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Lagarde miope e fortunata. La versione di Micossi

L’economista e dg di Assonime: Francoforte ci ha visto male, sballando le sue previsioni sull’inflazione, ma per sua fortuna ora può dare la colpa alla guerra. Se il conflitto non finisce a breve l’Europa andrà in recessione. E poi cosa fare con gas, investimenti e Pnrr

Alla fine è quasi sempre questione di tempo. Se la guerra in Ucraina scatenata dalla Russia, ormai un mese fa, dovesse andare avanti ancora per molto, per l’Europa sarebbero guai seri. L’inflazione, oggi al 5,1% nella zona euro, potrebbe tranquillamente trasformarsi in stagflazione, dando vita a quel fenomeno, temuto più di ogni altro nemico, che vede la crescita arrancare e non stare al passo dei prezzi, in piena corsa.

E allora, dice l’economista e dg di Assonime Stefano Micossi a Formiche.net, tanto vale immaginare nella propria testa anche lo scenario peggiore. Sempre che l’Unione non abbia quel colpo di reni che potrebbe essere risolutivo.

Micossi, l’inflazione picchia duro, anche sotto la cintura. Nessuno vuole farsi illusioni, ma cosa ci dobbiamo aspettare nei prossimi mesi?

Se la guerra dovesse cessare a breve potremmo anche riuscire a evitare la stagflazione, perché l’economia riuscirebbe a trovare una soluzione. Ma se al contrario il conflitto dovesse proseguire a oltranza, senza la ragionevole prospettiva di una pace, allora è lecito aspettarsi una recessione, già il prossimo inverno.

Dopo due anni di pandemia, con il profumo della libertà che si comincia a respirare, non mi pare una buona notizia…

E non lo è. Perché vede, il rischio è duplice. Da una parte l’effetto depressivo sulla domanda interna, dall’altra la paralisi della produzione industriale, perché tenere aperte le attività costerebbe troppo. Per questo dico che prima ne usciamo e meglio è.

Il governo di Mario Draghi sembra essere ancora una volta all’altezza della situazione, dentro le mura di casa nostra. Lei che dice?

Il governo mi pare stia agendo molto bene, soprattutto nel cercare soldi, visto che lo spazio di manovra in un Paese con un debito come il nostro non è certo cosa facile. Parlo di nuovi stanziamenti in favore dell’economia e delle imprese.

L’Europa si è data un obiettivo importante dal sapore storico. Sganciarsi dall’energia della Russia, soprattutto dal gas. Sogno o reale possibilità?

No, può essere realtà, il cambiamento è avviato e presto o tardi succederà. Resta da capire quando, certamente ci sarà una grandissima riduzione dalla Russia, di questo sono abbastanza certo.

Parliamo della politica monetaria. La Bce sembra essere tra due fuochi, se aumenta i tassi uccide la ripresa ma se invece non li tocca, l’inflazione potrebbe sfuggire di mano. Un bel rebus…

Guardi, le dico una cosa. La Bce è molto fortunata.

In che senso, scusi?

Avendo sbagliato le previsioni sull’inflazione, ora può incolpare la guerra dell’impennata, anche se i numeri che vediamo ora sono legati meno al conflitto di quanto non lo siano le cifre future. Da questo punto di vista Francoforte è stata fortunata, reagendo semmai un po’ troppo lentamente ai primi segnali di inflazione. Diciamo che non li ha visti e messi a fuoco molto bene.

Bene, ora che si fa?

Avremo bisogno di un mix di politica economica basato sul sostegno fiscale mirato a chi è colpito maggiormente dall’energia. Sarà possibile in tutti i Paesi o solo in alcuni? Non lo so. Una cosa è certa, di questo approccio la Bce dovrà necessariamente tenerne conto.

L’Italia può contare sul Pnrr, dove c’è un ampio capitolo dedicato alla transizione verde, strada maestra per l’emancipazione da Mosca…

Certamente, ma questo non impedisce di rivedere certe priorità del piano, di soldi sul piatto ce ne sono tanti, però si possono sempre ricalibrare gli obiettivi. Diversamente, non condivido l’idea di creare a livello Ue un Recovery Fund di guerra. Prima usiamo i soldi che abbiamo.

Lei ha parlato di priorità. Il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, ha proposto la riscrittura di parte del Pnrr, rivedendone i baricentri.

Dico questo: se l’idea che c’è dietro è rivedere gli aggiustamenti strutturali che servono al Paese e non più rimandabili allora dico che non è una buona idea. Ma se invece lo scopo è accompagnare il cambiamento, allora sono d’accordo.

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