Domenica un attacco alla Chiesa di San Francesco a Owo, nello stato di Ondo in Nigeria, ha provocato moltissime vittime tra i fedeli. Una terribile strage non rivendicata ancora. Riccardo Cristiano ne ha parlato con padre Giulio Albanese, missionario comboniano dal lunghissimo servizio in Africa
Padre Giulio Albanese in queste ore non riesce a staccarsi dal telefono. Missionario comboniano dal lunghissimo servizio in Africa, viene ricordato dai giornalisti di tutto il nostro Paese in quei pochi giorni dell’anno in cui l’Africa fa notizia. E oggi è uno di quelli. E per chi come lui sa che l’Africa fa notizia tutti i giorni, non solo dopo una strage di cristiani, ma mai di musulmani, parte proprio da qui per farci capire. E la prima comprensione è che quanto appena detto, e cioè che cosa faccia notizia come noi lo sanno anche loro, gli autori delle stragi. Se si vuole liberare un territorio da una popolazione musulmana o animista fastidiosa si può agire senza il timore di destare attenzione, tutto sarà semplice, ma se si vuole richiamare l’attenzione del mondo occorre procedere diversamente, colpendo i cristiani e soprattutto le Chiese.
A questa premessa padre Giulio Albanese fa seguire un chiarimento importante: per farlo però occorre un motivo. Soprattutto in un Paese gigantesco come la Nigeria, con 200 milioni di abitanti, questa premessa metodologica va affiancata da una di merito. Oggi tutti si chiedono come mai si sia giunti così a sud, in uno Stato notoriamente e largamente cristiano. Quindi è evidente che non si è cercata la minoranza cristiana, non si è agito contro di loro in quanto cristiani. Questo accade altrove, in altri territori dove i cristiani sono pochi, o relativamente pochi, o molto pochi. Ma nel profondo sud cristiano, a poca distanza da Lagos… Lì i cristiani ci sono da sempre, sono tanti, sono la popolazione di lì e quindi l’azione appare diversa.
Premesso che nessuno l’ha rivendicata e questo sembra escludere piste “tradizionali”, padre Giulio Albanese ragiona su quel che si sa. Si sa che è diffuso il problema dell’appropriazione indebita di territori e si sa che il governo locale ha preso una linea molto netta al riguardo, a tutela della proprietà, dei contadini. È questo il bandolo giusto? Lui non lo sa ma deduce da quel che si dice che la popolazione nomade dei fulani, che origina nel nord dell’Africa, dalle parti della Mauritania, dedita alla pastorizia, si spinge sempre più a sud nella ricerca di pascoli.
La diffusa appropriazione di territori potrebbe indicare che sono giunti fin dove non si erano mai spinti. Mentre la popolazione locale, residente nel sud della Nigeria, è dedita all’agricoltura, i pastori che arrivano alla ricerca di pascoli ne occupano le terre e questo crea uno scontro come ormai è noto da tempo. Ma il cammino di questi nomadi, di questi pastori, ormai è arrivato fin laggiù? Può essere! E allora ciò che emergerebbe sarebbe una pista, la pista dell’attacco al potere locale. Vi colpiamo nel luogo che dà più risalto globale alla nostra azione per dimostrare al mondo che c’è un problema e che voi non sapete garantire lo Stato di diritto. È questo il punto, l’oggetto che ha provocato un’odiosa carneficina di fedeli mentre pregavano?
Il ragionamento sembra seguire un filo logico, che ci guida in una disputa molto diversa da quella che ci è più facile immaginare. Ma manca un tassello. Perché spingersi fin laggiù? Perché arrivare dove non si era mai giunti?
Per padre Giulio Albanese, che raccomanda più volte di considerare come ipotesi ciò che nessuno può dire per certo perché non emergono né rivendicazioni né piste d’indagine, il discorso sembrerebbe, se fondato, avere una sola causa evidente: i mutamenti climatici.
I pastori nomadi che cercano pascoli dove vanno? Dove piove. Cioè vanno dove si trovano terre non aride, ma idonee al pascolo. Ma se i mutamenti climatici espandono le zone di aridità, se le piogge si allontanano, se le terre utili alla pastorizia sono “laggiù”, cosa faranno? Andranno fin laggiù, dove non sono mai andati.
La contesa è una contesa di vita o di morte e le bande armate in Nigeria si formano nel breve arco temporale che va tra la sera e la mattina. Dunque perché escludere? Di sicuro, come il suo confratello Onaiyekan, cardinale di fama mondiale che per anni ha incarnato il cattolicesimo nigeriano, esclude che la strage di Pentecoste sia l’ennesima tappa di guerra di religione che non vede.