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Italia, alzati e cammina

Anteprima del numero di Formiche di maggio 2012
 
C’è un malessere generale nel Paese, legato alla mancanza di occupazione ma anche alla scarsa qualità dell’occupazione, che sta diventando un problema sempre più non solo economico, ma anche sociale. Ora, per rilanciare l’occupazione sappiamo che non esiste la bacchetta. Ci sono tante misure che devono essere adottate su molti fronti. Dobbiamo combinare riforme strutturali per assicurare crescita sostenibile di medio periodo, con interventi più di breve periodo che portino anche a effetti congiunturali. Per produrre crescita e posti di lavoro diventa poi fondamentale la nascita di nuove imprese innovative.
 
C’è poi una dimensione culturale legata al sostegno alle start up. La maggior parte dei nostri giovani è ancora convinta che il lavoro si riceve o, al massimo, si cerca. Dobbiamo raccontare anche una storia diversa che si sta affermando in tutto il mondo: il lavoro non solo si cerca, ma si può anche creare. È un messaggio rivoluzionario per molti giovani che un Paese come il nostro può ritrovare nelle sue radici, e che va chiaramente diffuso e alimentato con politiche di sostegno alla creazione di start up. Per creare questa iniezione di fiducia che possiamo generare nei nostri giovani dobbiamo fornire loro gli strumenti per scommettere sulle proprie capacità, accettando anche la possibilità di “fallimento”. La cultura del rischio e dell’impresa è anche accettazione di un tasso fisiologico di insuccesso che può essere la chiave per il successo di domani.
 
L’impatto di tutto questo sulle generazioni meno giovani è dirompente. È sempre stato normale pensare che fossero i genitori a insegnare ai figli. Ma oggi sta diventando vero anche il contrario: sono i più giovani a insegnare alle vecchie generazioni. Quante mamme e papà hanno imparato a navigare in Internet o a usare il computer grazie ai loro figli? In quanti casi è diventato chiaro che non stiamo parlando più di un luogo virtuale, ma di quel luogo reale che collega ogni famiglia e casa d’Italia con il resto del Paese e del mondo?
 
Il 53% degli italiani usa il computer. Significa che abbiamo un 47% di analfabeti digitali (dato 2010, fonte Eurostat). I dati sull’analfabetismo – quello “classico”, inteso come non saper né leggere né scrivere – sono preoccupanti: c’è un anno in cui risulta analfabeta il 53% delle donne e il 42% degli uomini, quindi in media il 47% degli italiani. Quest’anno è il 1901.
Il Paese ha fatto uno sforzo enorme – il secolo scorso – per abbattere questo dato, ma ci ha messo sessant’anni per portarlo sotto al 10% (1961). Centodieci anni dopo abbiamo un nuovo analfabetismo da combattere. Sapendo però che noi, oggi, non abbiamo altri sessant’anni a disposizione per colmare l’analfabetismo digitale. Per questo investire sui giovani e su questa dimensione culturale più profonda è fondamentale.
 
Ora stiamo portando avanti tante misure complementari: abbiamo favorito l’accesso delle micro, piccole e medie imprese al mercato del credito assicurando il rifinanziamento del Fondo centrale di garanzia per 1 miliardo e 200 milioni di euro in 3 anni, consentendo l’attivazione di un volano di credito garantito per 20 miliardi di euro; abbiamo avviato la riforma del fisco alle imprese per premiare le aziende che aumentano il loro patrimonio e sviluppano occupazione fra i giovani e le donne; abbiamo creato la possibilità, per chi ha meno di 35 anni, di aprire una Società semplificata a responsabilità limitata (Ssrl), con capitale sociale di 1 euro. Su altri fronti stiamo lavorando attivamente.
 
Due aree di intervento, più di altre, mirano in maniera specifica a fare in modo che
realizzare un nuovo progetto imprenditoriale in Italia non sia un problema.
La prima iniziativa è l’agenda digitale italiana. Con Francesco Profumo, Filippo Patroni Griffi ed altri colleghi stiamo lavorando sodo per far sì che l’agenda digitale possa avanzare rapidamente su tutti e sei i principali fronti: infrastrutture digitali, e-commerce, e-government, alfabetizzazione digitale, sicurezza e smart cities.
 
In maniera ancora più mirata – ed è la seconda iniziativa chiave – abbiamo creato una task force sulle start up innovative.
La task force è composta da esperti di riconosciuta competenza e, soprattutto, esperienza: imprenditori, operatori del settore, professori universitari, che partecipano tutti a titolo individuale, e ha come obiettivo quello di arrivare a formulare in tempi brevi proposte organiche-amministrative, fiscali, di semplificazione burocratica, in generale di incentivi e di sostegno all’internazionalizzazione. Il lavoro della task force sarà basato anche sulle migliori esperienze straniere, ma senza illudersi di importare modelli difficilmente replicabili e partendo piuttosto dall’analisi del nostro tessuto imprenditoriale e sociale.
 
Altro punto centrale: la task force si occuperà anzitutto di start up legate alla web economy, con le loro specificità ed esigenze particolari. Ma nelle nostre intenzioni ci sono tante start up innovative, non necessariamente legate all’ultima application web, che meritano altrettanta considerazione e a cui abbiamo intenzione di dedicarci. Ci sono, ad esempio, le start up biotech, quelle legate a temi energetici/ambientali, le start up sociali. Ci sono le start up legate all’industria culturale. In generale, sappiamo che l’innovazione va oltre il digitale, che l’imprenditorialità va naturalmente oltre Internet e tocca anche i settori più tradizionali. Proprio per questo credo che una delle primissime riflessioni della task force sarà dedicata a un esercizio di definizione dei “confini” del campo d’azione, anche per destinare al meglio i provvedimenti da adottare.
 
Una volta che la task force avrà formulato le proposte, faremo ovviamente in modo che non restino sulla carta, ma che diventino un pacchetto di misure concrete. Dopo “Salva Italia”, “Cresci Italia” e “Semplifica Italia” mi piace pensare che potremmo ragionare su un provvedimento “Start up Italia”.


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