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Nella giornata della fauna selvatica, un rapporto sui rischi delle specie

Il rapporto di Legambiente in occasione della Giornata Mondiale della fauna selvatica dal titolo “Natura selvatica a rischio in Italia” fa il punto sulla biodiversità della nostra Penisola con un focus sulle sette specie “che si ergono a simbolo delle attività di conservazione della natura e in qualche modo ambasciatrici di territori di incomparabile bellezza ed importanza”

Li hanno soprannominati “i magnifici sette” e rappresentano l’eccellenza italiana nella salvaguardia e conservazione delle specie faunistiche dei nostri territori. Sono lo stambecco, l’aquila reale, l’orso marsicano, il lupo, il camoscio appenninico, il gatto selvatico e la scarpetta di Venere. Specie prioritarie che in questi anni sono state protette e tutelate grazie al lavoro svolto nei parchi nazionali (specialmente i due parchi italiani più antichi, quello del Gran Paradiso e quello d’Abruzzo, Lazio e Molise), e però “sempre più minacciate dalla perdita degli habitat, dalla crisi climatica, dal bracconaggio, dall’ibridazione, dall’introduzione di specie invasive, dall’attività antropica”.

Il rapporto di Legambiente in occasione della Giornata Mondiale della fauna selvatica dal titolo “Natura selvatica a rischio in Italia” fa il punto sulla biodiversità della nostra Penisola con un focus sulle sette specie “che si ergono a simbolo delle attività di conservazione della natura e in qualche modo ambasciatrici di territori di incomparabile bellezza ed importanza”.

È dal 20 dicembre del 2013, quando l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha proclamato il 3 marzo Giornata Mondiale della Fauna selvatica – giorno della firma della Convenzione sul commercio internazionale delle specie di flora e fauna minacciate di estinzione – che in tutto il mondo ci si mobilita per far conoscere le condizioni in cui versano gli animali e le piante selvatiche nel nostro pianeta. Una ricorrenza che “invita a riflettere sulla fragilità della natura selvatica e su tutte le specie animali e vegetali che troppo spesso si trovano a essere minacciate dall’intervento dell’uomo”.

Quest’anno il tema proposto è “Recuperare le specie chiave per il ripristino dell’ecosistema” che vuole richiamare l’attenzione di tutti sul ruolo fondamentale che le specie di piante e animali, molte delle quali in via di estinzione, svolgono nel garantire la salute di tutti. Secondo i dati dell’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN), oltre 8 mila 400 specie di fauna e flora selvatiche sono in “pericolo critico”, mentre oltre 30 mila sono considerate “in pericolo o vulnerabili”. La continua perdita di biodiversità ed habitat minaccia tutta le forme di vita sulla Terra, compreso l’uomo. “Tutti facciamo affidamento sulla natura selvatica e sulle risorse basate sulla biodiversità per soddisfare tutti i nostri bisogni: tutti noi dipendiamo dalla natura e dalle foreste come fonte di sostentamento, di opportunità economiche ma anche di divertimento, un luogo in cui ritroviamo noi stessi e quel rapporto ancestrale che ci lega alla natura”.

Torniamo ai “magnifici sette” e alle condizioni della biodiversità di casa nostra. Per ogni specie il report ha realizzato una carta di identità, con informazioni sulla specie, le minacce, gli scenari futuri e le azioni da mettere in campo per la loro salvaguardia. Prime fra tutte “incrementare entro il 2030 le aree protette e le zone di tutela integrale e prevedere una strategia e azioni di adattamento e mitigazione al cambiamento climatico per la biodiversità a rischio”.

