Mentre le criptovalute crollano e la stagflazione incombe, gli orologi stanno vedendo rivalutazioni tra il 2-300% e l’800%. Il loro diventare bene rifugio per eccellenza non si spiega con il solo fatto che siano un investimento a basso rischio e accessibile anche a capitali limitati (sotto i 10.000 euro). Le ragioni di questo fenomeno analizzate da Igor Pellicciari, ordinario di Relazioni internazionali all’Università di Urbino
In periodi di incertezza, reale o percepita, la classe media a reddito fisso è più sensibile al riemergere di preoccupazioni striscianti sull’impatto delle crisi di turno sul proprio tenore di vita.
L’investitore di ieri si trasforma nel risparmiatore di oggi.
L’ambizione di fare fruttare i propri capitali è soppiantata dalla paura di perderli.
Come è naturale, l’orientarsi cauto e razionale a tutela dei risparmi genera timore di commettere errori; sentimento opposto all’adrenalina che accompagna lo slancio verso alti rendimenti ad altissimo rischio.
La scelta di un investimento aggressivo ha una componente emozionale assente in quella dei beni rifugio. Al contrario, ben ponderati e non lasciati al caso.
I Media danno ovviamente ampio spazio alla questione, occupandosi di strumenti finanziari come le Cripto-valute in maniera non proporzionata alla loro reale diffusione. Con raffigurazioni romanzate lontane dalle scelte degli investitori e, ancora più, dei risparmiatori.
L’affermarsi oggi dell’idea stessa di un denaro digitale va di pari passo alla cronica perdita di riferimenti certi sul peso delle monete tradizionali, appesantite da continue immissioni nel sistema finanziario di quantità enormi di liquidità.
Il paradosso è che questa nuova massa di denaro non ne ha diminuito ma invece aumentato il valore percepito, per via della scarsa circolazione e disponibilità di risorse andate a ripianare mastodontici buchi dell’epocale crack mondiale del 2008.
Non meraviglia che nella nebbia finanziaria che ne deriva, pure monete virtuali possano avere un valore determinato non da parametri reali ma da una diffusa accettazione degli investitori.
Al di là di immagini suggestive simili a leggende metropolitane, in pochissimi hanno maneggiato Cripto-valute né sanno come farlo e a chi rivolgersi, se del caso. Né sono di aiuto servizi giornalistici privi di informazioni concrete che trattano del tema con tagli generici di rubriche di costume e società.
La mistificazione di queste cronache risalta davanti ai veri trend di investimento in settori quasi ignorati mediaticamente.
Un esempio emblematico lo da la esplosione che ha investito il mercato degli orologi di lusso nel segmento del nuovo e ancora di più del vintage (termine elegante per riferirsi all’usato).
Limitatamente ad alcune case costruttrici (in primis Rolex, Patek Philippe e Audemars Piguet) e ad alcuni modelli (per lo più sportivi), i volumi mossi sono diventati enormi ad opera di un esercito di investitori individuali, talmente numerosi da rendere impossibile un loro censimento anche approssimativo.
Da sempre mercato interessante ma di nicchia, l’essere oggi fenomeno di massa con rivalutazioni medie del 200\300% e punte dell’800% è indicativo anche di aspetti controversi, che dicono della reticenza del mainstream a occuparsene.
L’imporsi dell’orologio come bene rifugio per eccellenza non si spiega con il solo fatto che sia investimento a basso rischio e accessibile anche a capitali limitati (sotto i 10.000 Euro), con poche alternative disponibili.
Nella digitalizzazione bancaria globale, trasparenza e circolazione dei dati, verifica della provenienza dei capitali e dell’imposizione fiscale assolta, l’orologio vintage è diventato valida soluzione alle esigenze di spesa e di trasporto non tracciabili di denaro contante per importi ben al di sopra dei rigidi limiti imposti per legge.
Inoltre, basta una sola visita al sito www.Chrono24.com per vedere un mercato animato da attori singoli che si muovo in autonomia e fuori dai circuiti tradizionali, in rapporti binomici chiusi commerciante-cliente, fuori dalla mediazione del Mondo della Finanza. Ai cui costi di funzionamento contribuiscono i proventi di servizi addebitati ad un’infinità di piccoli traders.
Illusi di essere investitori ma trattati da consumatori.
È comprensibile che i Media, spesso legati a gruppi con ingenti interessi finanziari, non diano visibilità e incentivino un tipo di investimento popolare fai-da-te, non vantaggioso per i propri editori e\o azionisti di riferimento.
Infine, forse il segnale più preoccupante del successo dell’orologio è di tipo sistemico macro-economico e proietta una sinistra anticipazione del futuro di stagflazione che molti analisti hanno previsto per l’Occidente. Ancora prima che la guerra in Ucraina peggiorasse una situazione già grave.
Come quando in un treno fermo che si rimette in marcia, si ha l’illusione ottica che a muoversi sia la stazione stessa, così dietro all’impennarsi del costo degli orologi non vi sarebbe un loro apprezzamento ma un meccanismo inflattivo di pesante perdita di valore del denaro.
Potrebbe essere il segnale che, in una sorta di tempesta perfetta, ai conclamati fattori di crisi esistenti si stia per aggiungere il riversarsi incontrollato nell’economia reale, con l’impatto di uno tsunami, della montagna di liquidità immessa “virtualmente” dal 2008, rimasta finora ammassata nel sistema finanziario.
Comunque vada, la certezza è che anche in futuro per la classe media il vero Bitcoin sarà un Rolex.