nazionale sono una cosa sola. L’allarme del Copasir è molto chiaro e l’invito è quello di “realizzare un piano nazionale di sicurezza”. La partita geopolitica sarà anche al centro del live talk di Formiche in programma il prossimo 18 gennaio con il sottosegretario Vannia Gava, Davide Tabarelli e Andrea Zaghi
Il Copasir lo ha detto chiaramente. Energia e sicurezza nazionale sono una cosa sola. E l’Italia si trova oggi “in una situazione di vulnerabilità”.
Secondo la relazione conclusiva dell’indagine conoscitiva sulla sicurezza energetica del Paese, la sicurezza energetica nazionale è esposta a minacce esterne. E questo preoccupa gli 007, insieme alla dipendenza dagli approvvigionamenti dalla Russia e dalle supply chain cinesi.
UN PIANO NAZIONALE DI SICUREZZA
L’invito è quello di “realizzare un piano nazionale di sicurezza nazionale con la più ampia condivisione, in modo che possa restare valido ed indirizzare le scelte strategiche che il Paese dovrà compiere in questo settore nel lungo periodo”, come sostengono in una nota il presidente Adolfo Urso e la vicepresidente e relatrice dell’indagine Federica Dieni.
Le priorità che il comitato mette in cima alla lista, dopo aver ascoltato una serie di audizioni dell’Autorità delegata Franco Gabrielli e dei direttori di Dis, Aisi e Aise fino ai principali operatori pubblici e privati del settore e le autorità di regolamentazione, sono “la necessità di tutelare gli approvvigionamenti tenendo conto della dipendenza dall’estero; la necessità di proteggere le infrastrutture critiche di fornitura; lo sviluppo delle fonti rinnovabili connesso con l’individuazione delle criticità legate a questo ambito anche in termini di risorse tecnologiche e materie prime necessarie per il loro sfruttamento”.
IL PUNTO DI FEDERICA DIENI
L’Italia però dipende ancora molto in campo energetico dalla Russia, sostiene il Copasir. Infatti importiamo il 42% dell’approvvigionamento, seguiti da Algeria (14%), Qatar (11%), Norvegia (9%), Libia (8%) e Olanda (2%).
E come ricorda Dieni in una intervista a Formiche.net “i numeri parlano”. Infatti, la deputata e vicepresidente del Copasir continua sostenendo che non essendo il nostro un Paese autonomo “subiamo la pressione di attori politici diversi, Russia in testa. In questo modo tensioni geopolitiche come la crisi in Ucraina possono avere un impatto diretto sulla nostra sicurezza energetica. Un blackout in Europa o in Italia non è fantascienza”.
Se il gas italiano quindi può fare poco, Dieni avverte che la soluzione per una transizione energetica è possibile: “Nel medio-lungo termine dobbiamo investire sulle rinnovabili e sulla loro filiera, a partire dagli accumulatori di energia. Le nostre società devono essere assistite per dotarsi di questi strumenti di produzione e accumulo”.
Ma il Copasir non lancia l’allarme solo per la questione gas, bensì traccia una road map anche per altri settori. “Penso all’idrogeno verde, o all’idroelettrico – dice Dieni. Qui in particolare sottolineiamo il rischio che alcune norme del Ddl concorrenza creino pregiudizio alle imprese nazionali”.
UN’INTELLIGENCE ECONOMICA
Insomma, la questione energetica è di estremo interesse per il Copasir che negli ultimi tempi ha dato prova di essersi in qualche modo trasformato. Leonardo Bellodi, autore di “L’ombra di Gheddafi”, infatti ha fatto una puntuale analisi su come “da ‘semplice’ organo che esercita il controllo parlamentare sull’operato dei servizi segreti italiani”, il Copasir “si è trasformato in una sede di condivisione di strategie e di indirizzo senza dimenticare ovviamente la funzione principale che è quella del controllo sulle attività del comparto intelligence che deve sempre servire l’interesse nazionale”.
Bellodi ha sottolineato come l’attenzione dell’intelligence debba soffermarsi sulla questione gas per due motivazioni fondamentali.
