Per Macron una delusione cocente, per il macronismo una strada che porta (inevitabilmente) al centrodestra. Gilles Gressani, fondatore e direttore di Le Grand Continent, spiega perché le elezioni francesi sono una grande operazione verità (con tante incognite)
In marcia verso destra. Il voto francese è una delusione cocente per Emmanuel Macron, un’operazione verità per il macronismo. Per Gilles Gressani, fondatore della rivista Le Grand Continent, si apre una strada tracciata da tempo.
Per Macron è una sconfitta seria?
Senz’altro è uno schiaffo. Un ridimensionamento netto dell’effetto maggioritario che solitamente vede il presidente della Repubblica ottenere una maggioranza chiara per governare.
Come si spiega il risultato?
Macron è il primo presidente eletto due volte senza un partito. Questa condizione gli ha permesso una straordinaria plasticità politica che negli ultimi tempi si è tradotta in uno spostamento sempre più evidente verso il centrodestra. D’altro canto l’assenza di una strutturazione del partito e la flessibilità ideologica rendono la sua azione più fragile quando la sequenza politica non è unicamente concentrata attorno alla sua personalità.
Quali sono le lezioni del voto?
Il dato più notevole è il trionfo del Rassemblement National al di là di ogni proiezione. Un fenomeno da tenere sotto osservazione: Rn si sta strutturando come un partito di estrema destra di governo. Avrà i mezzi, il budget e le leve politiche per affermarsi come forza istituzionale e non di opposizione pura.
Perché questo boom?
Sostanzialmente è mancato del tutto il Front Républicain. Su 61 sfide tra candidati di sinistra e di Rn, in 56 casi il deputato macronista non ha chiesto esplicitamente di votare contro Rn. Un’ambiguità che ha disorientato gli elettori e aumentato l’astensione favorendo Le Pen. Va detto che in questo modo si pone fine a un paradosso.
Quale?
Quello che ha visto per anni il partito francese con più inerzia politica senza una rappresentanza sostanziale in Parlamento.
Come si salva Macron?
La strada più semplice è un’alleanza con i Républicains che, numeri alla mano, può dar vita a una maggioranza adeguata al governo. Si tratta di un problema per Macron, che ha fatto dell’ambivalenza politica la sua cifra, dovrà scioglierla a favore di uno spostamento del macronismo verso il centrodestra. Ma l’operazione sembra il modo più lineare per risolvere il rebus della maggioranza.
Perché?
I Républicains sono un partito in crisi esistenziale, stretti tra Macron e Le Pen. Costruito e storicamente abituato al governo, senza un’alleanza con i macroniani, il partito tagliererebbe il traguardo di ben quindici anni di assenza dal governo. Un record difficile da spiegare agli elettori che infatti stanno andando altrove e soprattutto alla parte più dinamica della classe dirigente, che infatti si sta già guardando intorno.
Il governo sarà un’anatra zoppa o si troverà una sintesi politica?
Retorica a parte, i programmi di Pécresse e Macron non erano così lontani. Dopotutto i ministeri forti di Macron, penso all’Economia o all’Interno ma anche alla premiership, sono stati affidati a figure fuoriuscite dai Républicains, a politici espressione di quell’area che nel 2017 hanno deciso di scommettere sul macronismo per interrompere un digiuno governativo.
Quindi è un matrimonio non solo d’interesse.
Per Macron guardare al centrodestra è una scelta politica, sostenuta dai dati. Alle presidenziali, fra gli elettori di Fillon del 2017, Macron ha ottenuto più voti dei Républicains. Sullo sfondo rimane aperto uno spazio immenso per una ricomposizione politica.
Quale?
Eccezione fatta per le europee, per quattro anni non si voterà più in Francia. Un’era geologica, in cui sarà inevitabile una ricomposizione del quadro politico. Macron terminerà il suo mandato a meno di cinquant’anni, c’è uno spazio politico enorme, ad oggi ancora maggioritario, che dovrà trovare collocamento.