Il consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti a Palazzo Chigi per incontrare il presidente Draghi e il suo consigliere diplomatico Mattiolo. Al centro del confronto la situazione in Ucraina e la necessità per l’Occidente di muoversi compatto verso la Russia (ma anche la Cina)
Un incontro durato poco più di un’ora, quello tra l’ambasciatore Luigi Mattiolo, consigliere diplomatico di Palazzo Chigi, e Jake Sullivan, consigliere per la sicurezza nazionale della Casa Bianca. Poi l’inviato di Joe Biden si è trattenuto per un breve colloquio con il presidente del Consiglio Mario Draghi: i due hanno “hanno condiviso la ferma condanna per l’aggressione ingiustificata da parte della Russia e la necessità di continuare a perseguire una risposta decisa e unitaria nei confronti di Mosca”, ha comunicato Palazzo Chigi. Inoltre, si sono detti d’accordo sull’importanza di intensificare ulteriormente i contatti tra Italia e Stati Uniti a tutti livelli, alla luce degli eccellenti rapporti bilaterali e del legame transatlantico.
La visita a Palazzo Chigi arriva all’indomani di quello durato otto ore tra Sullivan e l’omologo cinese Yang Jiechi. In entrambi i casi al centro dei colloquio c’è stata la guerra in Ucraina o, per usare il lessico diplomatico di Pechino da cui traspare l’irritazione verso Mosca, gli “sviluppi indesiderati” delle mosse russe.
A Yang, Sullivan ha portato un messaggio chiaro: gli Stati Uniti e i loro alleati sanno che la Cina si è detta pronta ad aiutare la Russia e faranno di tutto per scoraggiarla sia a inviare aiuti militari sia a garantire una soluzione per aggirare le sanzioni. Washington conosce le ragioni dell’ambiguità di Pechino, ufficialmente neutrale ma evidentemente schierata con Mosca almeno nella retorica e nella propaganda contro l’Occidente: La leadership cinese vive un dilemma interno sul rapporto da mantenere con la Russia: se rinsaldare l’amicizia “senza limiti” anche davanti al conflitto (con il rischio di un costoso isolamento, in particolare economico, da parte degli Stati Uniti e dei loro alleati in uno scontro tra modelli, democrazie contro autocrazie) o spingere Xi Jinping a prendere le distanze da Vladimir Putin.
Affinché l’avvenimento alla Cina sia efficace, gli Stati Uniti hanno bisogno di un fronte comune e granitico con gli alleati, anche per alzare la posta di uno scontro tra modelli che potrebbe costare caro a Pechino in termini di rapporti commerciali con l’Occidente.
Qui entra in gioco Roma, tornata almeno per qualche giorno al centro della scena internazionale, merito anche dell’euro-atlantismo con cui il presidente Draghi ha segnato una svolta rispetto alla precedente gestione di Giuseppe Conte (ecco gli “eccellenti rapporti bilaterali”).
Ora non si può abbassare l’attenzione, è la posizione degli Stati Uniti rappresentati da Sullivan ma ribadita anche dalla vice segretaria di Stato Wendy Sherman in un colloquio telefonico di lunedì con gli omologhi di Francia, Germania, Italia (presente l’ambasciatore Ettore Sequi, segretario generale della Farnesina) e Regno Unito. I cinque hanno discusso “ulteriori costi economici” da imporre alla Russia, ha spiegato la diplomazia statunitense.
Mentre Sullivan incontrava Mattiolo, l’Unione europea pubblicava un nuovo pacchetto di sanzioni contro la Russia, il quarto, con diverse restrizioni tra cui il divieto di esportazione di beni di lusso su cui nelle scorse settimane era stata raccontata una forte resistenza dell’Italia (negata da Palazzo Chigi). Le trattative diplomatiche sulle nuove misure hanno riacceso le vecchie tensioni tra i falchi, guidati da Polonia e Paesi Baltici, e le presunte colombe, tra le quali ci sarebbero – questa è l’accusa dei falchi – Germania, Italia, Ungheria e Bulgaria, additate di anteporre gli interessi economici.
Le divisioni interne all’Occidente rappresentano ciò che gli Stati Uniti vogliono evitare, sia per procedere speditamente nelle misure contro la Russia sia per mostrare un fronte unito contro un eventuale asse delle autocrazie. La visita di Sullivan a Roma, quella della vicepresidente Kamala Harris di recente in Polonia e Romania, infine le voci di un possibile viaggio in Europa del presidente Joe Biden sembrano una conferma. Per l’Italia questa fase può rappresentare, come raccontato su Formiche.net nei giorni scorsi, un’occasione da sfruttare per mostrarsi attiva nella ricerca di una soluzione alla guerra e per rafforzare la propria posizione nella sfida tra Stati Uniti e Cina.