Il Canada dà il via libera alla turbina bloccata, mentre la Germania si prepara al peggiore degli scenari – l’interruzione prolungata delle forniture russe – e considera razionamenti, priorità per certi settori, piani anti-freddo. Anche in Italia Gazprom taglia le forniture di un terzo. Gli stoccaggi sono al 64%, ma l’inverno si avvicina…
Oggi iniziano i dieci giorni più lunghi nella storia recente della Germania: il periodo di manutenzione programmata del gasdotto Nord Stream 1. Dieci giorni di sospensione delle forniture, conditi dalla paura che la Russia colga l’occasione per sospendere definitivamente le forniture e aggravare la crisi energetica dell’Europa. Senza flussi russi, Stati come Germania e Italia non riusciranno a riempire gli stoccaggi per l’inverno e dovranno ricorrere ai razionamenti.
La situazione è già tesissima. Nelle ultime settimane Gazprom ha arbitrariamente ridotto i flussi verso l’Ue del 65%; con il blocco di Nord Stream 1, quel numero sale all’80%. Intanto il prezzo dell’indice europeo del gas è schizzato oltre i 175 euro per megawattora, il valore più alto dal picco di marzo (a 225 €/MWh) e cinque volte tanto i prezzi di un anno fa (attorno ai 36 €/MWh). All’orizzonte, la paura che Putin chiuda definitivamente i rubinetti per gettare l’Europa nello scompiglio.
LA SAGA DELLA TURBINA
Al centro della prima riduzione dei flussi via Nord Stream 1, a giugno, c’era una turbina di pompaggio targata Siemens, spedita in una divisione canadese del colosso tedesco per lavori di manutenzione. Secondo Gazprom, il taglio delle forniture si deve alle sanzioni occidentali che hanno bloccato quella turbina in Canada. Ma secondo il vicecancelliere e ministro dell’economia Robert Habeck si trattava di un semplice pretesto di Vladimir Putin per alimentare la “guerra economica” contro la Germania.
Domenica sera il governo canadese ha annunciato che avrebbe spedito il pezzo, in nome della sicurezza energetica europea. Aggirando le proprie sanzioni, Ottawa ha suscitato la gioia di Mosca e il disappunto di Kiev, secondo cui la mossa è un precedente pericoloso per la solidità delle sanzioni occidentali. Sollievo da parte di Berlino, con il cancelliere Olaf Scholz che ha ringraziato gli alleati canadesi; ci si può aspettare che anche la Germania faccia un’eccezione per spedire il pezzo in Russia.
LA GERMANIA SI PREPARA AL PEGGIO
Se non altro, la mossa della Germania toglierebbe a Putin il pretesto della turbina come scusa per l’eventuale interruzione totale delle forniture – uno “scenario da incubo”, come lo ha definito Habeck sabato. “Dobbiamo prepararci onestamente allo scenario peggiore e fare del nostro meglio per cercare di gestire la situazione”. Il livello d’allerta per la sicurezza energetica è a due su tre: il prossimo passo sarebbero i razionamenti e una serie di misure per tamponare il collasso economico e tenere i riscaldamenti accesi d’inverno.
Settimana scorsa il governo Scholz ha modificato le leggi per proteggere l’integrità del mercato energetico e riattivare le centrali a carbone (con buona pace della transizione ecologica, ma senza riconsiderare lo stop alle centrali nucleari). L’idea è produrre più elettricità utilizzando il carbone in modo da convogliare più gas verso gli stoccaggi e gli utilizzi per cui è ancora indispensabile: il riscaldamento dei cittadini e intere filiere industriali, le due voci che assorbono due terzi del gas utilizzato in Germania.
L’ultima lettura di venerdì dava gli stoccaggi tedeschi al 63%; l’obiettivo è riempirli al 90% entro novembre. Per quanto riguarda l’industria, il governo tedesco sta stilando una lista di priorità che definisca quali aziende potranno utilizzarlo in caso di scarsità, e quali invece dovranno farne a meno. A livello locale si stanno predisponendo piani di emergenza e risparmio energetico che vanno dalla chiusura delle piscine allo spegnimento dei lampioni e dei semafori, fino all’alloggiamento dei cittadini in dormitori di dimensioni industriali.
LA SITUAZIONE ITALIANA
Le ripercussioni dello stop di Nord Stream 1 si sono subito sentite anche in Italia, dove l’esportatore russo ha ridotto di un terzo i flussi (rispetto alla media degli scorsi giorni), come ha annunciato Eni lunedì mattina. Non è la prima volta che accade: a giugno i flussi si erano già abbassati del 15%, come conseguenza dei tagli verso la Germania e nonostante la scelta di Berlino e Roma di sottostare al ricatto di Putin e pagare le forniture in rubli.
Per quanto riguarda gli stoccaggi, il nostro Paese possiede riserve ancora più ampie di quelle tedesche. I livelli italiani sono comparabili, al 64%, secondo quanto annunciato dall’ad di Snam Stefano Venier domenica sera. In linea con il resto d’Europa, questi valori sono ancora molto inferiori rispetto alla media degli ultimi anni.
LA RISPOSTA EUROPEA
C’è di buono che l’Italia può contare sugli approvvigionamenti in arrivo dai gasdotti mediterranei, che rendono l’esposizione del sistema-Paese alla Russia inferiore rispetto alla Germania. Ma l’inverno si sta avvicinando e i flussi inferiori rallenteranno il ritmo di stoccaggio del gas in entrambi i Paesi. Questa la mossa di Putin per minare la solidità del fronte europeo, a cui potrebbe far seguito il taglio totale; resta da vedere se i Ventisette saranno in grado di rispondergli con un piano adeguato.
Domenica il ministro dell’economia francese Bruno Le Maire ha esortato l’Ue a prepararsi allo scenario peggiore. La Commissione di Ursula von der Leyen ha fatto sapere che presenterà un piano d’emergenza “entro metà luglio”, pochi giorni prima la riunione straordinaria dei ministri europei dell’energia, in calendario per il 26 del mese. Finora il fronte europeo è stato compatto ma poco agile nel rispondere all’escalation delle ostilità economiche. Ma essendo arrivati a una guerra di logoramento, il vero nemico è il tempo: l’indecisione europea potrebbe tradursi in un vantaggio per Putin.