Skip to main content

Tim, il nuovo corso per la security con Santagata e la strategia per il rilancio

Alla guida della funzione Chief Public Affairs & Security Office Tim sceglie Eugenio Santagata, dall’aprile del 2021 amministratore delegato di Telsy Spa. La sua nomina arriva contestualmente con la prima intervista di Pietro Labriola rilasciata al Sole 24 Ore in qualità di amministratore delegato del Gruppo

Nuova nomina di peso in casa Tim, che alla guida della funzione Chief Public Affairs & Security Office ha scelto Eugenio Santagata. Una decisione nel segno della continuità. Santagata, che assumerà la qualifica di key manager, dall’aprile del 2021 è amministratore delegato di Telsy Spa, la società del gruppo specializzata nella realizzazione di sistemi per la cybersecurity per la difesa e la sicurezza nazionale.

CHI È EUGENIO SANTAGATA

Fondatore di Cy4gate, società leader nella cyber intelligence e cyber security da lui quotata nel 2020, Santagata ha alle spalle una lunga esperienza nell’industria della Difesa e della Sicurezza, con più di 12 anni trascorsi all’estero in ruoli manageriali.

Formazione militare, con un passato sui banchi della Scuola militare Nunziatella e dell’Accademia militare di Modena, poi la laurea in Scienze politiche e in Giurisprudenza, un master in America e un Mba alla London Business School.

Per chi si occupa di Difesa e affari cyber Santagata non è certo un nome nuovo. Per i suoi trascorsi ai vertici dell’industria, vicedirettore generale di Elettronica Group, società italiana leader nelle contromisure elettroniche partecipata da Leonardo e Thales e controllata dalla famiglia Benigni.

In quella veste, in particolare interagendo con Thales, Santagata ha potuto conoscere da vicino l’industria e la cultura francese (parla correntemente la lingua, insieme a inglese, spagnolo, russo).

Il nuovo manager di Tim, inoltre, è ben conosciuto nel mondo della politica: apprezzato dalle parti di Palazzo Chigi e del Quirinale e dalle articolazioni di sicurezza del governo, viene spesso interpellato per pareri su materie di sicurezza.

Santagata è stato nominato oggi con decorrenza immediata, si legge in un comunicato, e opererà a diretto riporto di Pietro Labriola, amministratore delegato e direttore generale Tim. Nella nuova struttura confluiscono la Funzione Security, la cui responsabilità rimane affidata a Stefano Grassi, e gli uffici della Funzione chief public affairs office che viene contestualmente superata.

TELSY

Santagata mantiene inoltre la carica di amministratore delegato di Telsy, l’azienda del Gruppo sottoposta alla normativa Golden Power in quanto titolare di attività di rilevanza strategica per la difesa e la sicurezza nazionale. Avere soluzioni di cui si ha il pieno controllo per garantire la sicurezza di dati e comunicazioni è fondamentale, aveva spiegato nel corso di una recente intervista a Formiche.net il manager che ha inaugurato una nuova strategia per la società. “La crescita di Telsy inizia dall’Italia, il cui mercato della cybersecurity supera i 2 miliardi di euro l’anno. Ma non si ferma qui”, ha spiegato Santagata. “C’è, infatti, un mercato di sicurezza internazionale, soprattutto di tipo governativo, a cui l’azienda sta guardando. Ci sono poi, le soluzioni di interesse sia militare che civile (dual-use), che vanno dall’analisi preventiva e contestuale dei rischi (threat intelligence), alla gestione e al monitoraggio degli scenari di rischio (incident response team e monitoring), fino all’adozione di strumenti di analisi e controllo aperti e collaborativi (open source intelligence e decision intelligence)”. Attività ancora più fondamentali se si considerano i rischi di attacchi informatici legati alla crisi ucraina.

IL RILANCIO DEL GRUPPO

La nomina di Santagata arriva contestualmente con la prima intervista di Pietro Labriola rilasciata al Sole 24 Ore in qualità di amministratore delegato del Gruppo. Secondo Labriola il valore attuale di Tim è minore rispetto alle sue componenti, e per questo entro l’estate arriverà il piano per rendere autonoma la rete. Saranno quattro le aree da prendere in considerazione: l’infrastruttura, i servizi alle grandi aziende, quelli alle persone e alle famiglie, il Brasile. “Sono modelli di business molto diversi per necessità e tempi d’investimenti, redditività, organizzazione”, ha spiegato Labriola. “Il mercato oggi vuole sapere marginalità, durata dei contratti e capacità di raggiungere gli obiettivi. Tenere insieme a ogni costo le quattro aree genera confusione e deprime la valutazione del gruppo. La strada da seguire è creare le condizioni per renderle autonome. E, da quando abbiamo cominciato a dirlo, la conferma che la strada è quella giusta risulta dalle candidature ricevute da vari investitori, anche istituzionali, per arrivare ad accordi importanti. Già oggi partiamo da due società: Tim e Tim Brasil. In Italia, oltre alla creazione della società della rete, stiamo valutando quella di due business unit per i servizi alle famiglie e ai grandi clienti”.

