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Caro Salvini, il Partito Repubblicano esiste già. Scrive Tivelli

In Italia ancora esiste un ultimo piccolo germoglio di quello che fu il glorioso Partito Repubblicano di Ugo La Malfa e di Spadolini. Mi permetta di rivolgerle alcune considerazioni in proposito e di ricordarle cos’è stato in Italia

Gentile onorevole Salvini, mi permetto di rivolgermi a lei perché ho letto nei giorni scorsi la sua proposta di fondare in Italia il Partito Repubblicano, con l’occhio rivolto al ruolo dei repubblicani negli Usa. A parte che in Italia ancora esiste un ultimo piccolo germoglio di quello che fu il glorioso Partito Repubblicano di Ugo La Malfa e di Spadolini, e che forse ci sarebbe qualche problema legale nel fondare un partito con questo nome, mi permetta di rivolgerle alcune considerazioni in proposito e di ricordarle cos’è stato in Italia il Partito Repubblicano, al quale mi scrissi all’età di 14 anni, per poi restituire con grande dolore la tessera all’età di 26 anni dopo aver vinto il concorso per Consigliere Parlamentare della Camera dei Deputati (per evidenziare l’imparzialità del mio servizio alla Repubblica), ma nelle cui posizioni mi sono sostanzialmente a lungo ritrovato.

Mi consenta una premessa. La mia sensazione è che lei, subito dopo una performance non certo eccellente data nel corso dell’elezioni del Presidente della Repubblica abbia scritto quel lungo articolo con questa proposta su Il Giornale, per provare in qualche modo a rilanciare e per deviare l’attenzione dai suoi, diciamo così, fallimenti nel corso delle votazioni per la Presidenza della Repubblica. Fra l’altro la sua proposta a Berlusconi e a Forza Italia mi pare che sin qui abbia incontrato qualche forma di “no” sonoro. Oltretutto, già qualche tempo fa Berlusconi aveva avuto un’idea simile che poi evaporò. Vede, onorevole Salvini, la prima caratteristica del Partito Repubblicano Italiano e dei repubblicani era quella di avere la schiena dritta, di impostare la propria azione a un certo rigore e a una certa coerenza. Lei invece, come mi sembra aver dimostrato nel corso della vicenda delle elezioni del Presidente della Repubblica, basa la sua azione politica su una sorta di “etica dell’andirivieni”, fa spesso su e giù tra posizioni anche opposte, con una certa improvvisazione e inventa semi alleanze destinate a durare lo spazio di pochi giorni. Sembra preso da una sorta di agitazione iperattiva come ha dimostrato in quei giorni andando a scomodare (che loro lo sapessero o no) i candidati più svariati e provando ad intrecciare le alleanze più svariate. Uno stile che per certi versi mi sembra confermato dalla successiva opposizione da parte dei suoi ministri, non molto spiegabile, all’ultimo noto decreto Covid.

Spesso le sue azioni, nell’impronta populista che la caratterizza finiscono per rivelarsi anche dilettantesche, perché sembra risultare che non ci sia nessuno studio, nessuna istruttoria seria e profonda alle spalle. Il Partito Repubblicano è stato invece un partito-scuola, in cui le posizioni prima di essere assunte, venivano ampiamente studiate, in cui era diffusa una forte cultura politica. Ricordo che tra i 20 e i 23 anni essendo un Leader nazionale dei giovani repubblicani, frequentavo regolarmente le riunioni della commissione Problemi Istituzionali e della commissione economica del Partito, in cui si ritrovavano alcuni fra i più grandi economisti e fra i più grandi costituzionalisti Italiani e in cui si preparava la base per l’elaborazione e l’assunzione delle posizioni politiche. Ma soprattutto, come ho già accennato, quella che caratterizzava la posizione del Partito Repubblicano era la coerenza e la continuità della posizioni (altro che andirivieni…).

