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Come affrontare la prova scritta di italiano. I consigli del preside Ciccotti

La prova di italiano bandita per via del Covid-19, negli anni scolastici 2019-2020 e 2020-21, fu scelta infelice. Ora è tornata, come Lassie. E qualcuno neanche quest’anno la voleva. Ecco alcuni consigli su come affrontare la prova scritta, con qualche considerazione ironica, del comparatista, accademico e preside Eusebio Ciccotti

Cari diplomandi,

tra pochi giorni vi troverete di fronte alla prova scritta di italiano. Per due anni il saggio o il tema era stato mandato in vacanza anticipata causa Covid-19. La motivazione ufficiale era che non avendo, voi studenti, avuto la possibilità di frequentare regolarmente due anni scolastici, il 2019-2020 e 2020-21, non eravate in grado di affrontare neanche un tema.

Il tempo, a chi vorrà, documenti alla mano, stabilirà la verità storica circa i “due anni di didattica a distanza”. Ricordiamo al volo che nell’anno scolastico 2019-2020 la scuola va in dad a partire dal 6 marzo 2020. Quindi si perdono, escludendo la settimana di Pasqua, il ponticello del primo maggio 2020, 10 settimane. Ma l’anno scolastico da settembre 2019 a marzo 2020 era stato regolare. Nell’A.S. 2020-21, la scuola riapre a settembre e molti istituti sono in presenza, la maggioranza in dad. Da novembre 2020 si chiude di nuovo sino alla seconda metà di gennaio 2021, quando si rientra in classe a orari sfalsati. Dal settembre 2021 siamo tutti in presenza. Quindi smettiamola con “la scuola schiusa per i due anni di Covid-19”.

Il non aver fatto svolgere la prova scritta di italiano, nel giugno 2020 e nel giugno 2021, neanche un temino (Formiche.net,  21/02/2021,  “Caro Dante, niente tema”) è stata una scelta infelice. Una opzione dettata non da motivazione didattica ma di altro genere. E contraddittoria. Affermare che i diplomandi, nel giugno 2020 e giugno 2021, non fossero in grado di svolgere neanche un tema per via della dad nei “due anni di Covid-19”, mostrava involontariamente e drammaticamente, a chi volesse vederla, la terremotata situazione della scuola in Italia e della educazione dei nostri figli.

1) Se per pochi mesi di dad i nostri studenti non sono in grado di redarre un tema, significa che tredici anni di formazione sono fasulli. E allora bisogna interrogarsi sulla efficacia formativa del nostro sistema scolastico. Una scuola che va ripensata nei programmi e nella didattica da chi vi lavora ogni giorno, non da docenti universitari i quali svolgono egregiamente un mestiere simile ma diverso. 2) Che i lavori svolti in dad non erano originali. Ossia, diversi studenti, non tutti, da casa, copiavano a più non posso, e affidavano lo svolgimento dei loro “compiti” a terzi (magari a pagamento, al “prof ripetitore” ), coperti spudoratamente dai genitori (quindi siamo un popolo che inizia a barare sin dalla adolescenza. Non meravigliamoci poi della corruzione e delle mafie).

Cari ragazzi onesti, eccoci al 22 giugno, al foglio bianco davanti ai vostri occhi. Che sia una analisi di un testo o un “saggio” di carattere argomentativo i consigli sono sempre gli stessi. Tenete a mente i suggerimenti dei docenti. Fate tesoro delle correzioni che i vostri insegnanti hanno apportato alle vostre prove di italiano durante l’anno.

Inutile che vi ripeta i consigli presenti in internet. Quali l’articolare il compito di italiano in “introduzione”, “sviluppo”, e “conclusioni”.  Ogni testo dovrebbe seguire tale strutturazione. Il procedimento classico è quello di inserire qualche riferimento storico relativo al tema, già nell’introduzione. E durante lo “sviluppo” se vi è una breve comparazione, ben venga, mostra padronanza nel gestire l’argomento trattato.

Ciò non toglie, però, che nell’incipit possiate entrare in medias res, ossia come il problema si configuri oggi. E, nel secondo paragrafo, inseriate un flash back storico, per rendere il racconto più coinvolgente per il lettore. Insomma, vi ricordate l’abbrivio folgorante di Lolita (1962) di Stanley Kubrick?  Rivedetevelo.

È necessaria la strutturazione in paragrafi con l’“a capo”. Ma attenzione! Qualcuno introduce l’“a capo” ogni due frasi, per allungare il brodo e “riempire” più fogli. Si va a capo, quando si introduce un nuovo argomento o un sotto-argomento o una diversa considerazione. Sconsigliate le inserzioni di carattere comparativo eccessivamente lunghe che spezzino il discorso e rendano l’inciso farraginoso.

Evitate la ripetizione di lemmi. Per accorgersi di eventuali insistite occorrenze leggete il testo ripetutamente, pausando mentalmente la lettura. Non cercare il sinonimo astrattamente, ma cambiare la frase, poiché la sostituzione di un lemma simile nel significato non è sempre automatica (a casa il Dizionario dei sinonimi e contrari) e sovente riguarda l’intera catena sintattico-semantica.

Passiamo alle “conclusioni”. Niente mattoncini-Lego del tipo “per concludere io penso che…”, “io credo che…”,  “dal mio punto di vista…”,  “io personalmente credo…”.

Se la prova di italiano, nonostante i vostri studi nell’ambito della lingua e cultura generale, non sarà eccellente, non abbattetevi. Difficile negare un diploma dopo “due anni di Covid-19 che hanno colpito tutti, soprattutto le nuove generazioni!”. Tutti gli intellettuali e i politici sono dalla vostra parte. Soprattutto a 11 mesi dalle legislative. Sappiate che con 5 in italiano nessuna carriera vi è preclusa. Segnatamente quella politica.



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