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Una sfilata di patriarchi sfida Francesco

Pope Francis

Il libro “figli dello stesso mare” presenta il magistero mediterraneo di Francesco. Sfidato da molti patriarchi nello stesso modo in cui il patriarca di Mosca sfida Francesco a Kiev. Da Damasco a Kiev è in gioco l’appoggio o la ripulsa dello scontro di civiltà

“Figli dello stesso mare” è un libro fuori-tempo? L’ho pensato nei giorni dell’invasione dell’Ucraina. Cosa ha da dirci in questo contesto drammatico il magistero mediterraneo di Francesco? La sensazione di aver lavorato a un tema cruciale ma di proporlo nel momento sbagliato è stata forte. Fino al 6 marzo, cioè al giorno in cui ha parlato il Patriarca di Mosca, Kirill, schierando la sua Chiesa con Putin, nel nome dell’impero. In quel momento mi è tornata in mente, folgorante, l’affermazione di una religiosa siriana, che in tempi passati ma pur sempre recenti aveva dichiarato: “Il Presidente, il popolo e l’esercito sono la nostra Santissima Trinità”. Non è esattamente quanto detto di Kirill? Lui, il patriarca di Mosca, nella sua cattedrale, ha poi pregato con il capo della polizia russa per una rapida vittoria, ponendo tra sé e il generale na preziosa icona di Maria, Regina della Pace. Non ha detto, come quella religiosa, “il Presidente, il popolo e l’esercito sono la nostra Santissima Trinità”?

Ho capito così che, pur nelle differenze dei due contesti, emerge un filo rosso che unisce l’invasione russa della Siria e l’invasione russa dell’Ucraina, e questo filo vede il sostegno cruciale di un cristianesimo nazionalista che sfida la fratellanza di Francesco. È una sfida evidente e che porta il magistero mediterraneo di Francesco, non il mio libro, nel cuore della nostra attualità. Francesco ha il senso della storia, non della cronaca, e la sua visione è un’offerta che si declina in modo simili in contesti diversi, ma è decisiva nei luoghi che sono cerniera del mondo.

Il Mediterraneo è una cerniera complessa, decisiva: unisce tre continenti (Asia, Europa, Africa), tre fedi (ebraismo, cristianesimo, islam) tre ambienti (le grandi catene montuose, i grandi deserti e le grandi paure) che corrono ad esso. Anche l’Ucraina è una cerniera, tra l’Europa che c’è e la Russia che c’è, tra cattolicità e ortodossia. Nessuno può averli tutti senza strappare l’una cerniera o l’altra. Il magistero mediterraneo di Francesco si sposa dunque alla perfezione con la tragedia ucraina, contro gli opposti tentativi di strappare questa cerniera, per annettere  al proprio campo tutto il territorio ucraino.

Il cristianesimo di Francesco con la sua fratellanza vede invece unito il mondo, nella sua complessità! Il desiderio di assoluto, il bisogno di Dio, ci unisce, le religioni  formulano questo bisogno in forme culturali diverse. Queste diversità sono insopprimibili perché legate agli ambienti (monti, pianure, deserti) alle persone (bianchi, gialli, neri): tutti fratelli. Tutti fratelli perché diversi, non perché uguali, se non nell’essere figli o creature dello stesso padre. In questa diversità le cerniere sono luoghi cruciali, periferie che saldano il mondo e quindi richiedono una cura speciale perché lì le diversità si intersecano. Non esistono linee di faglia. Dunque è infondata la teoria di Samuel Huntington che vede civiltà in eterno urto tra loro.

Di questo nel libro scrivo così: “Nel nostro mondo c’è un altro mondo, quello degli oceani. Appare un mondo vuoto, uno spazio che separa quelli emersi. Ma tra gli oceani che dividono terre diverse e molto lontane c’è un mare chiuso che, come una cerniera, unisce tre continenti: Europa, Asia e Africa. Collega deserti che arrivano al mare e catene montuose che precipitosamente scendono a lui. Il Mediterraneo connette Nord e Sud, Oriente e Occidente. Il suo simbolo, l’olivo, piantato sulle sue rive senza che un popolo abbia insegnato all’altro come coltivarlo e senza che altri territori del mondo lo conoscano è diventato simbolo universale della pace. Tutto questo per me è chiarissimo in Francesco: ‘Il Mediterraneo è proprio il mare del meticciato, un mare geograficamente chiuso rispetto agli oceani, ma culturalmente sempre aperto all’incontro, al dialogo e alla reciproca inculturazione’. Ma oggi, nonostante i voli che da tanti decenni ci consentono di raggiungere i luoghi più lontani, remoti, esotici, è quasi impossibile ciò che fu possibile a Ulisse tanti secoli fa. Chi infatti potrebbe compiere il periplo del Mediterraneo? Guerre, visti che non possono essere richiesti, se in possesso di un altro visto, e divieti di attracco lo rendono di fatto impossibile. Questo periplo impossibile sarebbe essenziale per oltrepassare i luoghi comuni che cancellano il Mediterraneo. Si partirebbe dal primo luogo comune, quello sugli arabi che avrebbero solo fedeltà ancestrali, quelle tribali, sebbene in tutte le piazze del 2011 abbiano sempre sventolato solo le loro bandiere nazionali. La navigazione sarebbe spedita grazie al vento della certezza del loro detestare l’America, al punto da sognare in tantissimi di potersi trasferire proprio lì. Un sogno che accomuna sciiti e sunniti, nonostante siano da sempre in guerra tra di loro, sebbene insorsero insieme per ottenere la prima indipendenza nazionale araba, quella irachena. Nel primo scalo, come in tutti gli scali del Mediterraneo orientale, ogni sera si sentirebbe narrare dell’uso contro di loro del diritto di veto al Consiglio di Sicurezza dell’Onu da parte degli Stati Uniti, tralasciando l’analogo uso in questo ultimo decennio dello stesso diritto di veto, sempre contro di loro, ma da parte russa, abbarbicata a quei regimi che trasformano i loro Paesi in mattatoi. Durante questo periplo si rimarrebbe ammaliati dalle sirene che cantano dalle coste dove noi italiani siamo stati talmente “brava gente” da aver bombardato con i gas i libici. Una lunga traversata notturna ci farebbe svegliare in un mondo così universalmente ritenuto estraneo al nostro stile di vita da averlo modificato grazie a quella tazza di caffè che aprendo gli occhi ci dà conforto ogni giorno. Furono loro, gli ottomani, a farcelo conoscere grazie al sultano che ne diffuse l’estratto dopo averlo scoperto durante la spedizione militare in Yemen ai tempi in cui sconfisse i mamelucchi. Salpando proprio da quelle coste per rientrare nell’Europa, che impose l’immodificabile ordine coloniale dopo la Prima Guerra Mondiale, scopriremmo, veleggiando negli ultimi giorni di ottobre, che la grande festa in cui ci troveremmo il 29 ottobre ricorda la proclamazione della Repubblica turca, sin dal 1923, che gli accordi coloniali non prevedevano. Questo periplo allora ci spiegherebbe che è proprio una disputa di famiglia quella tra i figli di Abramo. È facile degenerare in queste dispute, ma volendo si potrebbe risolverle, più facilmente di altre”.

