Secondo il professore emerito di Scienza Politica e accademico dei Lincei, il limite di due mandati elettivi per i parlamentari non è solo populista, ma anche illiberale e antidemocratico. Aprire su questo un serio dibattito all’interno del Movimento sarebbe una buona notizia
Il limite a due mandati elettivi per i rappresentanti del “popolo” in Parlamento e altrove non è soltanto una misura populista. È una misura sbagliata, illiberale (contro la libertà) e sostanzialmente anti-democratica. No, non esagero e, prima che mi si opponga, che esiste in altri contesti, ad esempio, in America latina, dalla Costa Rica al Messico, presento per esteso la mia argomentazione. Premessa: imporre un limite ai mandati dei capi degli esecutivi eletti direttamente dal “popolo” ha un senso molto diverso. Significa, se non impedire, quantomeno rendere molto difficili la costruzione e la manutenzione di reti di potere ad opera del sindaco, del governatore, del presidente. Nessun singolo parlamentare potrà mai essere assimilato al capo di un esecutivo né potrai ma accumulare tanto potere e esercitarlo direttamente.
Primo, il limite del doppio mandato è populista perché soddisfa le esigenze di una parte, difficile dire quanto grande, di elettori che nutrono la convinzione che i rappresentanti si fanno gli affari loro e non si occupano dei problemi della gente. Quindi, bisogna impedire loro di continuare nell’andazzo, fare finire la pacchia. D’altronde, uno vale uno e chi seguirà non sarà peggiore, anzi, c’è il rischio che, occasionalmente, sia migliore. Tutti possono fare politica e poi come valutare le competenze e gli apprendimenti? Qui sta, naturalmente, una batteria di errori. Il parlamentare deve avere un tot di conoscenze iniziali, superiori a quelle di un artigiano (il famoso/igerato idraulico), e se frequenta il Parlamento, le commissioni, l’aula, può imparare molto riguardo la lettura e la valutazione dei testi di legge, la stesura di emendamenti, la comunicazione politica a cominciare da quella con i suoi elettori (peraltro, operazione non facile con le recenti leggi elettorali italiane).
Secondo, il limite ai mandati è illiberale. Infatti, limita la libertà dei parlamentari di ripresentarsi a loro piacimento. Dunque, se imposto, violerebbe un loro diritto politico fondamentale che sta all’inizio della storia delle democrazie liberali e vi si accompagna quasi dappertutto.
Infine, il limite ai mandati è antidemocratico ovvero incide negativamente sul potere del popolo sovrano, quel potere che consente ai cittadini non soltanto di scegliere (eleggere) senza previe discriminazioni attraverso una impersonale mannaia burocratica, ma anche di giungere attraverso una valutazione politica di quello che il parlamentare ricandidato/si ha fatto, non ha fatto, ha fatto male, ad una sua bocciatura.
Vadano le Cinque Stelle al rispetto di una loro regola tanto fondamentale quanto sbagliata e produttiva di conseguenze pessime, come sembra adombrare la più recente dichiarazione del ministro Di Maio, uno dei più autorevoli decapitabili, oppure no, renderebbero comunque un significativo servizio alla democrazia parlamentare, alla sua funzionalità, alla sua rigenerazione, se aprissero un trasparente dibattito pubblico sul pro e sul contro al limite di due mandati.