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Ucraina, la lunga guerra moltiplica i danni collaterali

A tre mesi dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina i primi bilanci del conflitto evidenziano anche le crescenti conseguenze dei danni collaterali, a cominciare dall’emergenza energetica. Gianfranco D’Anna sottolinea anche le evoluzioni dei rapporti internazionali determinati dall’impatto dell’embargo del petrolio russo

Mai come in Ucraina i bilanci dei primi tre mesi di invasione russa vengono delineati con tanta precisione dalla matematica. Assieme al computo del massacro di soldati di entrambi gli eserciti e dei civili ucraini, che finora si aggira complessivamente sulle 70 mila vittime, e ai danni incalcolabili di città e infrastrutture, molte delle quali rase al suolo, la scienza dei numeri fornisce anche le proiezioni sugli sviluppi di un conflitto che, mutando la cifra iniziale o il numero degli zeri può prolungarsi da 300 ad oltre mille giorni.

Gli spietati algoritmi della guerra prefigurano quella che nel rugby viene definita una mischia chiusa, una serie di scontri di posizione con continui tentativi di aggiramento con reparti corazzati e bombardamenti d’artiglieria e di missili. Piccole e grandi battaglie che hanno come obiettivo quello di impedire la progressione territoriale e la conquista di posizioni di forza da parte del nemico.

In altri termini una guerra di posizione e di logoramento fra il Donbass, Slovyansk, Kramatorsk ed il Dnpr, che impegnerà l’armata russa già al massimo della spinta offensiva e le forze ucraine continuamente rifornite dall’Occidente di armamenti sofisticati e batterie missilistiche a corto raggio in grado di arginare un’avanzata moscovita diventata sempre più onerosa e difficile da sostenere per le perdite esponenziali di soldati e di mezzi.
L’intelligence militare britannica conferma infatti che la Russia ha attenuto un consolidamento tattico delle posizioni in Donbass “pagando un prezzo significativo in termini di risorse” e “dovrà continuare a investire massicciamente nelle risorse umane e materiali e ciò richiederà probabilmente altro tempo”.

Un’ulteriore conferma dell’evoluzione del conflitto in guerra di posizione viene da una notizia dal Cremlino e dall’analisi dell’intelligence americana citata dal Washington Post.

La notizia riguarda la clamorosa e soprattutto misteriosa sostituzione, (a causa del ferimento o di una faida fra vertici militari?) dopo appena due mesi dall’insediamento del generale Aleksandr Dvornikov, acclamato come uno dei più spietati strateghi dei massacri in Siria, dal Comando delle truppe d’invasione in Ucraina. Al suo posto sarebbe stato nominato il generale Gennady Zhidko, ex comandante del distretto militare orientale e viceministro della difesa di Mosca, neanche a dirlo fedelissimo di Putin.

L’analisi dell’intelligence riportata dal quotidiano della capitale Usa riferisce che il Presidente russo è convinto che l’Occidente “si esaurirà” nella lunga guerra di attrito in Ucraina. L’esitazione di alcuni Paesi, in particolare dell’Ungheria, è considerata dal Cremlino come una indicazione della prossima perdita di unità dell’Europa per contrastare l’invasione russa dell’Ucraina, a causa dell’aumento globale dei prezzi dell’energia. Anche se non si comprende cosa se ne farà Mosca dei territori conquistati ma totalmente distrutti e inagibili, è un’analisi perfida, ma esatta. Tanto è vero che per scongiurare un aumento incontrollato del prezzo del petrolio, la Casa Bianca ha messo da parte l’anatema sui diritti umani scagliato contro il Principe ereditario Mohammed bin Salman ritenuto il mandante del barbaro assassinio nel 2018 del giornalista Jamal Khashoggi.

Entro giugno il Presidente americano Joe Biden si recherà dunque nella capitale saudita e tratterà personalmente un congruo aumento della produzione di greggio per sopperire le richieste dei mercati in seguito all’embargo del petrolio russo ed evitare uno shock energetico e insieme finanziario.

Assieme all’azzeramento dei piani internazionali d’intervento ambientale per scongiurare i catastrofici effetti del cambiamento climatico, dopo il venezuelano Maduro, l’erede di Chavez autoproclamatosi il continuatore dell’antiamericanismo di Fidel Castro, bin Salman è il secondo signore del petrolio che viene “graziato” per i terribili e comprovati crimini commessi. Oltre a quelli compiuti direttamente in Ucraina, e alla deriva del clima, la guerra contro Kiev scatenata dalla Russia, insomma, sta entrando nel fiore dei peggiori danni collaterali…

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