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Taiwan dopo l’Ucraina? La presidente Tsai non ci sta

Le due questioni sono “fondamentalmente differenti”, dice la leader di Taipei. Poi avverte: “Forze ostili” potrebbero seminare il panico tra gli abitanti ma le capacità di difesa dell’isola stanno “costantemente migliorando”

La questione taiwanese e quella ucraina sono “fondamentalmente differenti”, secondo Tsai Ing-wen, presidente di Taiwan e leader del Partito democratico progressista, definito “secessionista” dal governo cinese. Le “forze ostili” all’estero potrebbero seminare il panico tra gli abitanti accomunando le sorti dei due Paesi, ha dichiarato definendo “ingiusto” paragonare l’invasione russa dell’Ucraina alle minacce che Taipei affronta da Pecino. Inoltre, ha sottolineato che le capacità di difesa stanno “costantemente migliorando” e ha descritto Taiwan come “una sfida notevole” per ogni potenziale invasore.

Come riporta Agenzia Nova, negli ultimi giorni, la presidente Tsai ha tuttavia incaricato le Forze armate di vigilare sulle attività militari nell’Indo-Pacifico e incrementare la prontezza al combattimento, nel tentativo di incrementare la capacità di risposta a un’eventuale invasione da parte cinese. La presidente ha chiesto alle agenzie governative di contrastare la deliberata strumentalizzazione della crisi in Ucraina da parte delle forze esterne con lo scopo di innervosire i taiwanesi.

Ieri nove velivoli dell’Aeronautica militare cinese hanno varcato il limite sud-occidentale della Zona d’identificazione della difesa di Taiwan. La formazione includeva otto caccia J-16 e un aereo da ricognizione Y-8. Le sortite, come più volte dichiarato dagli ufficiali cinesi, hanno lo scopo di riaffermare la sovranità della Repubblica popolare sull’isola autogovernata, considerata “una provincia secessionista”.

Secondo alcuni osservatori ed esponenti della politica internazionale la crisi in Europa orientale potrebbe agevolare Pechino nell’annessione di Taiwan. Ma c’è anche chi è prudente. Secondo Shi Yinhong, professore di Affari internazionali all’Università Renmin di Pechino, si mostra concorde, “se scoppiasse una guerra in Ucraina, gli Stati Uniti dovranno realisticamente ridurre la loro attenzione e le loro risorse nei confronti della Cina” ma, “d’altra parte, la guerra (costituirebbe) un enorme passo avanti nella radicalizzazione della politica mondiale” e infliggerebbe grandi pressioni sulla Cina in termini di corsa agli armamenti.


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