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Lo strano divorzio tra Occidente e Russia. Da Renault a McDonald’s

Renault, Unicredit, Citi, McDonalds. Non sono solo divorzi eccellenti dopo 30 anni di presenza nell’ex Urss ma nazionalizzazioni a mano armata con le quali Mosca mette le mani sugli asset lasciati da chi con la Russia non vuole avere più nulla a che fare

 

C’è chi rimane, chi se ne va con armi e bagagli e chi fa fagotto ma si lascia dietro un pezzo della propria storia. La Russia ai tempi dell’invasione dell’Ucraina è terra di addii, a volte anche precipitosi e senza troppi preamboli. Formiche.net ha spesso raccontato la grande fuga delle tante aziende occidentali che dai tempi della disintegrazione dell’Urss avevano portato le proprie attività nella Federazione. Ora, il grosso di esse, a cominciare dai costruttori di auto e dalle grandi banche, ha tolto le tende e salutato Mosca, abbandonando un pezzo del proprio business.

Questa però è solo una parte della storia. L’altra metà racconta infatti il lento prendere forma di una politica industriale tutta russa ed estremamente aggressiva, che sembra stia sfociando in uno shopping compulsivo. Ovvero, mettere le mani sugli asset di quelle imprese che non possono avere più nulla a che fare con il Cremlino. Mesi fa si era parlato, il conflitto in Ucraina era appena esploso, di nazionalizzazioni a mano armata, quasi degli espropri. In fin dei conti è quello che sta accadendo, con la sola differenza, forse puramente formale, che a monte c’è una qualche idea di trattativa commerciale.

Ci sono almeno un paio di casi, eclatanti, che descrivono un fenomeno di nazionalizzazione su larga scala, più o meno amichevole che sia. Il primo riguarda Renault, uno dei principali costruttori europei, che in queste ore ha deciso di rinunciare a tutte le sue attività in Russia. In particolare, il consiglio di amministrazione della multinazionale francese ha approvato all’unanimità la cessione della totalità delle azioni in Renault Russia al governo della Città di Mosca e della sua partecipazione del 67,69% in Avtovaz all’Istituto Centrale Ricerca e Sviluppo Automobili e Motori (il Nami).

Alla nota stampa del costruttore transalpino ha fatto seguito quella del ministero dell’industria e del commercio di Mosca, in cui si conferma che “sono stati firmati accordi per il trasferimento di asset russi dal gruppo Renault alla Federazione Russa e al governo di Mosca”. Dalle parole del ceo della casa automobilistica traspare tuttavia una certa amarezza, che certamente non depone a favore di un’operazione del tutto amichevole. “Abbiamo preso una decisione difficile ma necessaria e stiamo facendo una scelta responsabile nei confronti dei nostri 45.000 dipendenti in Russia, preservando le prestazioni del gruppo e la nostra capacità di tornare nel Paese in futuro, in un contesto diverso”.

Altro giro, altra azienda. Unicredit, che proprio pochi mesi fa era a un passo dal comprarsi Otkritie, una delle principali banche dell’ex Urss, aumentando la propria presenza in Russia. Tutto finito, tutto passato. L’istituto guidato da Andrea Orcel, insieme all’americana Citigroup stanno lavorando all’ipotesi di uno scambio di asset (asset swap) con istituzioni finanziarie russe. Unicredit, ha scritto il Financial Times, avrebbe già ricevuto diverse offerte da istituzioni finanziarie russe per l’acquisto della sua filiale locale da quando Orcel ha dichiarato a marzo che l’istituto sta valutando la possibilità di uscire dal Paese.

Di più. La stessa banca italiana avrebbe addirittura ricevuto un’offerta per la sua controllata in Russia da Interros Capital, la società di investimento di Vladimir Potanin, uno degli uomini più ricchi della Russia e un oligarca che non è stato sanzionato da Stati Uniti, Gran Bretagna e Unione Europea. Mentre la francese Société Générale ha già accettato di vendere la sua controllata russa, Rosbank Pjsc, proprio a Interros Capital.

Dalle auto, alle banche fino agli hamburger, con l’addio di MacDonald’s, che dopo 32 anni McDonald’s di onorata presenza esce dalla Russia. La società statunitense ha infatti annunciato la vendita di tutte le sue attività nel Paese a un acquirente locale. La mossa costerà Mc Donald’s una perdita tra 1,2 e 1,4 miliardi di dollari. Una volta finalizzata la vendita delle attività, le sedi non potranno più utilizzare il nome, il logo o il menù del colosso dei fast-food. La catena di rivenditori di hamburger aveva tuttavia già chiuso temporaneamente i suoi punti vendita in Russia. Ora, la partenza, definitiva.



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