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Conte-Di Maio, stallo in Movimento. La versione di Panarari

Il Movimento 5 Stelle è imploso. Il Capo della Farnesina si è dimesso dall’organismo di garanzia. Conte gli risponde con una lettera al fiele. Grillo torna sulla scena. Il politologo: “È il destino di un Movimento che non ha mai fatto i conti con le correnti”

“È un’implosione a tutti gli effetti”. Ormai nella magmatica galassia del Movimento 5 Stelle non si capisce più chi regni, se non il caos. Il capo della Farnesina Luigi Di Maio si è dimesso dal suo ruolo di presidente del Comitato di garanzia. Giuseppe Conte, l’attuale numero uno dei pentastellati gli risponde con una nota dai toni più simili a una sfida all’O.K Corral piuttosto che una ricerca di riconciliazione. Beppe Grillo, dal canto suo, cala l’asso. Sul suo blog scrive che “occorre passare dagli ardori giovanili alla maturità”, dispensando le priorità nelle “cinque stelle polari”. Insomma pare proprio d’essere approdati  “alla resa dei conti”. Ne è convinto Massimiliano Panarari, sociologo della comunicazione, saggista e docente all’università Mercatorum.

Panarari, tra Conte e Di Maio chi avrà la meglio?

Difficile a dirsi. Sicuramente la difficoltà di Conte nell’ottenere la leadership del movimento si sta traducendo in una volontà di procedere alla messa in stato d’accusa delle minoranze. Ma d’altra parte questo è il risultato della diarchia tra lui e il ministro degli Esteri, che si contendono il primato alla guida del Movimento.

È possibile che Di Maio abbandoni il Movimento e si avvicini, con la sua pattuglia parlamentare, al centro?

In questi anni abbiamo assistito alla palingenesi di Di Maio: da movimentista a uomo di establishment. In questa fase però mi sentirei di escludere una sua fuoriuscita. Penso che il suo intendimento sia quello di voler dare battaglia dall’interno. Anche se non sono mancati, specie durante le trattative quirinalizie, gli ammiccamenti dei centristi ai dimaiani.

È possibile però che Conte voglia muoversi nella direzione di mettere il capo della Farnesina “sotto scacco”. 

Si, è uno scenario che in effetti potrebbe concretizzarsi. Sfruttando il tribunale del web, attraverso gli iscritti, Conte potrebbe mettere in stato d’accusa Di Maio. Rimettendo il giudizio nelle mani del popolo internettiano. Oppure, un’altra possibilità concreta, è un ritorno in scena prepotente di Grillo. A questo punto però Conte verrebbe di fatto sconfessato su tutta la linea. Credo tuttavia prevarrà la guerra interna e sotterranea, nel tentativo di mostrarsi non troppo ammaccati ai prossimi appuntamenti elettorali.

Al Pd, nell’ottica dell’alleanza e del campo largo coi pentastellati, che tipo di prospettiva converrebbe?

Sebbene Di Maio sia profondamente distante dalla sinistra, penso che al Pd converrebbe più la sua linea moderata. Ma anche in questo caso assistiamo al grande paradosso politico. Perché anche Conte, all’apparenza, appare moderato. Ma in realtà sta coltivando il sogno del ritorno al populismo. Non è un caso che, nella fase di rilancio del Movimento, abbia più volte interloquito con Di Battista che incarna l’anima più anti-governista degli albori. Il nodo è che i vertici del Pd, a partire da Letta, individuano in Conte l’interlocutore privilegiato.

Nel frattempo, il centrodestra si “scioglie come neve al sole”, per dirla con le parole di Matteo Salvini. 

L’elezione del Capo dello Stato ha avuto l’effetto di incenerire la coalizione di destra-centro. I leader, dopo momenti di tensione non secondari, sono tornati a essere i capi dei rispettivi partiti. C’è da dire che l’elettorato è ancora significativo, ma se non troverà una coalizione unitaria, sarà un grosso problema intercettarlo. In questo scenario, Meloni sta facendo il pieno di consensi. Ma con un chiaro orientamento a destra, il che le ostacola la strada rispetto alla legittima ambizione, a seguito delle prossime elezioni, di diventare presidente del Consiglio. Differentemente da quanto invece sta facendo Le Pen in Francia, cercando di intercettare i voti dei gollisti al centro.

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