Dalla relazione annuale dei Servizi al Parlamento emergono vari elementi: sul fronte dell’immigrazione resta grande l’attenzione ai flussi da Tunisia e Libia anche se non ci sono evidenze di un uso sistematico delle rotte per infiltrare jihadisti. Non mancano i movimenti “interni” che rischiano di destabilizzare la sicurezza
Un terrorismo jihadista molto vivo, con al Qaeda che cerca di conquistare la leadership a scapito dell’Isis e con due aree su cui concentrare l’attenzione: l’Afghanistan e il Sahel. È il cuore dell’analisi sull’integralismo islamista contenuta nella relazione annuale dei Servizi al Parlamento. Sul fronte dell’immigrazione, resta grande l’attenzione ai flussi da Tunisia e Libia anche se non ci sono evidenze di un uso sistematico delle rotte per infiltrare jihadisti.
Il rischio Afghanistan
L’Emirato islamico proclamato dai talebani ha costretto l’intelligence a monitorarne gli sviluppi e le dinamiche di al Qaeda e dell’Isis. I qaedisti sono da tempo presenti in Iran e in Afghanistan e sono attivi con le filiazioni Aqis (al Qaeda nel Subcontinente indiano) e Aqap (nella Penisola arabica). In Afghanistan cresce il ruolo dell’Iskp (Islamic state Khorasan province) che sta facendo proselitismo reclutando molti talebani per contrasti nel movimento che ha preso il potere a Kabul. È proprio in Afghanistan che potrebbe svilupparsi una guerra per la leadership del jihadismo mondiale con al Qaeda che punterebbe a creare basi sicure oltre a quelle dell’Est. La preoccupazione dell’intelligence, condivisa con gli alleati, è che le due organizzazioni “hanno avviato una riorganizzazione dei rispettivi assetti che ha portato a una decentralizzazione delle strutture di comando e controllo e a una conseguente moltiplicazione di fronti”. Il timore è che quanto avvenuto in Afghanistan possa scatenare effetti emulativi in altre aree.
Sahel, Siria e Iraq
Il campo di al Hol in Siria, oltre a quelli in Iraq, è un costante bacino di reclutamento dei prigionieri da parte dell’Isis mentre nel Sahel (tra Mali, Burkina Faso e Niger) la rivalità tra terroristi sta aumentando esponenzialmente l’instabilità in un’area sempre più vasta: la contrapposizione è tra i qaedisti di Jnim (Jama’at Nusra al Islam wal Muslim) e Isgs (Islamic state in Greater Sahara). L’intelligence segnala anche una maggiore esposizione degli obiettivi militari occidentali per la presenza di missioni internazionali. In generale, oltre ad al Shabaab che in Somalia continua a reclutare giovani nelle scuole coraniche, in tutta l’Africa la sicurezza è messa a rischio.
La minaccia in Italia e in Europa
Il ritorno dei talebani ha rilanciato la propaganda sul web che viene monitorata come i canali di finanziamento, mentre anche il 2021 ha confermato che l’Europa resta un obiettivo pur se gli attentati sono stati meno dell’anno precedente: 6 con 11 vittime più 2 terroristi. Spesso giovani, emarginati che sul web si autoaddestrano e attaccano come possono, con armi da taglio, auto o addirittura con arco e frecce com’è capitato il 13 ottobre a Kongsberg, in Norvegia. Cresce piuttosto il ruolo delle donne, in particolare nei Balcani come dimostrato a novembre dall’arresto a Milano di Belona Tafallari, 19 anni, italo-kosovara: reclutano, indottrinano, procurano denaro, divulgano materiale. L’anno scorso gli espulsi per motivi di sicurezza nazionale sono stati 59, con il dettaglio importante che il 20 per cento era stato già precedentemente rimpatriato, superando così le 550 unità dal gennaio 2015. Grande attenzione sui centri di permanenza per il rimpatrio e su quelli di accoglienza dove ci sono stati casi di entusiasmo in chiave anti-occidentale dopo il ritorno dei talebani.
Resta il rischio dei foreign fighter italiani, 144 di cui 56 deceduti. Gli altri (sempre che siano tutti ancora vivi) potrebbero cercare di rientrare anche sotto falso nome. Nella relazione è citato il caso dell’ex combattente marocchino dell’Isis arrestato il 9 luglio a Battipaglia su mandato di cattura internazionale per terrorismo e che era entrato in Italia nel novembre 2020 con false generalità.
Immigrazione
Le rotte più monitorate sono le solite: quella del Mediterraneo centrale e quella dei Balcani occidentali. Primo Paese di partenza è la Libia, seguita da Tunisia e Turchia, ma secondo l’intelligence non ci sono evidenze di trasferimento di jihadisti con i canali dell’immigrazione clandestina. Aumentano quelli che provengono dalle zone sub-sahariane, l’anno scorso in tutto sono arrivate in Italia 67.040 persone via mare e 10.348 via terra. Due le criticità rilevate: l’intervento di Ong nell’area Sar libica, nonostante “i sempre più incisivi sforzi” delle autorità per arginare i trafficanti, e l’elusione delle misure di contenimento della pandemia lungo le rotte del Mediterraneo orientale e balcanica.
Terrorismo interno
L’anarco-insurrezionalismo si è confermato pericoloso muovendosi su due fronti: l’infiltrazione nelle manifestazioni e gli attentati (sono stati 33 l’anno scorso) contro il progresso tecnologico e la “militarizzazione” della sanità per la campagna vaccinale. Mentre i marxisti-leninisti rilanciano le teorie rivoluzionarie, gli antagonisti sono attivi sull’ecologismo militante.
La destra radicale, invece, ha strumentalizzato quella che viene definita la “dittatura sanitaria” e gli incidenti di Roma del 9 ottobre sono stati l’evento più clamoroso. L’obiettivo di Forza Nuova, secondo i Servizi, era aspirare a un ruolo di primazia in un ambiente frammentato. Inoltre, c’è attenzione alla diffusione online di ideologie naziste o suprematiste.
Rischi criminali connessi al Pnrr
I miliardi del Piano nazionale di ripresa fanno gola e l’intelligence monitora i tentativi di ingerenza dei gruppi criminali nei processi decisionali: gli effetti della crisi sanitaria e le prospettive di ripresa economica possono attirare le ingenti risorse liquide ottenute soprattutto con il traffico della droga. Il narcotraffico resta l’attività preferita dalla ‘ndrangheta, Cosa nostra è attiva nelle opere pubbliche e nelle scommesse, la camorra è divisa tra clan che puntano ad alleanze e alla spartizione delle piazze di spaccio, la criminalità pugliese cerca alleanze con altre mafie italiane e ha accordi con gli albanesi sul narcotraffico. Nella criminalità straniera, spicca quella cinese per aziende dal “breve ciclo operativo”: due o tre anni al massimo, grandi utili di esercizio, evasione di tasse e oneri fiscali e previdenziali per poi ricominciare con nuove attività.