Intervista a Niall Ferguson, storico di Stanford e intellettuale conservatore. Putin invade l’Ucraina con un falso storico, ma a Kiev c’è un popolo libero. Altro che Urss, rivuole l’impero di Pietro il Grande. Ormai solo la guerriglia ucraina può frenare i suoi piani, la credibilità dell’Europa appesa a una parola: Swift
“Un falsario”. Se Vladimir Putin fosse uno studente al suo corso di storia a Stanford, Niall Ferguson lo boccerebbe senza appello. Il revisionismo con cui Mosca giustifica l’invasione militare e il tentativo di golpe in Ucraina “è semplicemente un falso storico”, dice a Formiche.net l’intellettuale conservatore, senior fellow della Hoover Institution. Per fermare Putin “le sanzioni non bastano”. E il suo piano non si fermerà a Kiev, “vuole ricostruire l’impero”.
Professore, cosa non abbiamo compreso fino in fondo di Vladimir Putin e dei suoi piani?
Personalmente dico da inizio gennaio che ci sarebbe stata un’invasione dell’Ucraina. Ovviamente c’è stato un grave errore di calcolo da parte di Nato e Ue: credere che minacciare sanzioni avrebbe frenato i piani di Putin. È un errore che ricade sulle spalle di noi tutti, perché era prevedibile il contrario. Nel 2014 le sanzioni non lo hanno fermato dall’annessione illegale della Crimea e dalla creazione di enclave separatiste a Donetsk e Luhansk.
In gioco c’è qualcosa di più grande dell’Ucraina?
Temo di sì. La maggior parte dei commentatori occidentali continuano a non cogliere il vero senso dell’operazione di Putin, credono che voglia restaurare l’Unione Sovietica. In verità sta cercando di far risorgere l’impero russo pre-1917, sulla scia di Pietro il Grande. Ma c’è un altro errore comune.
Quale?
L’uso della guerra per ottenere obiettivi politici non è solo appannaggio degli Stati Uniti, dovremmo ricordarlo. Gli americani hanno invaso l’Iraq nel 2003. Putin li ha presi in giro seguendo un modus operandi molto simile in Ucraina. Prima ancora lo ha fatto in Georgia, nel 2008, in Ucraina nel 2014, in Siria. Abbiamo dimenticato che Putin ha già combattuto tre guerre in anni recenti, senza arretrare di un metro per le sanzioni.
Nulla può fermare Mosca?
Due cose possono riuscirci. La prima: una resistenza armata ucraina che abbia successo. Una guerriglia che faccia impantanare l’armata russa e uccida molti soldati. Può succedere, tanti ucraini sono pronti a combattere.
E la seconda?
Gli europei che smettono di comprare gas e petrolio dalla Russia. Anche se un colpo duro dell’Ue al settore energetico russo con le sanzioni è un’ipotesi poco credibile. Sappiamo tutti quali sono le sanzioni più dolorose per Mosca: cacciare le banche russe dal sistema Swift e interrompere le importazioni di energia. Ma l’Europa oggi pagherebbe un prezzo alto.
Quindi c’è una via d’uscita?
Non saranno le sanzioni occidentali a togliere il sonno a Putin ma un vero movimento di resistenza ucraino. Kiev perderà la guerra nel giro di pochi giorni, le forze armate sono già accerchiate. Ma gli ucraini hanno alle spalle una lunga storia. Non sarei sorpreso se ci fosse una resistenza prolungata nelle città che richieda una vera occupazione russa, con i rischi che ne conseguono.
Avrà ascoltato il discorso revisionista di Putin e la dichiarazione di guerra. Cosa non torna nella sua narrazione?
Tutto. Negli ultimi due anni Putin ha scritto due saggi sulla Seconda guerra mondiale, uno sulla presunta “unità storica” fra popolo russo e ucraino. Ovviamente una storia inventata: affermare che l’Ucraina appartiene storicamente alla Russia è una bugia.
Ci spieghi.
L’Ucraina non era certo una provincia russa nel XVII secolo: è stata assorbita nell’impero russo nel 1793 e poi ancora dai bolscevichi nel 1922. Poi uno Stato indipendente dalla fine della Guerra Fredda nel 1991, e tale vuole rimanere. I sondaggi parlano chiaro: gli ucraini vogliono essere liberi e guardano con favore a Nato e Ue.
Oggi Putin sostiene che non abbia diritto alla sovranità.
Putin sostiene un falso storico. Così come quando dice che l’Ucraina è governata da nazisti: un’assurdità. Chiariamoci: l’Ucraina non è una democrazia perfetta, il potere degli oligarchi e la corruzione sono un problema serio, ma è comunque una democrazia. Zelensky è un presidente eletto e, a differenza di quanto dice la propaganda di Mosca, non è nazista: è ebreo. Putin sa di mentire.
Come può l’Occidente fare la sua parte?
Il primo passo è smettere di credere che le sanzioni fermino Putin o pensare che rendere pubbliche le informazioni di intelligence serva a qualcosa: abbiamo visto che non è proprio così.
Dunque?
Tre priorità. Ue e Stati Uniti devono imporre sanzioni serie ed efficaci contro il governo russo, con un impatto che non possa essere ammorbidito dall’intervento cinese. Poi sostenere la guerriglia ucraina che, in caso contrario, durerà molto poco. Infine rafforzare la Nato in Est Europa.
Come?
L’Alleanza deve essere più credibile, specialmente negli Stati al confine come i Baltici. Questo ovviamente richiede un aumento delle spese nella Difesa da parte dei Paesi europei, Germania in testa. È tempo di smettere di pensare che una guerra in Europa sia un retaggio del passato. Ed è tempo che i Paesi europei onorino i loro impegni nella Nato, cosa che non hanno fatto per anni.
Quali scenari si immagina nel breve-medio periodo?
Arriveranno nuove sanzioni. La Nato potrebbe aprire all’entrata di nuovi membri, a partire da Finlandia e Svezia. Ci sarà un sostegno alla guerriglia ucraina da parte di Paesi alla frontiera, come Polonia e Lituania. Questo ovviamente può diventare un problema: man mano che Putin intercetterà gli aiuti da parte di Paesi Nato inizierà a minacciarli.
Per la Cina l’invasione russa in Ucraina è una buona notizia?
Direi di sì. Xi Jinping ha un obiettivo chiaro: riportare Taiwan sotto il controllo di Pechino. Oggi per lui è un po’ più semplice: se Putin è riuscito a raggiungere i suoi obiettivi in Ucraina, difficile immaginare come gli Stati Uniti e i loro alleati possano fermare la Cina a Taiwan. Le sanzioni finanziarie non funzioneranno. Siamo disposti a mettere in campo l’aiuto militare necessario per scoraggiare un’azione cinese? Non penso. Ormai è questione di pochi anni prima che Pechino faccia la sua mossa.