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Verso il grande negoziato europeo. Le proposte di Astrid

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Un’analisi sul futuro dell’Unione europea nel contesto internazionale in via di cambiamento, quella dell’associazione di studi e ricerche Astrid, articolata in vari gruppi di lavoro e che porterà a uno studio complessivo. Ne parla a Formiche.net Giuseppe Pennisi

Siamo ancora ai prolegomeni del grande negoziato sulle regole europee di vigilanza delle politiche di bilancio, nonché di quello (ad esso parallelo) sulle norme per gli aiuti di Stato, ma i vari Stati membri stanno affilando le armi. Poco trapela dai ministeri, specialmente di quei Paesi (ad esempio, Francia e Italia) i cui governi non sanno se resteranno in carica sino alla prossima estate. Ci sono, però, interessanti lavori di istituti di ricerca i cui studi sono ascoltati nel “Palazzo”.

Su questa testata, il 13 gennaio abbiamo esaminato quelle del Centro Studi Economia Reale presentate in un libro edito da Rubettino che verrà presto discusso al Club dell’Economia. Ora pare utile presentare quelle dell’associazione di studi e ricerche Astrid, che sono state pubblicate sul periodico Astrid Rassegna e sono al centro discussioni tra esperti (e anche alti funzionari della Commissione europea e del Governo italiano).

È un lavoro in progress, frutto di un’analisi (iniziata ben prima della pandemia) sul futuro dell’Unione europea nel contesto internazionale in via di cambiamento; tale analisi, articolata in vari gruppi di lavoro, sta proseguendo e porterà a uno studio complessivo. Nel frattempo, data l’imminenza della trattativa sulle regole europee per la vigilanza delle politiche di bilancio, tre papers specifici sono stati pubblicati sul sito di Astrid, inviati alla Commissione europea e alle autorità politiche italiane.

Dei tre lavori, uno, a firma di Giuliano Amato, Franco Bassanini, Marcello Messori e Gian Luigi Tosato e intitolato The new European fiscal framework: how to harmonise rules and discretion (Il nuovo quadro europeo di politica di bilancio: come armonizzare regole e discrezionalità), è una proposta organica che potrebbe essere presa come base per il negoziato sulle regole europee di vigilanza sulla finanza pubblica degli Stati membri dell’unione monetaria. Gli altri due (On Reforming the EU Fiscal Framework A contribution to the European Commission Review of the EU Economic Governance Framework di Massimo Bordigon e Giuseppe Pisauro e Comments on the revision procedures for EU fiscal rules di Gian Luigi Tosato) riguardano aspetti specifici tecnico-economici il primo e tecnico-giuridici il secondo. A rigore andrebbero letti e meditati tutti e tre, ma chi ha vincoli di tempo può soffermarsi sul primo che, d’altronde, tiene conto delle conclusioni degli altri due. Tra il paper di Massimo Bordigon e Giuseppe Pisauro e quello di Giuliano Amato, Franco Bassanini, Marcello Messori e Gian Luigi Tosato, ci sono differenze che, ritengo, verranno armonizzate al termine delle discussioni in corso. I seminari, ovviamente riservati e per inviti, serviranno anche ad arricchire le proposte.

A questo stadio, è utile avere contezza delle linee generali, che potranno essere utile al governo italiano al momento della trattativa. In estrema sintesi, i trattati europei non verrebbero cambiati, ma prendendo spunto dalla Recovery and Resilience Facility del Next Generation Eu, i singoli Stati europei concluderebbero accordi-intese bilaterali con la Commissione europea per programmi decennali di riassetto strutturale al fine di tornare a un basso debito e indebitamento della Pubblica amministrazione nei termini previsti dai trattati, senza però vincoli aggiuntivi quali la riduzione di un ventesimo l’anno del debito eccedente quanto stipulato a Maastricht. Questi Fiscal and Structural Plans (FSPs) sarebbero monitorati dalla Commissione e naturalmente nel corso dei dieci anni verrebbero mutati se le condizioni di contesto lo richiedessero. Sarebbero rivolti alla crescita e alla trasformazione ecologica e digitale (due obiettivi europei per conseguire una maggiore dotazione di beni pubblici anche essi europei) e le spese per queste due voci, quindi, sarebbero escluse (ai fini della vigilanza sulle politiche di bilancio) dal computo del debito e dell’indebitamento delle pubbliche amministrazioni, con una chiara definizione delle spese incrementali ammissibili (allo scopo di evitare comportamenti “opportunistici” da parte dei singoli Stati).