“Il decennio ’20-’30 sarà cruciale per la tutela della fauna selvatica a rischio e minacciata sempre più dalla crisi climatica, come ha ribadito l’ultimo rapporto dell’IPCC delle Nazioni Unite – ha dichiarato Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – In questi anni il nostro Paese ha raggiunto risultati positivi, ma deve trovare una più ampia concretizzazione nell’aggiornamento della Strategia Nazionale per la Biodiversità che deve scaturire da un percorso di partecipazione di tutti i portatori di interesse e dalla condivisione tra tutte le istituzioni. Un percorso che deve anche essere finanziato e integrato con le altre strategie nazionali e comunitarie per raggiungere i diversi obiettivi”.

E vediamoli un po’ più da vicini questi sette esemplari. Lo stambecco, simbolo del Parco del Gran Paradiso, è presente in tutto l’arco alpino. Oggi nel parco vivono circa 2 mila 900 esemplari, su un totale stimato di circa 55 mila unità. Per il futuro sarà importante indagare le implicazioni che i cambiamenti climatici avranno sulle popolazioni e su come queste si adatteranno ai nuovi scenari.

Anche l’aquila reale vive sulle Alpi, ma anche su tutto l’arco appenninico peninsulare e sui rilievi della Sicilia e della Sardegna. Nel Gran Paradiso si contano 20 coppie nidificanti ben distribuite all’interno dell’area protetta. Sono tre, invece, le coppie presenti nel parco abruzzese. Un grande pericolo per questa specie è rappresentato dai “veleni usati illegalmente contro i predatori domestici e selvatici”, così come l’abbandono progressivo della montagna. Nei prossimi anni occorrerà monitorare la densità di questa specie in alcuni territori e il margine di crescita delle popolazioni appenniniche.

L’orso bruno marsicano è il simbolo del Parco d’Abruzzo, Lazio e Molise. Si trova solo in Appennino, specie nell’Italia centrale. Ad oggi se ne contano 50-55 individui, la maggior parte concentrata nel parco. Le cause di mortalità sono soprattutto dovute al bracconaggio, agli investimenti stradali e ferroviari, all’avvelenamento. Sarà importante, per il futuro, rafforzare le strategie per la sua tutela.

Il lupo, dopo aver sfiorato l’estinzione nella seconda metà del secolo scorso, a partire dagli anni ’70 ha ripreso ad espandersi su tutta la catena appenninica arrivando fino alle Alpi. Le minacce per questa specie sono sempre i soliti: bracconaggio, investimenti stradali, perdita di habitat. Nel 2021 sono morti 62 lupi per le diverse cause. Importante approvare, quanto prima, il Piano di conservazione e gestione nazionale del lupo.

Il camoscio appenninico è una specie endemica dell’Italia centrale. I circa 3700 esemplari sono distribuiti nel territorio delle cinque aree protette: i parchi nazionali della Maiella, del Gran Sasso Monti della Laga, Abruzzo, Lazio e Molise, Monti Sibillini e Parco Regionale Velino Sirente. Questa specie si dimostra abbastanza stabile grazie anche alla disponibilità di habitat idonei all’interno dei parchi. Tra le azioni da intraprendere, l’aggiornamento del Piano d’azione del camoscio appenninico e l’adattamento ai mutamenti climatici.

Il gatto selvatico è protetto da una legge del 1992 ed è inserito tra le specie di interesse comunitario che richiedono “protezione rigorosa”. È il felino più diffuso su tutta la Penisola, nonostante sia raro ed estremamente elusivo. Tra le minacce per questa specie, l’ibridazione con il gatto domestico, il degrado degli habitat, l’esposizione a sostanze agricole tossiche.

La scarpetta di Venere è la più grande e vistosa orchidea presente in Italia. Presente soprattutto nell’arco alpino, è una specie fortemente minacciata anche perché la moltiplicazione in vivo è estremamente difficile. Le principali minacce vanno ricercate nella pressione turistica e nell’aumento della vegetazione arborea con conseguente chiusura delle radure. Occorrerà monitorare accuratamente quelle in maggiore sofferenza e intervenire con azioni mirate a sostegno delle estinzioni locali cui può andare incontro la specie.



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