La prima perché “i Paesi da cui il gas ci arriva sono poco stabili politicamente (si pensi alla Libia) o ‘attenzionati’ da parte dei grandi Stati esteri”. Dal momento ad esempio che gli Stati Uniti hanno introdotto sanzioni, influenzano il commercio fino a una competizione tra Stati Ue, Cina e Asia su chi arriva prima al gas russo.
La seconda invece “è legata ai Paesi di transito del gas: Ucraina, Turchia, Mar Mediterraneo sono luoghi in fibrillazione dal punto di vista geopolitico”, ha sottolineato Bellodi. Ed è qui che il Copasir mette l’accento, per una intelligence economica, più centrale rispetto a quella tradizionale di impostazione militare.
QUANTO PUÒ FARE L’ITALIA? RISPONDE NICOLAZZI
Alla luce dell’invito a favorire la ricerca di gas e il suo sviluppo all’interno dei nostri confini, si leva la voce del manager di lungo corso Massimo Nicolazzi che in un’intervista su queste colonne spiega come sia necessario per l’Italia più realismo. “Non voglio dire che non dovremmo provarci”, spiega Nicolazzi. “Mi farebbe piacere se si producesse più gas, perché aumenterebbe il contributo nazionale ai consumi. Mi farebbe più piacere anche dal punto di vista delle emissioni e dell’inquinamento: più il gas viaggia e più se ne disperde in atmosfera.
Quello consumato in Italia che arriva dall’Adriatico emette meno rispetto a quello che giunge dalla Russia, una cosa sulla quale gli oppositori non riflettono. Comunque vada, non dimentichiamo che stiamo parlando solo di un aiutino: vedo che adesso il punto di compromesso sembra essere di investire nei campi già in produzione senza aprirne di nuovi. Forse è percepito come politicamente più accettabile, ma vuol dire che per puro ottimismo nel giro di un paio d’anni potremo produrre 4 miliardi di metri cubi aggiuntivi di gas mentre ne stiamo importando ben 65”. E sui nuovi giacimenti? “C’è un nodo: la zona più promettente è stata congelata 30 anni fa perché qualcuno ha insinuato il sospetto che le perforazioni in Adriatico avrebbero fatto sprofondare Venezia”, conclude il manager.
E IN EUROPA CHE PARTITA SI GIOCA?
E nel frattempo in Europa cosa succede? A che punto siamo? “Fa riflettere che un’azienda, in vista dell’aumento della domanda, limiti l’offerta, è un comportamento piuttosto raro sul mercato”, ha detto il commissario europeo per la concorrenza, Margrethe Vestager. Cosa vuol dire questo? Che si sta cercando di arginare il monopolio di Gazprom sull’esportazione di gas, ma le decisioni entrano di fatto nella partita del Nord Stream 2 che si sta giocando anche con gli Usa.
Sia Vestager sia Josep Borrell, commissario europeo agli Affari esteri intervenuto sul Nord Stream 2, mettono sul tavolo la possibilità di bloccare il gasdotto russo-tedesco, ma Berlino rimane sulle sue posizioni: Scholz ha confermato la strada già tracciata da Merkel, ovvero iniziativa privata non politica. Gli Stati Uniti però continuano ad essere contrari al gasdotto. Ted Cruz, uno dei repubblicani più critici, ha detto proprio in questi giorni che l’opera potrebbe essere uno “strumento per l’aggressione di Vladimir Putin” contro l’Ucraina.
L’EVENTO DI FORMICHE
Sul dibattito politico-istituzionale sull’energia, entrato ormai anche nelle case degli italiani, è incentrato il live talk di Formiche “Transizione ecologica e competitività, quale politica energetica per l’Italia”. Un evento che si prefigge di affrontare le questioni energetiche con un taglio di analisi e approfondimento qualificato grazie alla presenza del sottosegretario al ministero della Transizione ecologica Vannia Gava, del presidente di NE-Nomisma Energia Davide Tabarelli e del direttore generale di Elettricità Futura Andrea Zaghi. Modera Giorgio Rutelli, direttore di Formiche.net.
Appuntamento martedì 18 gennaio alle 16 qui e sulla pagina Facebook di Formiche (@formichenews).