Le parti sociali si muovano in un tutt’uno con il governo per fronteggiare la questione salariale. Procedere in modo protestatario, o tirandosi fuori con proclami a chiacchiere esigenti, non conduce da nessuna parte e dà il fianco a tanto “sfascismo” già all’opera, per boicottare la modernizzazione della società italiana
Tutti in allarme per l’inflazione che inarrestabile ha superato l’8%, ed al momento non sarà facile comprendere a quale ulteriore picco si potrà giungere, e quando potrà assestarsi a livelli tollerabili. In soli due anni siamo passati da meno 01% di inflazione tendente alla deflazione con prezzi che volgevano al ribasso, fino al picco odierno che ci riporta ai dati della metà degli anni ’80 e che potenzialmente potrebbero volgere verso la stagflazione: fenomeno che vede crescere i prezzi e con essi l’inflazione, in concomitanza di produzioni ed economia che si riducono. Lasciando agire questi fattori senza governarli, ci conduce alla prospettiva disastrosa per la ulteriore riduzione inarrestabile del potere di acquisto dei cittadini-lavoratori, con annessa decrescita della occupazione a causa della diminuzione delle dinamiche economiche.
Insomma, la crisi energetica programmata dai russi per scopi strategico-militari, ha provocato squilibrio tra offerta e domanda, così suscitando inflazione a causa del potere moltiplicatore che esercita l’energia sui prezzi dei trasporti di merci e persone, sulle manifatture, sugli usi civili, sulla produzione di energia elettrica, sulla onnipresente speculazione. A questa dinamica, si è aggiunta la strozzatura del commercio mondiale nel rifornimento di beni a causa della crisi della logistica e della offerta investita dalla straordinaria domanda, dopo la brusca e prolungata contrazione economica causata dalla pandemia.
Ora si spera che la Banca Centrale Europea calibri bene ogni sua decisione sulla partita delicata del costo del denaro in rapporto alle politiche inflative. Ma la speranza più grande non può che riguardare l’adozione di provvedimenti shock sulla delicata questione dei redditi dei lavoratori, molto esposta da tempo a causa di carenze strutturali nella redistribuzione dei redditi a causa della eccessiva pressione fiscale diretta ed indiretta, della insufficiente efficienza delle attività contrattuali, ed ora ancor più dalla falcidia inesorabile della inflazione. In questi casi, se si vuole davvero una svolta sulla protezione e sviluppo dei salari, bisogna procedere velocemente ad un contratto sociale che coinvolga parti sociali e governo, capace di dare risultati nell’immediato e nel tempo medio lungo.
L’intervento sul cuneo fiscale finanziabile dagli extra profitti e dai settori a forte speculazione, è il primo e deciso passo per ottenere sulle buste paga un effetto immediato di maggiore disponibilità di denaro. La tassazione zero sulla parte salariale aggiuntiva relativa legata alla maggiore produttività raggiunta, ed alle ore straordinarie effettuate, per dare un segnale forte e chiaro alla necessità di muovere le acque chete odierne, per stimolare ogni dinamica funzionale all’accrescimento della economia a cui legare privilegiate politiche di aumento salariale.
Va ricordato che aumenti salariali suscitati da maggiore produttività, non provoca effetti inflattivi. I contratti di lavoro da rinnovare subito, devono modernizzarsi e saper incorniciare questo sforzo di privilegio fiscale, ed orientarsi ad innovare gli aspetti della organizzazione del lavoro e del miglioramento professionale dei lavoratori in coerenza con i processi di grande cambiamento in atto della transizione energetica e di quella digitale.
Ma il reddito dei lavoratori si protegge anche intervenendo sulle tariffe. Al contrario dell’accordo di 30 anni fa con Ciampi, oggi i servizi comuni sono tutti regolati dal mercato. Ma non significa che concessioni, convenzioni ed autorizzazioni non possano riportarsi a una regolazione più efficiente e trasparente: quando opache, costano alle famiglie inefficienza e tariffe non giustificate. Dunque le parti sociali si muovano in un tutt’uno con il governo per fronteggiare la questione salariale. Procedere in modo protestatario, o tirandosi fuori con proclami a chiacchiere esigenti, non conduce da nessuna parte e dà il fianco a tanto “sfascismo” già all’opera, per boicottare la modernizzazione della società italiana.