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La partita francese non è tra destra e sinistra. La versione di Sorgi

Francia nucleare bollette

Il notista politico, dopo il primo turno per l’Eliseo. È ancora una partita tra destra e sinistra? “Nel caso francese, parlerei più dello Stato e la formazione anti-sistema che ha i caratteri di Le Pen”. Se fosse arrivato Mélenchon al ballottaggio per il capo di Stato uscente sarebbero stati dolori

Più che un ballottaggio per conquistare l’Eliseo, il secondo turno delle elezioni francesi, come lo è stato il primo del resto, assumerà i connotati di una contrapposizione sempre più netta di partiti di sistema e partiti anti-sistema. Ormai è finita la battaglia dicotomica destra-sinistra, dal gusto un po’ retrò e ormai confinata in ricordi novecenteschi. Il tête-à-tête tra il presidente uscente e la leader del Rassamblement National Marine Le Pen rappresenta “l’epilogo di tutto quello che è accaduto in questi anni, dal punto di vista sociale e politico”. A dirlo è Marcello Sorgi, notista politico e già direttore de La Stampa.

Azzardando un paradosso con quello che è accaduto nell’America di Trump, in Francia si sta consumando il conflitto tra centro e periferie?

Secondo me è riduttivo pensare solo che il divario tra centro e periferie, che pure c’è, abbia determinato questo scenario. Nel caso francese, parlerei più dello Stato (incarnato dal presidente uscente Macron) e la formazione anti-sistema che ha i caratteri di Le Pen. Negli anni del suo mandato all’Eliseo Macron ha cercato di interpretare il sentimento dello Stato. In parte questa volontà è tornata anche durante la campagna elettorale, nel momento in cui ha deciso di puntare sulla riforma delle pensioni. Tema di per sé molto spinoso.

Che giudizio da alla campagna elettorale del presidente uscente?

Dal punto di vista comunicativo non ha fatto grandi sforzi. Non è empatico e lo si vede bene misurando la rigidità che assume quando prova, ad esempio, a baciare i suoi sostenitori o ad abbracciare i bambini. Politicamente, ha continuato nel solco del suo mandato, impersonando l’argine alle forze anti-sistema.

Il risultato di Mélenchon era prevedibile?

In termini di preferenze Mélenchon ha ottenuto un risultato davvero ottimo. Paradossalmente, per Macron, è una fortuna che non sia arrivato al ballottaggio.

Perché?

Perché potenzialmente è più insidioso di Le Pen. Considerando l’elettorato, il leader de La France Insoumise avrebbe potuto raccogliere i voti dei pochi socialisti rimasti e probabilmente anche alcuni dei voti che al primo turno sono andati a Le Pen.

Qualcuno sostiene che Macron sia il nostro Draghi. E viceversa. 

Il paragone non regge. Draghi è assolutamente disinteressato alla politica, mentre il presidente dell’Eliseo è un prodotto burocratico divenuto politico.

Come impatterà il voto francese sullo scacchiere politico italiano?

In parte ha già impattato, specie nel centrodestra, seppur moderatamente. Il fatto però che Salvini si sia apertamente schierato con Le Pen, mentre Meloni si è smarcata e Berlusconi ha seguito la linea Ppe pro Macron, è rilevante. Ma c’è un’altra linea di continuità che vedo tra queste elezioni e quello che accade in Italia regolarmente.

Ovvero?

A fronte di questa evoluzione dell’elettorato, ormai sempre più liquido, i candidati si “pentono” del sistema elettorale maggioritario a doppio turno, e vorrebbero cambiarlo. Sebbene anche con un sistema proporzionale le cose non cambierebbero molto (se non trovandosi con più confusione, perché l’elettorato è ingovernabile e insospettabile), in questa tornata elettorale è emersa questa volontà di virare su un altro sistema di elezioni. Che è un fatto assolutamente inedito per la Francia, salvo il caso di Mitterrand che tentò di spostare leggermente il baricentro verso il proporzionale.

E la continuità con l’Italia quale sarebbe?

Nel nostro Paese, praticamente ogni volta in cui si deve andare alle urne, c’è una parte politica che vuole cambiare la legge elettorale per impedire agli avversari di avere la meglio.

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