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Sturzo, la democrazia e il putinismo. Il commento di Ippolito

Vladimir Putin internet sovrano

In fin dei conti, al putinismo di coloro che sentono la necessità intellettuale di essere espressione di un dio-potere, è molto meglio preferire l’intransigenza e la durezza umile di Sturzo. Niente, infatti, è più importante della democrazia liberale, dello Stato di diritto e della libertà occidentale tanto odiati e combattuti dagli imperi orientali. Il commento di Benedetto Ippolito

Continua nel nostro Paese la polemica intorno ai diversi orientamenti presenti nell’opinione pubblica di fronte alla guerra in Ucraina. Ha fatto molto scalpore, in tal senso, la cosiddetta “lista di proscrizione”, pubblicata qualche giorno fa dal Corriere della Sera, nella quale sono elencati i nomi di alcuni personaggi che sarebbero dei punti di riferimento in Italia di condotte filorusse.

È bene tralasciare qualsiasi commento in merito all’opportunità editoriale. Più interessante è invece riflettere su questa presenza ideologica che c’è, discutendone l’opportunità.

È evidente, anche se vi sono state riserve in merito, che l’aggressione all’Ucraina da parte del governo Putin non si esaurisce nella tragedia che si sta consumando localmente, ossia nelle violenze perpetrate e nell’illegittimità dell’invasione. Siamo davanti ad un conflitto carico di un simbolismo che si pensava relegato negli archivi storici, che vede confrontarsi due visioni opposte di valori, quella occidentale (Stati Uniti e Unione Europea) e quella orientale (Russia, Cina, Iran, eccetera), difficilmente compatibili. Vi è, infatti, in gioco una dicotomia politica di principio che mostra, proprio attraverso questo conflitto, un disegno egemonico di violenza e sopruso, attuato da Mosca, in aperta ostilità con la sensibilità che noi europei abbiamo della vita umana e dell’ordine mondiale.

È difficile, insomma, negare che l’attacco della Russia si rivolga direttamente contro la concezione stessa che in Occidente abbiamo dell’umanità e della democrazia, evidenziando una combinazione di disvalori talmente sovversivi da far traballare i delicati equilibri etici e giuridici che definiscono la nostra stessa società.

Da questo punto di vista, l’adesione della Chiesa ortodossa alla politica espansionistica di Putin non è un fenomeno secondario, ma un primo segnale dirimente che marca il carattere assolutamente antioccidentale di questa specifica visione del mondo. Dare, infatti, la benedizione cristiana ad una teologia di dominio, addirittura leggendola come una campagna militare interna alla cristianità contro la decadenza morale della romanitas, e spacciando questo sermone per positiva finalità religiosa, è assolutamente contrario a quello che siamo, ben al di là della dualità tra Stato e Chiesa che costituisce la premessa maggiore di ogni visione cattolica, laica e liberale dell’Occidente.

Ebbene, restando ai soli fatti politici, è facile rendersi conto che ogni forma di monismo, e di assolutizzazione del potere e dell’autorità pubblica, costituisce già di per sé un programma antidemocratico inaccettabile. Il nazismo e il comunismo, ad esempio, sono stati sì prodotti della cultura occidentale, ma, appunto, in quanto espressioni radicali di quello che non vogliamo essere più, ossia azioni con le quali si è praticata la soppressione di ogni Stato di diritto e di ogni minimo riferimento alla libertà, alla solidarietà, alla convivenza reciproca tra le persone e alla democrazia.

Lo sappiamo: gli stessi termini assumono significati diversi secondo i casi. Ma se per democrazia intendiamo ciò che Luigi Sturzo affermava essere fondamentale in questo concetto, vale a dire uno Stato il cui potere è limitato, allora è evidente che la lotta contro Putin è una difesa sacrosanta della nostra civiltà occidentale, ben oltre il giudizio che possiamo dare sull’Ucraina e sul suo livello interno di democrazia.

D’altronde, proprio Sturzo, nel suo famoso Appello al Paese del 1919, affermò in modo chiarissimo che uno Stato può essere considerato democratico soltanto se non è uno Stato confessionale, se non è uno Stato panteista, se non è uno Stato assoluto, se non è uno Stato totalitario e se non è uno Stato onnipotente.

Anche dopo il ritorno dal suo esilio, dopo la caduta del fascismo che lo aveva costretto fuori dall’Italia, Sturzo ha criticato aspramente la gestione della nostra nuova Repubblica perché portatrice, a suo modo di vedere, di un’istanza troppo statalista e centralista, ereditata dal ventennio mussoliniano, e perciò molto pericolosa per la tenuta democratica dello Stato. Tale riserva allo “strapotere” si è manifestata anche nei riguardi della stessa Democrazia cristiana, e della linea politica impressa allora ad essa da Giuseppe Dossetti, Giorgio La Pira e Amintore Fanfani, giudicata da Sturzo diversa dal suo popolarismo e molto simile ad un modello socialista e comunista, sia pure di ispirazione cattolica.

Sicuramente, la lezione democratica di Sturzo resta anche ora dura e intransigente, ma, proprio per questo, fondamentale per capire il nostro presente, i rischi e le suggestioni antidemocratiche che sempre ritornano e si nascondono anche nella nostra cultura contemporanea, apparentemente così attrezzata e sicura di sé. Non stupisce, in specie, che tendenze filosovietiche incontrino a casa nostra i gusti di alcuni intellettuali perfettamente occidentali, testimoniando così, ancora una volta, la scarsa consapevolezza storica e filosofica di alcuni per ciò che siamo.

Al netto di tutto, la nostra idea europea di democrazia è incompatibile con la violenza e il dominio perché è antagonista proprio ad una concezione dello Stato, come quella putiniana, pensata come sovranità indiscutibile e illimitata, a cui è affidato un compito redentivo e una funzione semidivina. I poteri pubblici sono indispensabili, ma sono pur sempre mezzi modificabili, strumenti parziali che devono restare dentro il diritto, all’interno cioè di un ordine naturale di rapporti nel quale la persona umana e la società hanno un primato, e devono poter sviluppare in autonomia la loro realizzazione effettiva e le loro reciproche finalità, certo non fornite dalla volontà di un despota solitario.

In fin dei conti, non vi è bisogno di fare elenco di nomi o gridare allo scandalo se vi sono alcuni che non condividono un’idea antitotalitaria di democrazia, che non sentono come portante il valore sacro della persona e della sua libertà, auspicando, al contrario, che anche a casa nostra magari possa ritornare un autoritarismo più o meno conforme ad uno Stato etico, educatore di popoli e plasmatore di masse.

Con buona pace di tutti, uno Stato democratico non è uno Stato assoluto, non è un potere trascendente: è uno Stato umano, fragile, concreto, storico, magari perfino giudicabile decadente e disordinato, ma immune da ogni idolatrico culto divino della personalità. Questo è il prezzo, infatti, che si deve pagare per non essere soggiogati al sogno panteista e missionario di una sovranità assoluta che sarebbe invece il motivo distruttore dell’intera civiltà umana che abbiamo fin qui edificato attraverso passaggi costosissimi, lenti ed inesorabili.

In fin dei conti, al putinismo di coloro che sentono la necessità intellettuale di essere espressione di un dio-potere, è molto meglio preferire l’intransigenza e la durezza umile di Sturzo. Niente, infatti, è più importante della democrazia liberale, dello Stato di diritto e della libertà occidentale tanto odiati e combattuti dagli imperi orientali.


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