Questo è proprio l’opposto di quello che pensano e desiderano i patriarchi che ieri hanno sostenuto Assad e Putin e oggi sostengono Putin. Per loro il mondo non è così. La religione è l’ideologia che sostiene il Presidente contro i nemici, in una battaglia esistenziale per la conquista dello spazio, tutto, della sostituzione delle cerniere con muri. L’Occidente è un nemico aggressivo per tutti loro, come l’islam. Pertanto gli sforzi dei capi vanno sostenuti a qualsiasi costo, anche di eccessi. È opposta la visione del mondo! Per questi i patriarchi schierati ieri con Assad e oggi con Putin dicono che “Dio è con loro” contro il nemico perverso e corrotto. La loro visione assolutizza l’alleanza con il Bene e contro il Male. Il loro campo è il campo del bene, che deve vincere per non consentire all’Anticristo di conquistare altro potere. Nel mondo di Francesco non ci sono Figli del bene e Figli del male. Lui non è manicheo. Per questo i patriarchi ne diffidano. E come di lui diffidano di tutti i musulmani e di tutti gli occidentali secolarizzati, ai quali non si può dare neanche un centimetro di Ucraina, anche al costo di distruggerla.

Francesco ci propone una Nuova Santa Alleanza che non è tra Imperi, ma tra fedi, che così facendo tolgono a ogni Impero la possibilità di usare una fede per legittimare la propria guerra. Nessuno si salva da solo per Francesco, ma tutti ci salviamo con la sua teologia, anche quelli che non riescano a dirsi credenti. Questa teologia infatti è per tutti ed è già qui, è il Documento sulla Fratellanza che ha firmato con l’imam di al-Azhar. Sì, un musulmano contribuisce a salvarci. Questo documento è stato presentato il 4 febbraio del 2019 e in esso si legge: “La libertà è un diritto di ogni persona: ciascuno gode della libertà di credo, di pensiero, di espressione e di azione. Il pluralismo e le diversità di religione, di colore, di sesso, di razza e di lingua sono una sapiente volontà divina, con la quale Dio ha creato gli esseri umani. Questa Sapienza divina è l’origine da cui deriva il diritto alla libertà di credo e alla libertà di essere diversi. Per questo si condanna il fatto di costringere la gente ad aderire a una certa religione o a una certa cultura, come pure di imporre uno stile di civiltà che gli altri non accettano”.

Capire questo cambia tutto, nel Mediterraneo, in Ucraina e nel resto del mondo. Francesco ha offerto questa opportunità a Putin e Obama quando mediò il loro accordo sul disarmo chimico della Siria. Ma Putin lo tradì. Infatti Gilles Kepel, nel suo libro Uscire dal caos, spiega che i russi aderirono all’accordo per impedire l’intervento americano e spianare così la strada al loro, che sarebbe giunto nel 2015. E lo dice perché lo ha saputo direttamente da loro, dalla viva voce di una delle fonti più attendibili di quel tempo, Evgenij Primakov, che nell’autunno del 2014 a Mosca gli spiegò la loro strategia: “Difendere la credibilità russa, restituendo una legittimità internazionale al governo alleato siriano, grazie alla partecipazione al processo dell’Onu di smantellamento dell’arsenale chimico. Ciò avrebbe consentito di eliminare ogni prospettiva di intervento militare occidentale, che sarebbe andato a favore delle forze democratiche all’interno della ribellione. Questa situazione avrebbe facilitato la cristallizzazione del conflitto fra gli insorti presi in ostaggio dal jihadismo mondiale, che sarebbero stati oggetto di un crescente sospetto occidentale, e un asse russo-iraniano, che si sarebbe sentito ancor più libero di agire direttamente in Siria”.

Ma Francesco è andato avanti nonostante quel tradimento. A noi non fare lo stesso errore di Putin.

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