I provvedimenti del governo presi fin qui per aiutare famiglie e imprese hanno dato qualche sollievo. Ma non bastano. Perché l’economia di guerra è un nemico ben più forte. Il commento di Maurizio Guandalini, giornalista e saggista
Un post-it. 1800 euro è la spesa media in più di una famiglia che dovrà pagare (che sta pagando) per colpa dei rincari. A conti esaminati a fondo il totale raddoppia. Sono aumentate del 20% le richieste al centro anti usura per famiglie sul lastrico. Risposta del governo, proveniente dal Consiglio dei ministri di venerdì 18 marzo, togliere 25 cent dal costo di un litro di benzina e rateizzazione delle bollette. Da verbalizzare, degno di nota, rimane questo. Non so quanto si sentono sollevate le famiglie italiane dagli aiuti per il pagamento delle bollette riservati a coloro che avranno un Isee non superiore ai 12 mila euro.
Domanda retorica, chi ha 13-14- 18-20 mila euro di Isee, cos’è? Un ricco? Che si può permettere tranquillamente di coprire i rialzi che stanno arrivando a pioggia? Rewind. La morale della riunione del Consiglio dei ministri di ieri è che non ci stanno soldi. Per i leggeri sconti appena descritti, vi sarà un prelievo dall’extraprofitto delle aziende dell’energia. Il resto, cioè altri provvedimenti più strong, appuntamento più avanti, quando si vedrà l’evolversi degli eventi.
A occhio ci pare una reazione sproporzionata in difetto rispetto allo tsunami che per via delle sanzioni a casaccio verso la Russia noi italiani stiamo subendo. Il commissario europeo all’Economia Gentiloni ha parlato di rimodulazione delle sanzioni. Ma anche questa rimodulazione sarà in divenire. Domani o dopodomani. Così i provvedimenti dell’Unione europea, il cosiddetto Recovery di guerra, che, parole di Draghi, sarà difficile, ardua la strada per vederlo approvato, perché vi sono resistenze di alcune nazioni. E si ritorna così daccapo. Al format camouflage classico azione-reazione.
Quello della mano sinistra che non sa quello che fa la mano destra. Senza alcun moto di prevenzione ma completamente lasciati al flusso dell’imprevedibilità. Che svela lo straordinario unanimismo europeo al grido sanzioni-sanzioni che nascondeva quanto, in verità, ci sono paesi, come l’Italia che pagano un prezzo spropositato, più di tutte le altre nazioni, e invece paesi il cui ‘disturbo’ è minimo. Con l’addendum che tutta questa efficacia a fermare la guerra queste sanzioni non l’hanno proprio.
Salvo che la condotta, nostra, si gratifica perché sono stati sequestrati yacht e ville agli oligarchi che stanno svernando a Dubai e che un giorno, quando tutto si quieterà, navi e mattoni saranno da dissequestrare e da rendere ai legittimi proprietari. Già in questo flash si vede come il movimento sanzionatorio sia stato preda, in molti casi, di effetti non considerati con cura.
Non ci ritorneremo sopra sulle sanzioni sì, sanzioni no delle quali abbiamo parlato in precedenti articoli proprio su Formiche.net. E’ invece quanto mai utile ritornare sulle lentezze dei provvedimenti da prendere per noi italiani di fronte all’economia di guerra. Dall’Unione europea non aspettiamoci granché. D’altronde è un’unità di facciata. Si tratta di pagare, di accollare unitariamente le sofferenze degli stati e si preferisce temporeggiare, demandare, riparlarne, come che nel frattempo lo score dei debiti famigliari fosse congelato sine die. I singoli stati dovranno arrangiarsi.
E, infatti, tra le righe Draghi l’ha detto durante la conferenza stampa di ieri sera. Sarà molto pesante affrontare questa strada ma se non ci sarà altro da fare, se c’è da andare si va. Però anche qui i tempi. Che scostano rispetto gli effetti che gli italiani stanno subendo e che subiranno di più nei prossimi mesi. Mettiamo che la guerra termini a maggio. Forse prima. E’ assurdo immaginare che tutto ritorni, all’istante, come prima.
