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Riforme e non alchimie

camaldoli
Confesso che il gioco di cosa succederà nel dopo Monti non mi affascina affatto. Dopotutto, come scriveva il francese François-René de Chateaubriand, “Quasi sempre, in politica, il risultato è contrario alle previsioni”. Il mio non è e non vuole essere un modo per tenersi le mani libere in attesa di vedere cosa succederà. Credo semplicemente che in questo momento così decisivo per il futuro del Paese non possiamo permetterci il lusso di dedicare il nostro tempo alla realizzazione di progetti che poco hanno a che vedere con il bene comune.
 
Siamo in una situazione di emergenza che ha prodotto uno scenario politico inedito nella recente storia italiana. E il passo indietro del presidente Berlusconi è stato sicuramente decisivo per avviare questa nuova fase.
Da novembre ad oggi sono emersi chiaramente alcuni elementi. Anzitutto l’ampia maggioranza che si è creata in Parlamento non è una maggioranza politica. I partiti che la compongono sono e continuano ad essere alternativi. Le diversità non sono state annullate, ma piuttosto che partire da ciò che ci divide, abbiamo deciso di vedere se possono esistere dei punti condivisi che ci permettano di costruire risposte efficaci ai bisogni dei cittadini.
 
Questo significa che la tecnica non ha annullato la politica. Credo che il recente confronto sull’agenda dell’esecutivo e sulle priorità da affrontare lo stia dimostrando in maniera inequivocabile. Cosa significa questo? Che nel 2013 torneremo a confrontarci nelle urne presentando al giudizio degli elettori i nostri programmi e i nostri candidati. Non possiamo sapere cosa succederà. Il Paese potrebbe non avere ancora superato la crisi, le elezioni potrebbero spingere verso scenari che oggi non riusciamo ad immaginare.
Per questo è profondamente sbagliato, oggi, cercare di disegnare un futuro a proprio uso e consumo. I tentativi di trascinare nell’agone politico il premier Mario Monti rappresentano un danno per l’intero Paese. Non solo perché investono il governo di un compito che non ha, ma perché ci distraggono da quella che è la vera posta in gioco.
 
La crisi economica è tutt’altro che superata. Abbiamo ancora da lavorare per cercare di rimettere in moto il motore della crescita. Su questo si gioca la credibilità di un’intera classe dirigente che, soprattutto per colpe proprie, ha perso la fiducia di una fetta importante della società. Per questo come Pdl, mentre siamo impegnati in un’opera di riorganizzazione che punta anzitutto a riavvicinare il partito ai cittadini attraverso i congressi e le primarie, continuiamo a ribadire che le nostre priorità sono e restano le riforme. A partire da quella del mercato del lavoro fino ad arrivare alle modifiche, sempre più necessarie, dell’assetto delle istituzioni. Per questo continueremo a chiedere alle banche di sostenere la crescita attraverso il credito a famiglie e imprese. Le alchimie di palazzo le lasciamo volentieri ad altri.


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