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Il termometro dello spread sale ma Draghi e Tesoro predicano calma

Un po’ l’inflazione americana, un po’ l’aria di tapering alla Bce spingono al rialzo il differenziale di rendimento tra Btp e Bund. Ora lo Stato paga un po’ di più per finanziare il proprio debito ma per il premier c’è chi sta messo peggio

Sarà l’aria di stretta monetaria che si respira a Francoforte, ai piani alti della Bce. O forse lo spettro di una guerra tra Russia e Ucraina o più semplicemente un lieve indebolimento a livello politico del governo di Mario Draghi dopo lo psicodramma di palazzo per il Mattarella-Bis. Fatto sta che lo spread Btp/Bund ha ripreso tono, il che per un Paese che vive anche e soprattutto grazie alla fiducia dei mercati, non è una buona notizia. Meno male che, lo stesso Draghi che di politica monetaria se ne intende, ha rassicurato gli investitori che prestano non meno di 400 miliardi di euro all’anno all’Italia.

Un po’ di cronistoria. All’indomani della diffusione del dato dell’inflazione Usa, al 7,5% a gennaio e della conseguente impennata dei rendimenti dei Treasury americani a 10 anni lo spread tra Btp e Bund ha concluso la seduta in rialzo a 160 punti, rispetto ai 155 punti dell’avvio di seduta ed i 154 punti della vigilia. Il rendimento del decennale italiano è salito così all’1,887%, rispetto all’1,748 del giorno prima e dopo aver toccato il massimo di giornata all’1,919%

Ma quello che più conta sono i costanti aumenti dei rendimenti, ovvero il premio che il Tesoro promette a chi compra i titoli, vero termometro della fiducia nel sistema Paese. Nelle ultime aste di Btp, Via XX Settembre ha complessivamente collocato titoli per un controvalore di 7,75 miliardi di euro. Di questi, secondo il resoconto diffuso da Bankitalia, 3 miliardi erano Btp a 3 anni, con una richiesta da 4,15 miliardi e un rapporto di copertura di 1,38. Il rendimento lordo, allo 0,69% è stato di 55 punti base superiore a quello dell’asta analoga precedente, risalente al 13 gennaio.

Altri 3 miliardi di euro sono stati collocati in Btp a 7 anni, a fronte di una domanda per 4,375 miliardi e un rapporto di copertura di 1,46. Il tasso lordo, all’1,52% è salito di 63 punti base dall’asta precedente, anche in questo caso risalente ad un mese prima. Per fortuna, nelle ultime ore lo spread sembra essersi assestato a 163 punti, nonostante resti comunque più elevato del valore della chiusura del giorno precedente, come detto a 160 punti, e dell’apertura di seduta, a 162 punti. In discesa anche il rendimento del decennale italiano, all’1,886%, più basso sia della chiusura del giorno prima, all’1,887%, che rispetto all’apertura di giornata, all’1,9%.

Draghi però, getta acqua sul fuoco. “Lo spread sui titoli pubblici italiani aumenta ma meno di quanto stia aumentando quello di altri Paesi europei”, ha detto nella conferenza stampa al termine del Consiglio dei ministri. “Mi aspettavo una domanda sugli spread, mi sono preparato. Sono andato a vedere i mercati un attimo prima di venire qua. Oggi gli spread sono aumentati del 4,5% per la Spagna, del 14 per l’Olanda, del 5,7 per l’Irlanda, per la Fr del 4,7%, per la Finlandia il 9, per il Belgio del 4,4%. Per l’Italia sono aumentati del 3,33 per cento, quindi sono aumentati per molti paesi, quasi tutti, non tutti, ma l’aumento italiano è inferiore a quello di tanti altri Paesi”.

E così la pensa anche il responsabile del debito pubblico al Tesoro, Davide Iacovoni che, intervenuto al seminario Assiom Forex ha assicurato che l’attuale fase di tensione sui mercati del debito non sta producendo particolari flussi di vendita di investitori in uscita dall’Italia.

“C’è sicuramente un incremento di tassi rilevante in questi giorni”, ha riconosciuto Iacovoni, “ma non abbiamo visto particolari flussi di vendita”, ha dichiarato, precisando che il Tesoro dovrà rifinanziare quest’anno poco meno di 230 miliardi di titoli a medio lungo termine e che ha previsto un fabbisogno netto aggiuntivo di 80-90 miliardi, per una provvista finanziaria complessiva da circa 320 miliardi coperta con 300 miliardi di emissioni del Tesoro e poco più di 20 miliardi (circa il 7% del totale) dai fondi del Next generation Eu“.

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