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I cripto putiniani, l’Occidente e il desiderio di libertà. L’opinione di Polillo

Alcuni politici e cattedratici non avendo il coraggio di difendere in modo esplicito la posizione del dittatore russo, si muovono in una zona grigia, alla ricerca di pretesti ed improbabili giustificazioni. Il commento di Gianfranco Polillo

Una nuova figura si aggira nei meandri della politica italiana, tra comizi, dichiarazioni e talk show, si tratta dei “cripto putiniani”. Di persone, cioè, che non avendo il coraggio di difendere in modo esplicito la posizione del dittatore russo, si muovono in una zona grigia, alla ricerca di pretesti ed improbabili giustificazioni. Alcune posizioni, per la verità, sono comprensibili. La condanna della guerra “senza se e senza ma”, che evita di distinguere tra aggressori ed aggrediti, può rispondere a precetti di natura trascendente. Papa Francesco è il pastore di tutti i suoi figli. Ma pur volendo credere in quella “pace perpetua” di cui parlava Emmanuel Kant, è sempre più difficile pensare che quell’obiettivo possa essere raggiunto senza condannare colui che quella pace ha voluto violare.

Il discrimine tra questa posizione e quella non solo teorizzata, ma praticata da tutti i Paesi dell’Unione europea, è dato dalla fornitura delle armi. È stato giusto promettere alle forze militari ucraine munizioni, missili (anticarro e terra aria), mitragliatrici pesanti o mortai? Alcuni, come Matteo Salvini, non potendosi tirare indietro, insistono sulla necessità di portare avanti qualsiasi iniziativa diplomatica per far tacere la voce della guerra. Richiamando in proposito le parole del Santo Padre. Difficile non condividerla, avendo tuttavia presente l’esatta percezione della sua sterilità, almeno fin quando gli sviluppi sul fronte militare si muoveranno in tutt’altra direzione.

Maurizio Landini, il segretario della Cgil, non avendo obblighi di maggioranza, è andato più avanti. No alla fornitura di armi, ma tanta diplomazia e manifestazioni di massa. Si faccia intervenire l’Onu, il cui Consiglio di sicurezza è bloccato dal veto russo e dall’astensione cinese. Ed intanto le truppe dell’ex Unione sovietica dilagano in Ucraina utilizzando l’artiglieria pesante, i carri armati, i missili, gli arei e le navi contro gli obiettivi civili. In una distruzione senza fine, che già ha dato origine alla fuga in massa di migliaia di donne e bambini. Sproporzione fin troppo evidente.

Ma forse il meglio lo hanno fornito alcuni cattedratici. “Non si conquista la libertà attraverso la guerra, – pontifica la professoressa Donatella Di Cesare dagli schermi di “Piazza pulita” – la pace è più importante della libertà. Pace significa anche interrogarsi sulle ragioni dell’altro e pensare di poter avere torto. Questo è il punto. E il demonizzare Putin non serve a nessuno”. Che poi, rispondendo alla giusta reprimenda di Guido Crosetto, replica: “Io porto le ragioni della pace che in questo momento sono scomode perché chi parla così viene addirittura indicato al pubblico ludibrio. Io non mi schiero, c’è bisogno di politica”. Ma forse, tanto per cominciare, ci sarebbe più bisogno di un sano disincanto da parte di chi vuole essere maître à penser.

Da questo punto di vista, basta pensare al professor Alessandro Orsini: Direttore Sicurezza Internazionale Luiss. Disarmante il suo commento: l’Ucraina deve essere semplicemente consegnata a Putin. Dato lo squilibrio delle forze in campo, ogni tentativo di resistenza, da un punto di vista etico (?), deve essere respinto. Nel suo ragionamento un salto logico: Putin non ce l’ha con l’Ucraina, ma con l’Occidente. E visto che la Nato non può intervenire, per non scatenare la Terza guerra mondiale, allora meglio deporre subito le armi, per evitare ulteriori lutti e distruzioni.

“Dall’accampamento dei Filistei uscì uno sfidante, chiamato Golia, di Gat; era alto sei cubiti e un palmo. Aveva in testa un elmo di bronzo ed era rivestito di una corazza a piastre, il cui peso era di cinquemila sicli di bronzo. Portava alle gambe schinieri di bronzo e un giavellotto di bronzo tra le spalle. L’asta della sua lancia era come un cilindro di tessitori e la punta dell’asta pesava seicento sicli di ferro; davanti a lui avanzava il suo scudiero. Egli si fermò e gridò alle schiere d’Israele: «Perché siete usciti e vi siete schierati a battaglia? Non sono io Filisteo e voi servi di Saul? Sceglietevi un uomo che scenda contro di me”. Quell’uomo, come racconta la Bibbia, altro non fu che un piccolo pastore.

Nel vederlo “il Filisteo disse a Davide: «Fatti avanti e darò le tue carni agli uccelli del cielo e alle bestie selvatiche». Davide rispose al Filisteo: «Tu vieni a me con la spada, con la lancia e con l’asta. Io vengo a te nel nome del Signore degli eserciti, Dio delle schiere d’Israele, che tu hai sfidato. In questo stesso giorno, il Signore ti farà cadere nelle mie mani. Io ti abbatterò e …. tutta la terra saprà che vi è un Dio in Israele.” Tutti sanno come finì quella storia. Ma se all’invocazione religiosa di Davide, si sostituisce la voglia di libertà di un popolo, si ha l’esatta percezione di quello che sta realmente accadendo.

In quelle terre non si sta combattendo una guerra per interposta persona tra Putin e l’Occidente. Gli ucraini stanno lottando per difendere la loro libertà. Per la quale sono disposti, come Davide, anche a morire. E l’Occidente non fornisce loro le armi per indebolire la Russia, ma solo per dotarli di un bastone e di una fionda contro un esercito “alto sei cubiti e mezzo”. Sarà comunque una battaglia impari. Forse alla fine l’Ucraina soccomberà. Ma il desiderio di libertà di un popolo è come un grande fiume in piena, che non può essere fermato. Per questo va sostenuto, fornendo a quei combattenti le armi che sono indispensabili per resistere finché è necessario.


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