Fino a quando la società non dichiarerà il numero effettivo degli account fake, le trattative saranno congelate. È chiaramente una scusa ma non un capriccio: con gli attuali prezzi del Nasdaq, i 44 miliardi per Twitter sono diventati improvvisamente un’enormità. Musk sta ragionando da investitore sensato
L’operazione Musk-Twitter non può andare avanti fino a quando la società non chiarirà quanti account falsi sono presenti sulla piattaforma. Lo ha scritto sul proprio profilo il diretto interessato, Elon Musk, specificando come il numero degli utenti fake non deve superare il 5%. La sua sensazione, tuttavia, è che ammontino ad almeno quattro volte tanto quelli dichiarati dalla società. La polemica è nata venerdì, quando il proprietario di Tesla ha minacciato di mandare tutto all’aria, e si è rinfocolata ieri, con il ceo Parag Agrawal che si è rifiutato di svolgere questa operazione di controllo.
“Innanzitutto, permettetemi di affermare l’ovvio” ha dichiarato il numero uno dell’azienda. “Lo spam danneggia l’esperienza di persone reali su Twitter e quindi può danneggiare la nostra attività. Per questo, siamo fortemente incentivati a trovare e rimuovere quanto più spam possibile, ogni singolo giorno. Chi suggerisce il contrario ha semplicemente torto”. Da quanto ha spiegato Agrawal, quotidianamente vengono sospesi circa 500 mila account falsi, mentre altri milioni di sospetti vengono bloccati ogni settimana. “Purtroppo”, ha aggiunto, “non riteniamo che questa stima specifica possa essere eseguita esternamente, data la necessità di utilizzare informazioni sia pubbliche che private (“che non possiamo condividere”).
In questo modo, ha confutato la tesi di Musk che aveva appunto suggerito la possibilità di un’indagine esterna per confermare quanto dichiarato da Twitter. E, si sa, Musk non è uno che accetta i rifiuti col sorriso: sotto il post di Agrawal, ha pertanto lasciato l’emoji raffigurante una cacca come risposta.
💩
— Elon Musk (@elonmusk) May 16, 2022
Per il capo di SpaceX è fondamentale capire il numero esatto di bot presenti sulla piattaforma. Su quella che potrebbe diventare la sua creatura, Musk ha già chiarito come vuole solo “real humans”, che possano esprimere la loro opinione liberamente. La presenza di account falsi, in un sistema dove vige il free speech, potrebbe aumentare a dismisura il rischio di disinformazione sui social, che già rappresenta una piaga non da poco. Purtroppo, scovarli tutti è molto complesso, anzi quasi impossibile. “L’uso dei dati privati è particolarmente importante per evitare di classificare erroneamente utenti che sono effettivamente reali”, ha ricordato Agrawal.
Soprattutto, è sembrato alquanto sorpreso dell’ennesima stoccata lanciata da Musk. Con lui, “abbiamo condiviso una panoramica del processo di stima una settimana fa e non vediamo l’ora di continuare il confronto con lui”. Insomma, Musk sapeva ma non si fida e, come è solito in queste occasioni, lo dichiara al mondo intero. Come, ad esempio, con la decisione di voler interrompere le trattative, o perlomeno rinegoziarle. “Non è fuori questione”, ha detto nel corso di una conferenza a Miami rispondendo a una domanda di un ricalcolo dell’offerta – ovviamente al ribasso – che ha subito messo in allerta il mercato e facendo perdere l’8% alle azioni di Twitter. Questa uscita però gli è costata un richiamo da parte dei vertici della società, che lo hanno accusato di aver violato l’accordo di riservatezza.
Questioni che comunque non dovrebbero mettere a rischio l’accordo, che Agrawal si aspetta di riuscire a chiudere pur “preparandoci a tutti gli scenari”. Anche a quello che Musk si alzi davvero dal tavolo delle trattative per non risedersi più. La diatriba infatti rafforza il dubbio che il tycoon sudafricano non voglia davvero chiudere l’affare ma, mentre le altre polemiche potevano essere condizionate dai suoi capricci o da dichiarati principi libertari, questa volta il ragionamento di Musk è da vero imprenditore.
Qualche mese fa, nel momento in cui ha iniziato a rastrellare azioni, il valore di Twitter era notevolmente più alto di oggi. Il titolo continua a perdere terreno, ma paradossalmente è tenuto artificialmente più alto proprio in virtù dell’operazione di Musk, che se andrà in porto garantirà 54,20 dollari ad azione.
Solo che nel frattempo è l’intero comparto tecnologico ad essere in grave difficoltà, a causa dell’inflazione e dal rialzo dei tassi, che ha reso i titoli azionari meno appetibili; dalla prolungata interruzione della catena di approvvigionamento dall’Asia, con la Cina flagellata dalla strategia zero Covid; dalla voglia di “vita reale” delle persone che dopo oltre due anni di pandemia non dedicano lo stesso tempo ai passatempi digitali. Così, circa metà delle azioni del Nasdaq sono crollate oltre 50%, un quarto oltre il 75% e una piccola parte (il 5% del totale) addirittura oltre il 90%.
Se l’offerta per Twitter fosse presentata oggi, quei 44 miliardi di dollari sarebbero un’enormità. Per questo, sia rinegoziare, sia pagare un miliardo di penale – così come previsto dall’accordo se una delle due parti decide di ritirarsi – e tornare fra qualche tempo con un’offerta allineata al reale valore della piattaforma, potrebbe essere molto più conveniente per Musk rispetto ad un’acquisizione monstre come quella che sta per sottoscrivere. Sempre che sia ancora interessato.