LO SCORPORO DELLA RETE

Lo scorporo della rete è all’ordine del giorno, ha confermato l’ad al quotidiano di Confindustria contando di “arrivare a una proposta entro l’estate per superare tutti i limiti posti dagli interventi delle autorità regolatorie, che negli ultimi 15 anni hanno reso l’azienda il soggetto sottoposto a più regole, con riflessi importanti anche sull’attività commerciale. Ancora oggi Tim deve garantire servizi all’ingrosso agli altri operatori anche se gli stessi sono obsoleti. Inoltre, le offerte sono soggette a una sorta di controllo preventivo che rende particolarmente rigide le promozioni commerciali. Eppure, il settore delle TLC in Italia è molto concorrenziale e dal punto di vista dei prezzi dei servizi, questi sono tra i più bassi d’Europa”. Quanto alle relazioni sindacali che finora non hanno condiviso alcuni aspetti della nuova strategia del Gruppo, per Labriola “il termine spezzatino non è giusto. L’obiettivo è il focus sulle varie attività di Tim per migliorarne i risultati. I sindacati sono stakeholders importanti. Ci confrontiamo con loro e continueremo a farlo. Per il bene della società, degli azionisti e dei nostri colleghi”.

LA CONVERGENZA CON OPEN FIBER

Grazie alla separazione della rete, per Labriola sarà possibile sfruttare le sinergie di una eventuale convergenza tra l’azienda e Open Fiber valorizzando entrambe le società e allo stesso tempo dare al mercato retail quella dinamicità di cui ha bisogno. “La realizzazione di due reti in fibra ottica, la cosiddetta Ftth, – ha illustrato Labriola – è un unicum in Europa perché in nessun Paese ci sono due reti del genere totalmente sovrapposte. Può accadere in alcune parti del territorio, dove la domanda di servizi è più diffusa, ma sono eccezioni alla regola. È evidente che unificarle significa creare le premesse per ottenere risultati migliori. D’altra parte, diversi esponenti di governo lo hanno detto chiaramente”.

Anche se i lavori di realizzazione della rete ultrabroadband di Tim e quella di Open Fiber sono ormai avanzati, secondo l’ad “c’è ancora molto spazio per ottenere sinergie. Oggi circa il 97% delle famiglie con rete fissa dispone di una rete che offre velocità superiori a 30 megabit al secondo, ma con lo sviluppo della rete in fibra, Ftth (Fiber to the home), potremo portare la velocità ad almeno 1 gigabit per secondo. Questo permetterebbe di avere più banda e dunque poter fruire di servizi video e audio ad altissima qualità, nonché poter disporre contemporaneamente di tanti servizi come lo smart working, la didattica a distanza, lo streaming televisivo. Avere una rete con una banda così ampia significa inoltre essere pronti a diffondere i servizi più innovativi e che s’imporranno nel prossimo futuro, come la realtà aumentata”.

L’ADOZIONE DELLA FIBRA IN ITALIA

Secondo i dati Agcom, l’adozione della fibra sta crescendo a ritmi veloci, +51,2% nel periodo settembre 2021- settembre 2020, corrispondenti a un incremento annuo di circa 830 mila accessi. Tuttavia gli accessi Ftth sono sotto il 20%. Labriola ha commentato: “Nei prossimi tre anni Tim ha previsto 1-1,2 miliardi d’investimenti l’anno e gli accessi continueranno a crescere. L’accordo Tim – Open Fiber potrà portare ad una allocazione più razionale degli stessi investimenti e alla riduzione di sprechi. Il risultato è che gli oneri verrebbero divisi al 50% con Open Fiber, ma non solo. Anche il beneficio dell’impatto ambientale va considerato perché la migrazione verso le nuove tecnologie riduce i consumi di energia, dalla condivisione ne scaturirebbero sinergie negli scavi e nella gestione operativa. I processi autorizzativi saranno tuttavia complessi e i vari passaggi in antitrust andranno seguiti con particolare attenzione”.

IL RUOLO DI KKR E DEGLI INVESTITORI

Kkr potrà avere un ruolo partecipando alla nuova società unica della rete Tim – Open Fiber. L’ad ha spiegato che “il non disclosure agreement firmato la scorsa settimana con Cassa Depositi e Prestiti è potenzialmente aperto al coinvolgimento d’investitori finanziari terzi e loro ci hanno già detto di essere interessati ad altri progetti. Ricordo, infatti, che Kkr ha investito 1,8 miliardi in FiberCop, la società del gruppo in cui è stata conferita la rete secondaria, che ha l’obiettivo di raggiungere con l’Ftth, entro il 2026, circa il 60% delle unità immobiliari su base nazionale”.

In riferimento alla manifestazione di interesse annunciata da Kkr per il 100% del Gruppo, invece, Labriola aggiunge: “Qualora Kkr decidesse di presentare un’offerta concreta, completa e attrattiva, che contenga, tra le altre cose, anche l’indicazione del prezzo per azione ordinaria di Tim, il cda sarà nella posizione di riconsiderare la propria decisione di non aprire la due diligence a Kkr, nell’interesse di tutti gli azionisti. Abbiamo comunque ottimi rapporti e continueremo a collaborare in Fibercop. Inoltre, ribadisco, Kkr ha dichiarato di essere disponibile a esplorare qualsiasi altra operazione nell’interesse della Società, dei suoi azionisti e del Paese”.

×

Iscriviti alla newsletter