Da Atene
E fuori due. Alexis Tsipras non riesce a formare il governo nella Grecia che agonizza (e fa agonizzare i mercati) dopo le elezioni di domenica scorsa. Adesso le speranze risiedono tutte nel socialista Evangelos Venizelos, leader del Pasok giunto terzo con il modesto risultato del 13%. E incaricato oggi dal capo dello stato Paoulias di tentare un´ultima carta, anche per via di una legge elettorale pachidermica che favorisce la balcanizzazione. Altrimenti saranno di nuovo elezioni tra un mese, stando a quando anticipato dal Financial Times. La Grecia che si lecca le ferite del voto di protesta e del vento dell´antipolitica galoppante (i neonazisti di Xrisì Avghì al 7%, dopo 40 anni per la prima volta in Parlamento, oltre al record di astensione al 40%) sta scuotendo l´intero continente. Tutti con il fiato sospeso per sapere se l´eurozona avrà un futuro o se questo maggio eccezionale segnerà l´inizio della fine monetaria.
Molte responsabilità tuttavia risiedono nei due grandi partiti greci, entrambi usciti dalle urne con le ossa rotte: i conservatori di Nea Dimokratia di Antonis Samaras scesi dal 49% al 18% e i socialisti del Pasok, crollati al misero 13%, dal 44 di due anni fa. Sono loro a non aver voluto accettare l´invito del leader di Syriza, quel giovane e fresco Tsipras con le idee molto chiare, per comporre finalmente un esecutivo di larghe intese che, con la ferma intenzione di restare nell´euro e nell´Ue, rinegoziassero a tassi meno “barbari” i nodi del piano concordato con la troika.
Fuorvianti quei commentatori che hanno puntato l´indice contro Tsipras definendolo anti euro e anti Ue solo perché appartenente alla sinistra radicale efori “dal sistema”: il 37enne che fa visita al presidente della repubblica senza cravatta, che ha già chiesto udienza a François Hollande, che ha un ufficio ateniese spartano e che non ama codazzi di stampa e portaborse, ha detto chiaramente che se il piano dovesse proseguire alla Grecia non resterebbe la sufficiente energia per la ripresa. Oggi la benzina verde ha sfondato quota 2 euro, l´iva è salita al 23%, la carne è diventata merce rara nel piano alimentare settimanale medio, non solo nel pubblico ma anche nel privato si continua a licenziare senza preavviso e con “anomale” coincidenze. Mentre la casta continua a incassare stipendi spropositati rispetto all´agonia generale, tra un mese otterranno 40 milioni di rimborsi elettorali. E con le nuove urne che peseranno sul bilancio dello stato per altri 10 milioni.
Uno dei punti fermi del programma di Tsipras (ripresi in verità anche dagli altri leader) è la rinegoziazione del piano firmato con Fmi, Bce, Ue. In quanto estremamente restrittivo solo sulle fasce deboli e anche su quelle medie, le stesse dalle quali provengono i 250 cittadini che si sono tolti la vita dall´inizio di questa vera e propria guerra. Perché, inutile nasconderlo, ormai di guerra si tratta. Con morti e feriti che rimangono sul terreno, dove si alternano soloni e pseudocomandanti, che pare siano distratti più dalle sirene del potere che da reali intenzioni risolutrici.
Guerra, dunque: ieri Serse e le truppe persiane, affamate di conquiste ma fermati alle Porte di fuoco, quelle Termopili dove trionfò il coraggio e la determinazione di Leonida. Uomo (non) solo al comando di 300 eroi, e plastica raffigurazione di uno scenario che non solo è lontano nei secoli. Ma che oggi alcuni interpreti stanno miseramente tradendo.
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