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Gas e geopolitica, la liaison tra Erdogan e Herzog

In Israele tutti sostengono che il Sultano non sia cambiato, ma è un fatto oggettivo che stiano mutando i contesti che gravitano attorno a questi due così pregnanti Paesi. Erdogan è stato convinto, sia dalla crisi della lira turca sia dalle evoluzioni del dossier energetico, che sia giunto il momento di iniziative regionali di cooperazione

Dietro la liason tra Erdogan e Herzog ci sono il dossier geopolitico ed una nuova sinergia tra servizi. Che si sia aperta una nuova fase delle relazioni tra Turchia e Israele è cosa nota: troppo densa la stagione geopolitica in cui il quadrante mediterraneo si trova con, da un lato, le pulsioni mediorientali su capitoli irrisolti (si legga alla voce Iran) e, dall’altro, la grande partita legata al dossier energetico e ai gasdotti.

Tel Aviv sta aprendo ad Ankara, con tutto ciò che il passo comporta sia nelle relazioni con il mondo musulmano, sia con le passate intemperenze del presidente turco. In Israele tutti sostengono che Erdogan non sia cambiato, ma è un fatto oggettivo che stiano mutando i contesti che gravitano attorno a questi due così pregnanti paesi.

Sinergie e contrasti tra servizi

C’è un riavvicinamento tra Mossad, Shin Bet e i servizi di intelligence turchi, il MIT. Quest’ultimo pochi giorni fa ha sventato un tentativo di omicidio iraniano contro un uomo d’affari israeliano, Yair Geller. Avrebbe vendicato l’assassinio di Mohsen Fakhrizadeh, capo del programma nucleare iraniano, attribuito a Israele.

Più in generale nell’ultimo biennio il Mossad è intervenuto per sventare più di una decina di attacchi contro gli israeliani in Turchia. Secondo i media turchi una delegazione di alti funzionari israeliani si sarebbe recata in Turchia negli ultimi giorni, tra cui addirittura il numeo uno del Mossad David Barnea che starebbe curando personalmente i legami di intelligence con la Turchia. Non sono ovviamente tutte rose e fiori le relazioni tra le due intelligence: lo scorso ottobre il MIT aveva annunciato l’arresto di 15 membri di una presunta cellula israeliana di spionaggio comandata dal Mossad e usata per sorvegliare gli studenti palestinesi che vivono in Turchia. In sostanza avrebbero fornito al Mossad informazioni sugli studenti stranieri iscritti alle università turche, in particolare quelli che pensano potrebbero lavorare nel settore della difesa.

Realpolitik

Ma al di là del caso legati ai servizi, spicca da un lato uno scoglio ideologico, visto che Erdogan continua ad appoggiare la Fratellanza Musulmana, ma dall’altro la realpolitik del dossier energetico che rinnova alleanze e relazioni. Sul primo le posizioni di Ankara non cambiano e non cambieranno, anche se i recenti ramoscelli di ulivo inviati da Erdogan ad una serie di leaders, come il principe ereditario di Abu Dhabi Mohammad bin Zayed Al Nahyan e lo stesso presidente israeliano Isaac Herzog sono parecchio significativi. Erdogan è stato convinto, sia dalla crisi della lira turca che dalle evoluzioni del dossier energetico, che sia giunto il momento di iniziative regionali di cooperazione.

Cooperazione

Sul quotidiano Khaleej Times, in un lungo editoriale Erdgan ha scritto che la Turchia è uno dei rari paesi che cerca di “bilanciare i suoi interessi con la pace e la stabilità nella sua politica estera, ci sforziamo di applicare questo principio a tutte le parti con cui entriamo in contatto”. E ha messo l’accento sui principi basilari che lo muovono: l’allineamento dei suoi interessi, l’estensione dei campi di cooperazione utilizzando la formula “win-win” e la lotta comune contro le minacce. Come dire che la clava ideologica pate essere stata messa da parte al moment.o.

Per questa ragione la parte israeliana, stimolata anche dal lavoro del ministro Benny Gantz, potrebbe essere interessata ad aprire una stagione di ascolto. Sul punto però c’è tensione ad Atene visto che la Grecia da anni ha rafforzato le proprie relazioni con Tel Aviv in chiave gasdotti /difesa e vivrebbe con sospetto l’incontro Herzog-Erdogan.

Rischi

Non mancano i rischi di questa sterzata: alcuni riflettono sul fatto che, così come nel 2009 ci fu una sterzata europeista da parte del Sultano, con tanto di impegni alla voce diritti e democrazia, dal golpe del 2016 in poi la situazione è diametralmente mutata, a testimoniare un atteggiamento camaleontico che però su temi fondanti non è scevro da critiche e sopraccigli alzati. Si prenda il caso della crisi in ucraina, dove Erdogan rischia di uscire sconfitto visto e considerato che si trova davvero tra due fuochi. Potrà dire di sì all’alleato Putin e contemporaneamente al “collega” filo Nato ucraino?

@FDepalo



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