Che le nostre imprese ritorneranno a entrare e uscire dalla Russia. Che mais, grano, materie prime viaggino avanti e indietro senza interruzioni. In questo conflitto disordinato si avrà un boomerang di ritorno che durerà. Scossoni peggiorativi preoccupanti. Prendiamo sotto occhio due bollette. Gas ed elettricità. Una famiglia. Bolletta del gas di gennaio 1100 euro, meno consumi rispetto allo stesso periodo dello scorso anno quando avevano pagato 600 euro. Bolletta della luce. Marzo di quest’anno 130 euro. Lo scorso anno con maggior consumi 73 euro. Il costo puro dell’energia, solo quello, è quasi quadruplicato.
Lo scorso anno 24 euro quest’anno 87 euro. Calcolatrice alla mano. Se questo sistema si fermerà così per un anno è evidente che sforiamo l’uscita dei 1800 euro a famiglia di cui sopra. Dovremo aggiungere gli aumenti dei generi alimentari, della benzina, delle altre bollette, dalle spazzature all’acqua, agli altri gingilli di tasse comunali che i vari municipi d’Italia hanno annunciato di aumentare perché non ci stanno dentro con i costi. Molti primi cittadini hanno già chiesto chi paga per l’ospitalità dei profughi. Visti i precedenti dell’accoglienza degli immigrati, dai comportamenti dell’Unione europea non dobbiamo aspettarci forieri risultati.
Quindi ex post, scrivo da ragioniere o da raszdora di altri tempi, fatti due conti, va bene il credito d’imposta per le imprese atto a mantenere il livello corrente di crescita, ma se poi le famiglie non spendono perché non hanno denari, c’è poco da mantenere alta la crescita. O il Pil. Inoltre qualcuno ci spiegherà come avverranno le coperture di alcuni mercati di export senza pensare pesanti ripercussioni in termini di manodopera qui da noi. Così altre aziende si fermeranno perché non hanno materie prime per produrre, per tenere funzionanti gli impianti.
A questo quadro rispondere che ci aggiorneremo più avanti è quasi una posizione arrendevole. Quanto l’aspirazione, ab illo tempore, di prezzare unitariamente, i paesi Ue, il costo del gas. Una straordinaria utopia arrivarci ma prima appunto occorre arrivarci. Dubito che pure qui troveremo una straordinaria unità d’intenti, a breve, dei paesi soprattutto quando le esigenze da paese a paese sono diverse. Ergo il prezzo è questo se non ti va bene avanti un altro. Si chiama speculazione, d’accordo. Forse è quella cattiva. E’ l’effetto di una situazione creata da noi. Senza averci pensato sopra prima di mettere a babbo morto le sanzioni.
Fatto salvo che vanno trovate soluzioni cogenti, immediate, mi sarei comunque aspettato un annuncio del governo che avrebbe accelerato sul fronte dell’estrazione di gas dai giacimenti indigeni. Il ministro Cingolani ha detto che ci vogliono anni. Anni? Sicuro? In tv si è visto a più riprese servizi nei pozzi di estrazione chiusi, dove tecnici del posto chiaramente hanno spiegato che tempo 5-6 mesi per entrare a pieno regime. Perché non si fa?
Lo stesso vale per piattaforme perse in mare diventate dei residuati di archeologia industriale. E poi rigassificatori da costruire che per accelerare serve tagliare le incombenze burocratiche. Chi lo deve fare? Per le bollette. Se togliamo completamente i vari oneri, rimoduliamo l’Iva e togliamo l’assurdo di canone tv forse ci guadagneremmo nell’impatto psicologico oltre che nel conto in banca. E poi la benzina. Si tolgano tutte le accise e pure l’Iva con la quale lo Stato ci fa lauti guadagni soprattutto in questa stagione di aumenti. Infine per dare strutturalità agli interventi e nel contempo un aiuto a chi è in difficoltà, servirebbe obbligare gli enti regionali degli alloggi popolari, ad adottare per tutti gli edifici nessuno escluso il bonus 110% per efficientarli e quindi risparmiare nelle bollette.
Sono alcune idee a estuario per tenere alla larga la sindrome della pandemia, con quei bonus a pioggia, ovunque, spesso inutilizzati per la loro laboriosità a ottenerli e pure poco calzanti agli effetti ex post di una moria impressionante di piccole imprese, professionisti, partite Iva, lavoratori, caduti definitivamente in disgrazia senza remota possibilità di rialzarsi.