I FSPs comprenderebbero riforme, aggiuntive a quelle del Piano nazionale di riprese e resilienza (Pnrr), la cui attuazione è appena iniziata. Ricordiamo che quando il Next Generation EU veniva negoziato (nell’estate 2020), alcuni Paesi (detti, a torto o ragione, “frugali”) intendevano che l’Italia rimettesse mano nella spesa sociale, ad esempio più per sanità ed istruzione e meno per pensioni e sussidi come reddito di cittadinanza). Voci che si sono sentite anche nei corridoi dell’Eurogruppo di lunedì scorso. Ciò pone delicati problemi di condizionalità e di equilibri tra Commissione e Consiglio: può un organo tecnico come la Commissione porre “condizioni” a Stati membri? O è preferibile che sia il Consiglio? In tal caso gli accordi-intese non dovrebbero essere tra Consiglio e Stato membro, dando al Commissione solo un ruolo tecnico di supporto al Consiglio. Un’Italia nazionalista, ove non populista, quanto sarebbe disposta ad accettare “condizionalità”? L’ultima volta fu alla metà degli anni Settanta del secolo scorso, nell’aprile 1977, in un accordo con il Fondo monetario, ma allora le “condizioni” furono praticamente scritte in Banca d’Italia, dove si temeva una crisi della bilancia dei pagamenti molto di più di quanto non lo temessero il presidente del Consiglio (Giulio Andreotti) ed il ministro del Tesoro (Gaetano Stammati) dell’epoca. Ora si tratterebbe di contenere e rimodulare la spesa di parte corrente in un Paese dove, però, si avverte una forte “rabbia sociale” che si tenta di calmare con sussidi.

Le “regole fiscali” europee, che negli ultimi vent’anni sono state complicate da successivi aggiornamenti tramite accordi inter-governativi, verrebbero semplificate e rese più trasparenti. Fondi europei verrebbero “attivati” a sostegno di questi obiettivi; ciò implica anche un incremento delle risorse della Commissione o tramite un aumento del proprio bilancio o tramite ricorso al mercato. Questi sono aspetti essenziali della proposta in costruzione: quanti Stati dell’Ue, però, sarebbero pronti ad autorizzare un maggiore bilancio alla Commissione e l’autorizzazione di maggiore ricorso al mercato? Come abbiamo il 18 gennaio su questa testata, il ministro delle Finanze tedesco Chistian Lindner, ha già messo le mani avanti affermando che per ora si concentrerà sull’attuazione della Facility del Next Generation Eu; ossia prima di entrare in un nuovo negoziato occorre accertare che i vari Piani nazionali di riprese e resilienza (Pnrr) vengono attuati bene, sia sotto il profilo delle riforme sia sotto quello degli investimenti. Perché la proposta (ancora in preparazione) di Astrid viaggi, quindi, è essenziale dare buona prova con le riforme e gli investimenti del Pnrr, mostrando anche che riforme ed investimenti pubblici hanno un efficace effetto leva sulla imprenditoria privata (italiana e straniera) ossia che l’imprenditoria mostri di essere più pronta ad investire nel nostro Paese.

Non ci sarebbero programmi speciali per la riduzione del debito (sul tipo di quelli presentati nelle ultime settimane da alcuni economisti) dato che si seguirebbe la strada maestra: la crescita per ridurre il peso del debito, tramite un appropriato riassetto strutturale che, naturalmente, implica riforme, non solo investimenti ben concepiti e ben realizzati.

In breve, questi sono i lineamenti di una proposta che merita di essere approfondita e che può diventare una base del negoziato.


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