La cosa importante che è accaduta con Luigi Di Maio non è che lui ha cambiato casacca, come un giocatore di calcio che passa dal Real Madrid al Barcellona. No. La cosa importante che ci ha detto Di Maio è che è lui che è cambiato avendolo capito, questo ci ha detto. Il mondo cambia, cambia anche Di Maio!
C’è qualcosa di importante nella vicenda di Luigi Di Maio, qualcosa che ci riguarda tutti. Questo qualcosa emerge sia da quel che si dice di lui che da quel che lui dice di sé.
Dai tempi di Agostino De Pretis, all’inizio della storia del nostro Paese, il vocabolo “trasformismo” ha finito con l’incarnare un disvalore: il trasformismo per noi vuol cambiare posizione, cambiare bandiera, cambiare insomma per calcolo. Chi cambia, il trasformista, è diventato così un voltagabbana, un opportunista. Da ciò sono derivati oltre agli elogi a chi “non cambia mai”, anche tentativi di impedire il cambiamento. Per esempio il vincolo di mandato. Un deputato eletto con un partito avrebbe dovuto essere vincolato a restare “fedele” al partito, come il marito alla moglie, o viceversa.
Tutto questo ha un fondamento, corrisponde a una realtà. Ma non si vede un’altra realtà, un’altra evidenza. Che anche i partiti sono trasformisti e nella stessa accezione del termine. Prendiamo la storia, o la parabola, del 5 Stelle. Andati al governo con la Lega di Matteo Salvini, quando quell’esperienza li stava per condurre a un voto che ne avrebbe determinato l’uscita dai sacri palazzi, si sono alleati con il loro nemico numero uno, il Pd. E hanno affidato, per assoluta coerenza, la guida del nuovo esecutivo allo stesso loro esponente che aveva guidato quello precedente. A chi avesse voluto dire di no sarebbe stato impedito farlo se ci fosse stato il vincolo di mandato, cioè l’obbligo di essere coerenti, e restare nel partito di appartenenza. Poi, come tutti sappiamo, tutto questo ha trovato il suo compimento nella piena coerenza del terzo governo, nel quale i 5 Stelle siedono con gli alleati di prima, la Lega, e quelli di dopo, il Pd. Ovviamente, verrebbe da dire, visto che prima avevano detto che mai si sarebbero alleati con l’uno o con l’altro.
In questo cammino a 5 Stelle si può ovviamente trovare una coerenza che sembra soltanto quella dei propri interessi. Ma siamo sicuri che sia sempre così? Tutti noi pensiamo ancora quel che pensavamo quando eravamo ragazzi? Davvero siamo rimasti coerenti? Chiunque di noi da ragazzo era certo che presto avrebbe scelto quella tal persona come partner della sua vita: abbiamo poi fatto veramente così? O non ci è capitato di agire, procedere, scegliere diversamente? È accaduto perché è un trasformista, un opportunista, un voltagabbana? Neppure la Chiesa pretende questo, infatti proibisce il sesso prematrimoniale; lo sa che il primo amore potrebbe non essere l’ultimo.
Guardando agli accadimenti, alla storia, cioè alla realtà, diciamo frequentemente che è cambiato tutto. “È tutto diverso, è cambiato il mondo!”. Noi invece non dobbiamo cambiare, non dovremmo cambiare, mai.
La cosa importante che è accaduta con Luigi Di Maio non è che lui ha cambiato casacca, come un giocatore di calcio che passa dal Real Madrid al Barcellona. No. La cosa importante che ci ha detto Di Maio è che è lui è cambiato avendolo capito, questo ci ha detto. Il mondo cambia, cambia anche Di Maio! Almeno questo vuol dire che se tutto cambia per fortuna noi non siamo condannati a restare gli stessi di prima, possiamo cambiare anche noi. Dobbiamo farlo. Il problema è come e forse soprattutto perché.
Quel che mi è piaciuto del cambiamento di Di Maio è che lui non ha detto di cambiare perché i suoi compagni di viaggio avevano tradito i valori del movimento. No. Lui ha detto che si era sbagliato: “Uno non vale uno”. Dunque ha capito. Ha capito che era ora di cambiare, di liberarsi da un’illusione, da un sogno, o forse di uscire da un incubo, non lo so. Non ha detto “il movimento ha tradito se stesso, io resto fedele”. No. Lui ha detto semplicemente di essere cambiato. Cambia tutto, cambia anche Di Maio! Solo Travaglio non cambia mai: ma farebbe bene a domandarsi perché. Se la domanda “perché si cambia” vale per chi cambia (e capisce che ciò in cui credeva non gli sembra più valido) per chi non cambia vale la domanda “perché non si cambia, nonostante che cambi tutto”. Vuoi vedere che è qui il gattopardo, in chi finge di non cambiare per fare come gli è più comodo?
Il mondo è cambiato e continuerà a cambiare: speriamo per fortuna e non purtroppo. Ma dipende da come cambieremo noi. Ma questo, che cambieremo, è sicuro.