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Kingmaker, totonomi e altre bizzarrie quirinalizie

Mancano due giorni al voto per il Quirinale e allora è bene ripassare due o tre regole. Dalla rosa di nomi ai nomi in rosa fino agli auto-candidati kingmaker, come (non) trasformare la partita in farsa. Il commento di Gianfranco Pasquino

L’iniziativa di proporre candidature non dipende affatto e non è riservata a chi ha più numeri (di parlamentari). Neppure se sono affidabili (non ricordo franchi tiratori/trici) come coloro che votarono che Ruby Rubacuori era nipote di Mubarak. L’iniziativa se la prende chi ha fantasia politica e immaginazione istituzionale.

Da questo punto di vista, molti uomini e donne politiche sono state molto deludenti. Le 340 circa parlamentari donne potrebbero ancora attivarsi e proporre uno o più nomi di donne capaci.

La rosa di nomi è la seconda cosa che so. Non è né rispettoso né corretto indicare un nome secco, solo, prendere o lasciare. È irriguardoso anche nei confronti del/della nominata/o. Chi vuole procedere ad accordi che, inevitabilmente e opportunamente, configurano una rappresentanza più allargata, ha l’obbligo politico di proporre agli interlocutori una rosa di nomi, per la precisione almeno tre o quattro.

Ne conseguirà una scelta condivisa che, per di più, non sarà il famigerato minimo comune denominatore. Non parlerei di kingmaker poiché i re non vengono fatti da nessuno, ma sono ereditari e spesso regine. Nessuno si intesti nessuna vittoria. Sarebbe roba da patetici fanfaroni che non hanno niente di meglio.

La terza cosa che so è che quello che dicono i berlusconiani & Co., cioè che se l’autocandidatura di Berlusconi viene respinta tocca a lui fare un nome, è doppiamente sbagliato. Primo, finisce lì e nessuno sostenga che la rinuncia è “un nobile sacrificio”. Secondo non esiste nessun diritto alla nomina da parte di chi prende atto di una sconfitta. Il “gioco” ricomincia da capo.

La quarta cosa che so è che è profondamente sbagliato e anche offensivo che commentatori e retroscenisti, giuristi di corte e di cortile, attribuiscano fin d’ora gravi responsabilità ai politici che non sanno scegliere. Neanche i cittadini, tranne che nel caso di una elezione diretta, neanche la leggendaria società civile saprebbero sbrogliare la matassa. Comunque, i conti è meglio aspettare a farli alla fine. Les jeux ne sont encore faits.



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