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La Danimarca dice addio alle limitazioni anti-Covid. Ma è una buona notizia?

È il primo Paese dell’Unione europea che decide di cancellare tutte le misure di prevenzione per la crisi sanitaria, nonostante i casi siano in aumento. Il perché della scelta (e cosa c’entra la fiducia) e le conseguenze. L’analisi dell’esperto, consigliere del governo danese, Michael Bang Petersen

Fino a martedì, chi era sul treno che attraversa lo stretto Öresund, tra la Danimarca e la Svezia, capiva che era stato attraversato il confine perché quasi tutti i passeggeri toglievano la mascherina appena entrati in territorio svedese. Nella direzione contraria, dalla Svezia alla Danimarca, il gesto era l’opposto perché l’uso del dispositivo di protezione sanitaria era obbligatorio.

I contagi continuano a salire. I casi registrati in un giorno sono 45.000, mentre a dicembre erano 8.000. anche i ricoveri in ospedale aumentano, così come l’indice di positività e la riproduzione del virus. Resta basso il numero di pazienti in terapia intensiva.

Tuttavia, il governo danese ha deciso di revocare tutte le restrizioni contro il Covid-19, considerando che la malattia non è più una minaccia per la società. Via all’obbligo della mascherina negli spazi pubblici (resta la raccomandazione negli ospedali). Questa settimana aprono anche i locali notturni, pub e discoteche. Niente Green Pass. L’esempio è stato seguito dalla Francia e la Norvegia, dove alcune misure sono state allentata.

“Siamo quasi all’uscita del tunnel del coronavirus”. La premier danese, Mette Frederiksen, aveva annunciato un ritorno alla vita sociale senza limitazioni né mascherine, sperando che questa sia la volta definitiva e non ci sia un ritorno all’emergenza, come l’autunno scorso.

Il mondo però guarda incredulo alla scelta. Il politologo Michael Bang Petersen, consigliere del governo di Danimarca e direttore di un progetto sull’atteggiamento in pandemia, ha pubblicato un thread su Twitter in cui argomenta la decisione, con grafici e dati interessanti.

Prima di tutto, la maggior parte dei danesi sostiene la revoca delle limitazioni. La preoccupazione è al livello più basso della pandemia. Questo perché l’indice di vaccinazione è rassicurante: l’81% dei danesi ha due dosi di vaccino anti-Covid e il 61% le tre dosi. Inoltre, Omicron si è confermata una variante meno pericolosa.

“Durante tutta la pandemia, i nostri dati mostrano che la principale preoccupazione dei danesi non è la loro salute – scrive Bang Petersen -, ma gli ospedali sovraffollati. In effetti, a gennaio del 2022 il danese medio era più preoccupato per i blocchi che per la propria salute”.

L’esperto sottolinea che praticamente tutte le infezioni in Danimarca sono della variante Omicron: “La combinazione di Omicron e un’elevata copertura di richiamo disaccoppia infezione e gravità. Sebbene ci sia un numero elevato di casi, la pressione sugli ospedali è inferiore rispetto alle ondate precedenti. L’esempio più chiaro di ciò è il calo in terapia intensiva”. L’attuale numero di morti (che resta alto) è ancora segnato dall’onda Delta e circa il 50% della popolazione è preoccupato per i postumi Long Covid.

Sull’ipotesi se la Danimarca debba aspettarsi che tutte le preoccupazioni si risolvano con questa decisione, Bang Petersen è ottimista: “Ma aspettare non è gratis. Ha dei costi in termini di economia, benessere e diritti democratici. Il loro bilanciamento è una parte esplicita della strategia danese. La nostra ricerca mostra che questi costi generano stanchezza da pandemia, che alimenta la sfiducia. Il benessere è stato relativamente alto in Danimarca, in parte, perché le misure sono state alquanto miti e perché sono state allentate quando possibile”.

Secondo lui, “l’accordo democratico conta più dell’esatta natura dei compromessi […] La nostra ricerca mostra che si sentono competenti nell’evitare le infezioni. Si sono isolati durante l’inverno e probabilmente lo faranno ancora”.

Sebbene la revoca delle limitazioni comporti rischi, questi sono accettati perché “la maggior parte dei giovani danesi ha rispettato meticolosamente le restrizioni: fiducia nelle autorità e solidarietà con la società”. E c’è un’elevata motivazione ad aiutare le persone a rischio, nonostante l’avvicinamento sia una minaccia per se stessi: “Non vediamo un calo nella motivazione dei danesi a mantenere le distanze dagli anziani e dalle persone a rischio. Le persone si prendono cura degli altri e continueranno a prendere precauzioni”.

Questa scelta di apertura potrebbe segnare la fine della pandemia? Assolutamente no, si tratta di una questione di fiducia nel gestire al meglio la crisi. “Abbiamo declassificato il virus – conclude l’esperto -. Ma poiché le limitazioni generano sfiducia, è prudente allentare le misure quando possibile. Se non è finita, se i blocchi devono essere imposti di nuovo, le società avranno bisogno di quanta più fiducia e solidarietà si può generare.



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