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Nato e 007, la svolta di Ramstein. Scrive D’Anna

Il summit Nato a Ramstein, in Germania, rilancia la cooperazione anche nel campo dell’intelligence. Dall’MI6 alla Cia fino alle agenzie francesi e italiane, in due mesi di guerra hanno messo a dura prova le spie di Putin. L’analisi di Gianfranco D’Anna

Nato d’intelligence e di difesa della democrazia. È la metamorfosi dell’intelligence e della grande efficacia evidenziata dal supporto alla resistenza del popolo ucraino a tenere banco, dietro le quinte top secret del vertice dell’Alleanza Atlantica convocato nella base militare Usa a Ramstein, in Germania.

Un summit operativo per mettere ulteriormente a punto la strategia a sostegno di Kiev e prevenire ogni eventuale attacco a sorpresa da parte di Mosca. In primo piano anche il rilancio dell’alleanza, che comprende ormai non solo Paesi Nato, ma anche varie altre nazioni, come Israele e Qatar, Tunisia, Giappone e Kenya.

Rischio di terza guerra mondiale? Parlarne evidenzia non soltanto ingenuità, ma soprattutto mancanza di visione strategica ed operativa.

Le guerre mondiali sono già arrivate infatti alla quarta o quinta edizione, con baricentri dal Medio oriente alla Corea alla Cina, solo che vengono combattute a colpi d’intelligence, come quella in corso in Ucraina. Dai cavalli di Troia ai ponti delle spie, si è passati ai droni di Biden & Johnson e alla cyberwarfare.

L’efficacia della difesa ucraina, che dopo avere respinto e costretto alla ritirata la schiacciante offensiva russa per conquistare Kiev, sta ora bloccando l’avanzata delle forze corazzate di Mosca in Donbass, evidenzia un coordinamento e una pianificazione tali da lasciare trasparire tutto l’apporto di Langley e di Fort Meade, le sedi della Cia e della National Security Agency degli Stati Uniti, nonché di Vauxhall e del GCHQ, i quartier generali del Secret Service e del centro comunicazioni inglesi. Il tutto con l’aggiunta di satelliti spia, aerei radar, droni stealth, cioé invisibili, cyber operatori e consiglieri speciali dietro le prime linee ucraine.

Guerra d’intelligence o cyber war, la tecnologia e l’intelligenza artificiale non possono comunque prescindere da indirizzi, scelte ed imput umani.

L’intelligence occidentale, che oltre ad americani e inglesi comprende anche ampi settori dei servizi di sicurezza francesi, italiani, tedeschi, polacchi e spagnoli, sta fronteggiando l’Fsb, il servizio segreto federale del Cremlino, erede del potente Kgb sovietico, e in maniera più sfumata il Guojia Anquan Bu, letteralmente il “Ministero della Sicurezza di Stato” di Pechino con compiti di intelligence e di controspionaggio.

La massiccia mobilitazione in prima linea e dietro le quinte del Fsb riguarda in particolare il Gru il temibile e agguerrito Direttorato delle Forze armate russe che dipende dallo Stavka, lo Stato Maggiore di Mosca. Come si evince dalla suddivisione dei compiti, la struttura del Gru ha conservato l’assetto sovietico.

· Prima direzione: pianificazione tattica delle operazioni di ricognizione.

· Seconda direzione: reclutamento agenti e sviluppo di reti di spionaggio.

· Terza direzione: operazioni degli speznatz, le truppe speciali, contro obiettivi in altri Paesi.

· Quarta direzione: raccolta, analisi e gestione delle informazioni.

· Quinta direzione: responsabile di sigint ed elint.

· Sesta direzione: operazioni speciali.

· Settima direzione: operazioni di cifratura di documenti e sicurezza delle comunicazioni.

Nello scontro senza esclusione di colpi fra i nemici invisibili di una guerra combattuta sul campo da Ucraini e esercito russo, i servizi di Mosca hanno messo a segno il bombardamento del centro di reclutamento e addestramento di Yavoriv, al confine con la Polonia, la distruzione dei principali snodi ferroviari e delle infrastrutture ucraine, il controllo della centrale nucleare di Zaporizhzhia, la più grande d’Europa, l’isolamento marittimo dell’Ucraina.

Clamorosi invece i “colpi” assestati dall’intelligence occidentale: dal respingimento all’inizio dell’invasione del 331esimo Reggimento di paracadutisti russi che aveva il compito di impadronirsi dell’aeroporto di Kiev, allo stop fino alla ritirata dell’avanzata sulla Capitale, dall’affondamento dell’incrociatore Moskva, ammiraglia della flotta nel Mar Nero, ai bombardamenti dei depositi di petrolio oltre il confine russo, alla resistenza di Mariupol, al blocco imposto ai nuovi corpi d’armata che Mosca ha mobilitato contro il fronte meridionale.

È l’elenco di una disfatta che per il Cremlino diventa sempre più grave e sempre meno occultabile all’opinione pubblica di Mosca. Un elenco a cui aggiungere il bilancio delle decine di migliaia di soldati uccisi, i nomi dei 18 generali russi ufficialmente morti in combattimenti, lo sterminato numero dei feriti e l’ingente numero di mezzi corazzati, aerei, elicotteri e navi distrutti. Ma l’arroccamento di Putin non lascia spazio neanche alla saggia considerazione del Dalai Lama: “Quando perdi, non perdere la lezione.”



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