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Referendum, le previsioni di Cazzola per il 12 giugno

Quali sono le previsioni per il 12 giugno? La stragrande maggioranza degli osservatori è convinta che sia impossibile raggiungere il quorum strutturale per la validità della consultazione e sappiamo per esperienza che, nei referendum, gli elettori votano con i piedi…

Ho sottoscritto tutti i quesiti referendari sulla giustizia e il 12 giugno voterò Sì per ognuno di essi. La mia è una scelta di campo, politica ed etica, perché sul piano tecnico-giuridico – a parte quello che chiede l’abrogazione tout court della legge Severino che da deputato mi rifiutai di votare – i quesiti, se approvati, non porteranno tutti gli esiti che promettono, perché quando si manipolano le leggi, usando il bisturi sulle frasi e le parole, per cambiare il senso delle norme, non sempre le cose vanno nella giusta direzione.

Ne è prova il quesito (giustamente bocciato dalla Consulta) che pretendeva di introdurre nell’ordinamento il c.d. suicidio assistito mediante una sorta di depenalizzazione dell’omicidio del consenziente. Tutto ciò premesso, a poche settimane dal loro svolgimento, i referendum sono usciti dai radar del dibattito politico. Uno dei due partiti promotori, la Lega, li ha abbandonati come un cane in un’autostrada. È vero che la guerra in Ucraina ha fatto tabula rasa di ogni altro argomento. Nessuno poteva pensare che si sarebbe votato nel mezzo di evento tanto grave e denso di implicazioni sulla vita di tutti i giorni come l’invasione e la devastazione dell’Ucraina.

Tuttavia, anche se una guerra è un fatto eccezionale e imprevedibile, sta nella ratio e nella stessa disciplina del referendum abrogativo il produrre i suoi effetti in un tempo diverso da quello in cui si raccolgono le firme. Ne deriva che, al momento del voto, l’elettorato – che non è in grado di compiere una scelta di carattere tecnico-giuridico soprattutto in materie complesse come l’ordinamento della giustizia – è influenzato da ciò che avverte e percepisce nel momento in cui si reca al seggio e varca la soglia della cabina elettorale.

Ecco perché i referendum sono strumenti di democrazia diretta da usare con cautela, perché nessuno è in grado di sapere che cosa succederà all’atto del loro svolgimento. La politica è mutevole, fluida e spietata soprattutto quando l’elettorato è disorientato e cambia indirizzo in breve tempo come adesso. Quali sono le previsioni per il 12 giugno? La stragrande maggioranza degli osservatori è convinta che sia impossibile raggiungere il quorum strutturale per la validità della consultazione. Sappiamo per esperienza che, nei referendum, gli elettori votano con i piedi. Si recano al seggio coloro che – a seconda dei casi – sono attivi per il sì o per il no. Gli altri trovano più utile agire sul mancato quorum, aggiungendosi ai renitenti al voto.

È molto improbabile che queste previsioni si rivelino sbagliate a spoglio avvenuto. E allora sarebbe giusto fare conto del senno del poi. In un momento in cui l’ordinamento giudiziario versa in una situazione di difficoltà per tanti motivi divenuti palesi: l’azione eversiva delle procure, gli errori giudiziari, gli intrallazzi tra le correnti, le lotte di potere, gli abusi della libertà dei cittadini, la connivenza con i media per distruggere le persone prima delle indagini e del processo e quant’altro; nel momento in cui fallisce uno sciopero dei magistrati contro i poteri del Parlamento e in opposizione a quelle leggi che saranno tenuti ad applicare; mentre succede tutto questo il referendum compie un salto nel vuoto perché non riesce neppure a realizzare il quorum.

Non si trasformerà un esito siffatto in un argomento a favore e a sostegno di quel sistema giudiziario denunciato da saggi recenti di chi ne è stato per anni protagonista delle sue deviazioni? Quando partì l’iniziativa referendaria io avvertii subito quale sarebbe stato il problema. Si trattava di una battaglia contro il giustizialismo che è una componente intrinseca del populismo, del qualunquismo e dell’antipolitica che hanno dominato la scena negli ultimi decenni. Un avversario molto forte, dunque, per di più usato come strumento di lotta politica di una parte contro l’altra. Non è un caso che nel Pd prevalga l’indicazione di votare No.

Ogni tanto viene il momento in cui i debiti vanno saldati. Da questa vicenda viene un monito ai partiti “normali”: guai a farsi catturare dalla pratica referendaria dei Radicali (a cui vanno comunque riconosciuti tanti meriti). Ai Radicali non interessa vincere i referendum; a loro basta che si svolgano, perché un partito che nelle sue diverse espressioni non è propenso a partecipare alle elezioni e che, quando lo fa, raggiunge quote modeste di consenso, ottenere, nei referendum, milioni di voti sulle loro proposte (pure se non superano il vaglio del quorum) rappresenta comunque una vittoria impossibile da conseguire altrimenti.



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