Ugo La Malfa fece una battaglia durissima per contribuire a fondare il centrosinistra e poi da ministro del Bilancio del governo Fanfani preparatorio del centrosinistra nel 1962 presentò e costrinse le classi politiche a confrontarsi su di essa, la “Nota aggiuntiva”. Quel documento è ancora per molti aspetti, 60 anni dopo, attuale perché era centrato sull’obbiettivo di ridurre gli squilibri settoriali e territoriali troppo diffusi della società italiana e proponeva una forma di programmazione in cui fossero coinvolte tutte le parti sociali. Questa linea di fondo (purtroppo smentita dai ministri socialisti che succedettero al ministero del Bilancio a Ugo La Malfa) permeò a lungo l’azione politica dei repubblicani.

L’altro tema di fondo su cui Ugo La Malfa, che fu fra l’altro vicepresidente del Consiglio e ministro del Tesoro nel governo Moro La Malfa nel 74, caratterizzò la posizione dei repubblicani e quella, contrariamente a quella che lei sostanzialmente ha sempre perseguito, del rigore nella gestione della finanza pubblica, dell’attenzione all’equilibrio dei conti pubblici. Sono costretto ad essere breve e passo dall’altro Leader che più lasciò il segno dopo Ugo La Malfa nel Partito Repubblicano, Giovanni Spadolini, il primo Presidente non democristiano della storia della Repubblica Italiana che fu chiamato a questo ruolo da Pertini per rispondere all’emergenza della P2 e della questione morale ad essa e non solo ad essa collegata.

Spadolini fu di un rigore assoluto sia come presidente del Consiglio che in altre posizioni (così come lo era Ugo La Malfa) sulla questione morale e tra l’altro presentò intorno al 1983 un “decalogo da Premier”, “un decalogo istituzionale” cioè un insieme di piccole e medie riforme istituzionali in larga parte ancora attuale. I repubblicani erano poi il partito dei “contenuti”, che non solo disponevano di seri contenuti ma condizionavano l’adesione ai governi, sia durante gli anni del Centro Sinistra sia durante gli anni del Penta Partito a contenuti precisi, rispetto ai quali non venivano mai meno e rifiutando in vari casi posizioni governative e di potere per la coerenza con i contenuti dai essi sostenuti. Una linea che proseguì con l’ultima gestione di un Partito Repubblicano che stava fra il 3% e il 5% dei voti, e quella di Giorgio La Malfa, ad uso anche lui allo studio, al rigore e al legare ai contenuti l’adesione o meno ai governi.

Tutto il contrario del populismo o di quella miscela tra populismo e dilettantismo, che dovrebbe essere più propria dei 5 Stelle, ma che in certi momenti purtroppo emerge anche da parte sua, gentile onorevole Salvini. L’ultima fase della mia semplice e complessa vita nelle istituzioni in cui ho contribuito in qualche modo alla posizione del Partito Repubblicano fu quando nel 1996 una delle più grandi personalità del dopo guerra italiano, Guglielmo Negri, che è sempre stato il mio più grande amico e maestro, divenne presidente del Partito Repubblicano, nonostante tutti gli riconoscessero una grande imparzialità. Anche lì, altro che populismo, altro che dilettantismo, studio, rigore, coerenza e mai nessun “andirivieni”. Così infatti nell’ultima fase in cui il Partito Repubblicano ebbe qualche piccolo ruolo, Giorgio La Malfa che ne era segretario e Guglielmo Negri, concepivano il servizio alla Repubblica tra il 1996 e l’inizio del 2000.

Se mi permette un piccolo consiglio, gentile onorevole Salvini, guardi più dentro il suo Partito (come ovviamente tende a fare), in cui ci sono uomini, vuoi che abbiano posizioni di governo, vuoi che siano governatori che non hanno quasi quell’etica dell’”andirivieni”, abbastanza coerenti nelle loro posizioni e in qualche caso dotati di un certo rigore e faccia in modo, se davvero vuole chiamarsi repubblicano, di recuperare un po’ quel profondo rigore, quell’attitudine allo studio, quel senso della coerenza che era proprio dei Repubblicani. E tenga conto che Umberto Bossi, che ho conosciuto molto bene e frequentato molto, a suo modo una forma di rigore e di coerenza la aveva.

Spero che lei, che non ho mai conosciuto di persone, ma che mi è sempre sembrata persona educata, dai modi cortesi e gentili, legga queste mie semplici note e per il bene del Paese un pochino ne tenga conto.

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