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La pace piace? La (inutile) zuffa dietro il piano italiano

Prosegue il giallo dietro il piano di pace italiano. Roma fissa l’end-game degli aiuti alla resistenza ucraina: la guerra deve finire. Dubbi e tensioni sia a Mosca che a Kiev. Verso il Consiglio europeo con una risoluzione che non mette d’accordo tutti

A chi piace il piano di pace dell’Italia? Dietro le quinte della guerra russa in Ucraina tiene ancora banco il giallo del piano consegnato dal ministro degli Esteri Luigi Di Maio al segretario generale dell’Onu Antonio Guterres a New York, una settimana fa.

Il documento, svelato da Repubblica, prevede una roadmap di quattro punti per fermare l’invasione russa: un immediato cessate-il-fuoco, una garanzia di neutralità per l’Ucraina, un accordo per lo status del Donbass e della Crimea e un patto per la sicurezza europea. Finora è circolata una bozza, ma tanto è bastato per aprire un caso diplomatico. Sia Russia che Ucraina hanno reagito con freddezza alle proposte italiane, per motivi opposti.

Da Mosca è stato un valzer continuo. Prima l’attacco frontale del falco Dmitry Medvedev e di Maria Zakharova, dunque l’apertura del portavoce di Vladimir PutinDmitry Peskov. Infine, questo giovedì, l’affondo del ministro degli Esteri Sergei Lavrov contro Di Maio: “I politici seri che vogliono ottenere risultati e non sono impegnati nell’autopromozione di fronte al loro elettorato non possono proporre questo genere di cose”.

Da Kiev invece non accettano di definire come obiettivo principale un “cessate-il-fuoco” immediato. Perché, mentre l’offensiva russa procede con più violenza ed efficacia nel Donbas – Severodonetsk è ormai accerchiata e buona parte del Mar d’Azov è sotto il controllo russo – cessare il fuoco significa riconoscere lo status quo, né più né meno. Tradotto: rinunciare una volta per tutte al Donbas e ai territori occupati nel Sud-Est dell’Ucraina.

Un compromesso irricevibile, ha tuonato questa notte il presidente ucraino Volodymyr Zelensky scagliandosi contro “editoriali asintomatici” sui media occidentali che invitano ad “accettare i cosiddetti compromessi difficili rinunciando al territorio in cambio della pace”. Dubbi ribaditi dal presidente della Commissione Esteri del Parlamento ucraino, Oleksandr Merezhko, in un’audizione di fronte alla Commissione Esteri della Camera. “Il piano presenta punti interessanti – ha esordito – ma accettare la perdita di territori per la pace è una situazione pericolosa”. Non convince neanche il prospetto di un’Ucraina ufficialmente neutrale: “Non capisco, abbiamo già avuto questo status e non ci ha salvato dall’aggressione della Russia. C’è un impero enorme che vuole occuparci, non si può essere neutrali quando si ha come vicino un maniaco pericoloso”.

Su un punto Mosca e Kiev sembrano concordare: allo stato attuale della guerra sul campo, a nessuno dei due conviene sedersi ai tavoli negoziali. Ma il piano di pace italiano ha implicazioni anche per il fronte non belligerante: cioè l’asse Europa-Stati Uniti che sostiene la resistenza ucraina dall’esterno e vuole mettere al tappeto l’economia russa. Se gli aiuti americani non sono in discussione – il provvedimento Lend-lease, che stanzia per Kiev 40 miliardi di dollari, di cui 20 in forniture militari, è passato al Congresso con un’ampissima maggioranza – diverso è il caso europeo.

Riflettori puntati sul Consiglio europeo straordinario del 30 e 31 maggio a Bruxelles. Sul tavolo anzitutto le sanzioni a Mosca: difficile che si riesca già a ottenere un accordo sul bando del petrolio russo, ostacolato, fra gli altri, dall’Ungheria di Viktor Orban, anche se fonti diplomatiche dell’Ue assicurano che un pacchetto sull’”oro nero” russo è più vicino di quanto si pensi. Il Consiglio dovrà comunque chiudersi con un comunicato congiunto che farà da termometro di umori e malumori nel consesso europeo.

Venerdì la riunione dei rappresentanti permanenti a Bruxelles, il Coreper, ha messo in chiaro che sull’end-game della guerra in Ucraina non c’è una posizione comune. Secondo Reuters l’Italia, sostenuta solo da Cipro e Ungheria, avrebbe proposto di inserire nel testo finale la necessità di un “cessate-il-fuoco” immediato. Versione smentita dalle parti della Farnesina. La proposta, peraltro sostenuta apertamente anche da Belgio e Grecia, sostengono fonti vicine al dossier, è stata semmai di inserire l’espressione “peace-perspective” (“prospettiva di pace”): cioè riconoscere che il fine ultimo del sostegno inviato a Kiev – economico, finanziario, umanitario, militare – non è la continuazione della guerra ma la sua interruzione.

Quale che sia il compromesso raggiunto nel testo il piano italiano ha almeno il merito indiretto di “stanare” le posizioni di quei partner europei, oltre che di Ucraina e Russia, rimasti a lungo nella penombra. Un sasso per smuovere le acque dello stagno: anche questa è diplomazia.

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