I micro e nano satelliti sono strumenti e sensori orbitali dalle dimensioni contenute ma dall’alto valore tecnologico e commerciale. Per svelare il potenziale di questi piccoli gioielli tecnologici, sono intervenuti al live talk organizzato dall’Agenzia spaziale italiana e da Airpress Giorgio Saccoccia, Silvia Natalucci e Sabrina Coprino
Parlare di nano-satelliti oggi vuol dire essere all’avanguardia dell’innovazione e della tecnologia. Così il presidente dell’Agenzia spaziale italiana (Asi), Giorgio Saccoccia, è intervenuto nel corso dell’evento organizzato dall’Asi e da Airpress “Piccolo è bello. L’Italia e la partita dei nanosatelliti”. L’occasione, infatti, ha permesso al presidente Saccoccia, insieme a Sabrina Corpino, professoressa di Impianti e sistemi aerospaziali del Politecnico di Torino (PoliTo) e Silvia Natalucci, responsabile dell’Unità nano-satelliti dell’Asi, di raccontare il mondo dei piccoli satelliti, strumenti e sensori orbitali dalle dimensioni contenute ma dall’alto valore tecnologico e commerciale.
La spinta all’innovazione
Come raccontato da Saccoccia, infatti, “lo sviluppo dei nano-satellti da una spinta forte all’innovazione in generale”, perché porta agli estremi la necessità di miniaturizzare le tecnologie, mantenendo elevate le performance generali, “paragonabili a quelli delle macchine più grandi”. Per questo l’Asi ha deciso di investire in maniera significativa e, soprattutto, strutturata con un intero programma dedicato ai nano-satelliti, per lo sviluppo sia di tecnologie sia di missioni. “In questo modo – ha spiegato ancora il presidente dell’Agenzia – diamo libero sfogo alla creatività non solo dei gruppi industriali ben consolidati, ma anche alle Pmi, agli enti di ricerca e alle università di provare a proporre nuove soluzioni nei campi più disparati”. L’obiettivo allargare la possibilità di accesso alle orbite a una platea più ampia, una vera e propria democratizzazione dello spazio.
Il supporto dell’Asi
Tra i programmi strutturati dall’Asi c’è sicuramente Alcor, il brand che raccoglie tutte le iniziative dedicate ai nanosatelliti dell’Agenzia. “Volevamo dare l’idea del piccolo che accompagna il grande” ha raccontato ancora Saccoccia, riferendosi alla spiegazione dietro la scelta del nome. Alcor infatti è un astro dell’Orsa maggiore, compagna più piccola della stella Mizar: “Da tempo immemorabile le due stelle erano usate per testare la vista delle presone, ed è quello che vogliamo fare noi, perché questi piccoli satelliti davvero permettono di guardare lontano”. La risposta a queste iniziative dell’Asi è stata, inoltre, estremamente positiva, “c’era un energia enorme pronta a venire fuori”. Nel giro di poco tempo sono state presentate proposte per quasi cinquanta missioni, di cui sono state selezionate in tempi record venti per il primo blocco. Una dimostrazione che in Italia “c’era già una competenza pronta a fiorire al meglio”.
Un consolidamento tecnologico
“La fase pionieristica è stata superata, e adesso abbiamo a disposizione piattaforme che in pochi chilogrammi ci consentono di fare cose straordinarie”, ha spiegato la professoressa Corpino, ricordando come l’evoluzione di questi piccoli satelliti sia nata proprio dalle università, dove si sono rivelati uno strumento formidabile per l’istruzione degli aspiranti ingegneri che oggi guidano l’innovazione nelle varie realtà industriali e di ricerca. Nel tempo, questi strumenti hanno trovato applicazione nei campi più disparati dello spazio, dall’osservazione della terra, alle mega-costellazioni per le comunicazioni, all’esplorazione del sistema Solare. L’evoluzione di queste macchine ha poi consentito di sviluppare nuove tecnologie, dalla propulsione ai sistemi di assetto, indispensabili per gestire l’elevato numero di satelliti impegnati nelle costellazioni. “È un cambio di paradigma nella progettazione di questi strumenti, dove si comincia a parlare di standardizzazione della produzione, con costi sostenibili nel tempo”.
Ricadute terrestri
I costi bassi, infatti, sono un altro elemento di forza dei nano-satelliti, che già per le loro dimensioni contenute aiutano a mantenere basso il prezzo per i loro stessi viaggi nello spazio (il costo di un passaggio su un razzo dipende infatti dalla massa dell’oggetto). “Tutto ciò fa sì che i nano-satelliti possano essere lanciati nello spazio in maniera più frequente, da parte di un numero di utenti sempre più grande”, ha spiegato Silvia Natalucci, che ha aggiunto come questo abbia consentito l’accesso allo spazio anche a “Paesi meno sviluppati nello spazio, a piccoli centri di ricerca o imprese non particolarmente aduse al comparto”. Un fattore che ha consentito lo sviluppo di nuove idee e soluzioni. Con tutte le ricadute del caso.
“Lo spazio – ha detto ancora Natalucci – è da sempre un settore che si presta moltissimo al trasferimento tecnologico ad altri settori terrestri”. Dal telefonino, al cibo liofilizzato, alle coperte termiche fino ai joystick, tutte innovazioni che dalle orbite hanno raggiunto la vita di tutti i giorni. “La miniaturizzazione non può che accentuare questo fenomeno, perché va a raggiungere anche quei settori che prima non potevano essere raggiunti, perché magari avevano bisogno di dimensioni ridotte: si pensi, per esempio, alla chirurgia di precisione”. In questo senso, l’Italia sta cercando di sviluppare un sistema per poter utilizzare i nano-satelliti come piccoli laboratori spaziali, capaci di portare “ricadute molto significative e a basso costo anche sulla Terra”, ha concluso Natalucci.