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Nuvole su Vestager. Le aziende del cloud europeo chiedono modifiche al Dma

In una lettera firmata dal Cispe (l’associazione del cloud computing) emerge tutta la preoccupazione per l’esclusione dal Digital Markets Act di alcuni grandi gatekeeper, ovvero Microsoft, Oracle e Sap, che continuerebbero ad operare in barba ai principi di concorrenza. Nuove pressioni anche da Washington, ma il tempo stringe

Non c’è pace per Margrethe Vestager. Alle lamentele statunitensi sul Digital Markets Act, giunto ormai nella sua fase finale, arrivano anche quelle dei maggiori rappresentanti di imprese e start-up europee. La questione divisiva rimane sempre la stessa: i gatekeeper. “Siamo di fronte a una situazione urgente”, scrivono in una lettera indirizzata alla commissaria antitrust dell’Ue i quarantuno firmatari, tra Ceo e dirigenti, rappresentati dall’associazione del cloud computing Cispe – che tra le altre include Aruba e altre aziende italiane. “I fornitori di software monopolistici stanno ancora una volta usando la loro posizione dominante per bloccare i clienti, costringendoli ad usare l’infrastruttura cloud che gli offrono”, sostengono allarmati.

La richiesta, dunque, è molto semplice. Alle nuove regole che porterà il Dma dovrebbero sottostare anche alcuni giganti del tech finora esclusi, come Microsoft, Oracle e Sap. “Il Digital Markets Act potrebbe rapidamente garantire un mercato europeo libero, aperto e competitivo. Sfortunatamente”, continuano, “l’attuale versione del Dma richiede una delucidazione per assicurare che i suoi rimedi si applichino anche alle pratiche sleali dei gatekeeper con posizioni dominanti nel software di produttività e di impresa”.

Come scrive anche Bloomberg, la lettera arriva in un momento in cui i tempi sono strettissimi. L’approvazione è prevista entro i primi sei mesi dell’anno, ovvero nel periodo in cui a guidare l’Ue ci sarà la Francia. Il presidente Emmanuel Macron, infatti, ci tiene particolarmente a far passare il regolamento sotto la sua presidenza e rivendicarsi il successo durante la campagna elettorale di aprile. Quindi, potrebbe essere troppo tardi per rivedere l’intero pacchetto. Quello che tuttavia denuncia la lettera è anche un mancato ascolto dei professionisti.

“Più di 2.500 Ceo in Europa e circa 700 delle più grandi imprese e istituzioni europee, numerosi deputati, esperti di concorrenza e innovatori europei hanno proposto emendamenti e sollevato preoccupazioni riguardo la mancanza di rimedi contro l’abuso di gatekeeper che hanno monopoli nel settore software durante le discussioni del Dma”. Ai loro appunti, però, non sembrerebbe che sia stato dato un seguito.

La preoccupazione è tale che viene sottolineata l’impossibilità di attendere una nuova revisione del Dma “tra cinque anni” né tantomeno una “vittoria di Pirro” dopo 10 anni in tribunale per ristabilire la correttezza antitrust. A quel punto, avvertono, “la competitività del mercato non sarebbe più recuperabile”.

Poi, la chiusura con cui ricordano le responsabilità e i poteri di Margrethe Vestager nell’intera faccenda, trovandosi in “una posizione unica. È al suo secondo mandato come commissario per la Concorrenza dell’Ue” e perciò “responsabile nell’assicurare mercati liberi ed equi. Lei è anche il vicepresidente esecutivo della Commissione per un’Europa pronta per l’era digitale, il che le dà la possibilità di vedere le sfide a cui l’Europa deve far fronte per intraprendere la sua ambiziosa transizione digitale”.

Insomma, il grido di allarme arriva a pochi metri dal traguardo ma fa comunque molto rumore. Quello che è stato accolto a Bruxelles come l’inizio di una nuova fase digitale, in cui anche i colossi tech erano chiamati a rispettare le regole comunitarie, a Washington proprio non piace. Il Dma rappresentava – e tutt’ora rappresenta – uno snodo fondamentale per capire che direzione avrebbe preso la collaborazione transatlantica per il digitale. Alla diatriba, poi, si deve aggiungere un ultimo capitolo.

Il Financial Times infatti ha reso noto come oggi sia stata fatta recapitare un’altra lettera a Bruxelles, questa volta all’eurodeputato tedesco Andreas Schwab, l’ideatore dei nuovi parametri inseriti nel Dma che discriminerebbero le aziende Usa. Il mittente era Arun Venkataraman, consigliere della segretaria al Commercio Gina Raimondo e colui che sta seguendo l’iter legislativo della regolamentazione europea. Per sintetizzare: gli Stati Uniti si dicono ancora una volta preoccupati per le proprie aziende e chiedono che vengano rivisti gli standard per classificare un gatekeeper. In sostanza, se il Dma comprenderà le società con una capitalizzazione di almeno 65 miliardi di euro, è automatico che a essere interessate siano le solite aziende americane – Google, Apple, Facebook, Amazon e così via.

Niente di nuovo, pertanto. Seppur sembrano non arrendersi, le richieste degli americani sono rimaste fino ad adesso inascoltate. Da vedere se sarà lo stesso anche quando le doglianze arrivano dalle stesse aziende europee che questa normativa dovrebbe proteggere e promuovere.

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