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Da quando il mare non è più nostrum. Il libro di Valle

Lo storico: “L’Italia deve tornare a guardare al Mediterraneo e smetterla di guardare alle Alpi. Occorrerebbe ripristinare il Ministero della Marina, disciolto scelleratamente nel 1996”

Un popolo di santi, poeti e navigatori. Se è legittimo nutrire forti dubbi su santificazioni e capacità liriche, è altrettanto legittimo nutrire la certezza che di navigare e di interessaci del mare, abbiamo smesso da tanto. E’ questo l’assunto sul quale si incardina l’ultimo libro dello storico e saggista Marco Valle, ‘Patria senza mare. Perché il mare nostrum non è più nostro. Storia dell’Italia marittima’ (Sings Book). Un testo poderoso – 544 pagine – che prende in realtà le mosse da un saggio precedente ‘Suez’ (Historica Edizioni), con il quale stabilisce un dialogo. Una continuità: seguendo il filo blu della salsedine.

Con la perizia dello storico e un apparato documentale imponente, Valle in definitiva formula un profondo j’accuse: “L’Italia è un Paese che, dal ‘600 in poi, è ripiegato sulla terra e che guarda il mare quasi con sospetto”. Anche e soprattutto per colpa di una politica “miope” rispetto a quello che per l’Italia “potrebbe rappresentare in termini di Pil la blue economy”. Questa consapevolezza, già frustrante, è ancora più intollerabile agli occhi dell’autore considerando che “l’Italia fu una superpotenza europea ai tempi delle repubbliche marinare”. Una forza incredibile che, sotto il peso dei secoli, è andata a inabissarsi cedendo porzioni di identità. Perché è questa, a ben guardare, che all’Italia manca: “La consapevolezza della propria storia e della propria collocazione geografica”.

D’altra parte, sostiene l’autore, “dall’epoca dei romani fino a oggi, il nostro Paese ha sempre avuto un rapporto discontinuo con il mare”. Un errore che stiamo pagando a caro prezzo. Sì, perché “se ci fosse una politica seria sul mare – così Valle – oggi potremo governare meglio anche il problema dei flussi migratori. Invece, aver abbandonato il sud del Mediterraneo, ci porta a soluzioni emergenziali o a proposte propagandistiche e irrealizzabili”. Il riferimento è al blocco navale, proposto a più riprese dalla leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni. “Basta leggere un trattato di diritto marittimo – incalza lo scrittore – per avere contezza di come in realtà il blocco navale sia assolutamente impraticabile”.

La soluzione per uscire da questo sonno lungo quattro secoli ci sarebbe, ma comporta uno sforzo “prima di tutto culturale” non indifferente. Prima di tutto un sovvertimento delle prospettive in ottica di sviluppo e di scelte strategiche. “L’Italia deve tornare a guardare al Mediterraneo e smetterla di guardare alle Alpi”. In senso più strettamente pratico “occorrerebbe ripristinare il Ministero della Marina, disciolto scelleratamente nel 1993. Un dicastero importantissimo e che altri paesi come la Francia e la Grecia hanno”. Soltanto in questo modo possiamo pensare di “impostare ragionamenti efficaci sul mare, rinsaldando i rapporti con i nostri partner”. Un po’ come succedeva durante la cara vecchia prima Repubblica. Quanto meno “fino all’ultimo Governo Craxi”.

Ovviamente – e questa è un’altra tesi interessante sviluppata dall’autore – i ragionamenti sul mare non possono prescindere “dagli investimenti e dalla valorizzazione della nostra Marina Militare”, che visse il suo “ultimo periodo florido durante il governo Spadolini” e che invece adesso “si trova sguarnita di uomini”. Ebbene questa lunga navigata lungo il mare nostrum traccia diverse rotte. Sta a chi legge trovare il punto cardinale giusto da seguire. Un consiglio? Verso sud. Buon vento.

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