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Perché le navi russe si muovono sul Mar Nero verso l’Ucraina occidentale

Navi russe in movimento verso la costa occidentale ucraina. Il Mar Nero resta uno dei teatri di combattimento, anche geopolitico, mentre il blocco navale russo potrebbe durare a lungo e Kiev chiedere aiuto per il commercio

La componente marittima del conflitto russo in Ucraina sta diventando via via più determinante adesso che i combattimenti si sono concentrati nella fascia orientale e meridionale del Paese. Dal mare sono arrivati successi sanguinosi per i russi, come quello su Mariupol dove i russi progettano di marciare su una città distrutta per la festa della vittoria del 9 maggio. Altri potrebbero seguire: il Cremlino pare abbia messo nel mirino la regione occidentale che confina con la Romania. Quella, storicamente nota come il Budjak, potrebbe permettere il collegamento marittimo alla Transnistria (parte della Moldavia autoproclamata indipendente, non riconosciuta internazionalmente ma militarmente ed economicamente controllata da Mosca). Ma soprattutto servirebbe a stringere a tenaglia Odessa, nevralgico porto nella fascia occidentale ucraina che i russi bramano per poter rivendicare un controllo costiero che va da est (Sochi) a ovest (oltre Odessa, il Budjak).

Le navi della Flotta russa del Mar Nero, decapitata dell’ammiraglia “Moskva” affondata poche settimane fa dagli ucraini, si stanno muovendo verso occidente. Gli esperti che hanno analizzato le immagini satellitari, come per esempio Hi Sutton, registrano i movimenti rapidi di almeno due Classe Raptor, ossia imbarcazioni rapide usate per pattugliamenti e per infiltrazioni di forze speciali. Forse intendono monitorare da vicino la situazione del ponte Setoka, l’infrastruttura che lega il Budjak (la Bessarabia meridionale) al resto dell’Ucraina danneggiata in questi giorni dagli attacchi russi.

Quei raid rientrano nel chiaro schema di attacco condotto dal generale Aleksander Dvornikov, che adesso coordina la campagna russa, la quale si sta concentrando sul disarticolare infrastrutture e collegamenti. Come accaduto per le ferrovie nel nord-ovest, anche in questo caso il ponte era un lineamento logistico che permette l’arrivo degli armamenti inviati da Usa e Ue. Di più: qualora lo spostamento navale verso la costa occidentale dovesse trasformarsi in un assalto anfibio (forse ancora prematuro, ma non escludibile) tagliare quel ponte significa aver isolato del tutto il Budjak e renderlo assaltabile, e senza rinforzi.

Da considerare che in questo caso l’attacco anfibio potrebbe avere sostegno anche dalla Transnistria, regione separatista moldava in cui i russi sono presenti con qualcosa meno di 2mila militari che hanno il compito di peacekeeping, ma che sono già in stato di allerta e potrebbero trovare escamotage per inserirsi nel conflitto.

I movimenti navali sono intensi. Mentre l’attenzione giornalistica ruota attorno ai delfini posti a difesa della base centrale di Sebastopoli — dall’inizio di febbraio si sa che, come già fatto anni fa a Tartus, la marina russa ha collocato due recinti per cetacei all’ingresso della base crimeana, ma la notizia di nuove immagini satellitari sta circolando adesso — sono le installazioni come quella di Novorossijsk che segnano le evoluzioni. Navi dalla base orientale Ucraina stanno uscendo costantemente, segnando un ritorno a una da marittima dell’assalto.

Circa 20 navi della marina russa si trovano attualmente nella zona operativa del Mar Nero, compresi sottomarini. La Flotta russa del Mar Nero conserva la capacità di colpire obiettivi ucraini e costieri, anche se lo stretto del Bosforo rimane chiuso a tutte le navi da guerra non turche, rendendo la Russia incapace di sostituire il suo incrociatore perduto Moskva nel Mar Nero. Questa è la valutazione della Difesa britannica.

La presenza di queste imbarcazioni russe blocca di fatto qualsiasi genere di attività ucraina — anche le importanti attività commerciali che prendono sfogo proprio dal Mar Nero. Questo sta creando conseguenze pesanti per l’economia di Kiev, già pesantemente colpita, e stabilisce i presupposti per una domanda: c’è da aspettarsi che una missione navale internazionale (Nato?) per scortare le navi commerciali dentro e fuori i porti dell’Ucraina? Nel breve termine probabilmente no, il contesto e il livello di confronto impediscono certe scelte, più avanti tutto diventa più possibile.

La prospettiva di un blocco navale che duri anni su alcuni dei più importanti centri di esportazione di grano del mondo prende piede.  L’esperto di studi strategici George Friedman ha scritto: “La guerra in Ucraina è iniziata con un presupposto errato condiviso da molti, inclusi gli Stati Uniti, che se la Russia avesse invaso, avrebbe sconfitto l’Ucraina e lo avrebbe fatto rapidamente”. Così non è stato e le evoluzioni in corso manifestano un probabile prolungamento. Davanti al potenziale blocco navale, potrebbe valere la pena di guardare indietro allo sforzo del Kuwait per convincere gli Stati Uniti ad aiutarlo a proteggere le sue esportazioni di petrolio commerciale marittimo durante la cosiddetta “guerra delle petroliere” tra Iran-Iraq degli anni ’80.

Nel breve termine, un’operazione ad alto rischio come quella è improbabile, almeno finché la guerra in Ucraina rimane nella sua fase calda, anche perché una presenza Nato potrebbe essere vista come un’escalation. Tuttavia, è possibile che l’Ucraina possa usare una simile mossa diplomatica per convincere due potenze, come per esempio la Cina e gli Stati Uniti, a lavorare congiuntamente per riaprire i suoi porti se e quando la minaccia di attacchi russi passerà da attiva a bassa intensità nei prossimi mesi e anni? Probabilmente sì.

(Foto: Structure.ru.mil)


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