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Crescita, inflazione e imprese. Le incertezze dell’economia italiana

Le evidenze ed osservazioni segnalate nelle relazioni di queste autorità indipendenti aiutano a tracciare il quadro delle incertezze e delle sfide, a cui si aggiunge l’attuale crisi di governo per completare il panorama. L’analisi dell’economista Salvatore Zecchini

Il Paese sta vivendo una fase di grande incertezza su tutti i principali fronti, politico, economico, finanziario e sociale, con l’unica certezza che è data dalla tenuta del sistema imprese, che, come nel passato, è abituato ad attraversare simili momenti senza perdere la sua capacità di superare le difficoltà e competere sui mercati interni ed esteri. All’incertezza si aggiunge il contrasto di opinioni sulla prossima evoluzione e sulle prospettive. Le analisi divergono su diversi punti, ma convergono sul considerare il momento molto delicato, in grado di evolvere o verso il miglioramento, oppure verso il peggioramento nel volgere di poco tempo.

Sul fronte politico, d’un tratto si è entrati in un clima elettorale con programmi massimalisti da parte di alcune forze politiche e l’irrigidimento su particolari provvedimenti da sbandierare nella prossima campagna elettorale. Che sarebbe stato molto arduo mantenere le coesione tra le eterogenee forze di governo all’avvicinarsi della scadenza elettorale era convinzione di molti sin dalla nascita dell’attuale governo, ma si confidava nell’interesse comune di ottenere il massimo dalla cooperazione europea portando ad attuazione per l’intera legislatura il programma di interventi strutturali e riforme che Bruxelles da anni chiedeva.

Con l’avanzare nell’attuazione del Pnrr, che incide in qualche misura su posizioni inveterate d’interesse particolare, e con l’irrompere di shock inattesi, quali la pandemia, la guerra in Ucraina, la crisi energetica e delle materie prime e la fiammata dei prezzi, si è rivelato politicamente impossibile ricomporre tutte le richieste di parte in un quadro di compatibilità che tendesse a preservare la stabilità nella crescita economica e a procedere verso il risanamento degli squilibri.

Ancora una volta nella storia di questo millennio, la questione della gestione economica fa da innesco a crisi di governo che portano o a correzioni di orientamento delle policy, o a un ritorno agli elettori che può rivelarsi non risolutivo dei problemi economici all’origine. Nell’attuale crisi di governo l’incertezza è al massimo sia sul risultato delle elezioni, sia sul cammino del risanamento economico e della modernizzazione.

Sulle prospettive di crescita le analisi dei principali attori si differenziano solo su alcuni aspetti attinenti alle prospettive nel triennio corrente. La Banca d’Italia nell’ultimo Bollettino Economico rivede verso l’alto dopo appena un mese le stime di crescita annua del Pil reale (3,2%) insieme a quella dell’inflazione (7,8% ovvero 1,6 punti in più rispetto alla stima di giugno scorso). Per il prossimo biennio abbassa le stime di crescita reale, mentre rialza quelle sui prezzi, per i quali prevede nel 2024-2025 una discesa graduale. Il quadro macroeconomico che delinea per il 2022 è positivo a causa della ripresa dei consumi, la continua espansione dell’attività edilizia, l’aumento delle ore lavorate e la riduzione del tasso di disoccupazione. Non nasconde, tuttavia, fattori negativi, quali il rallentamento degli investimenti, il permanere di difficoltà nelle catene di fornitura delle imprese, il peggioramento delle condizioni sui mercati finanziari e i rincari dell’energia. Anche per i prossimi due anni stima la continuazione di una modesta crescita, trainata dalle misure di bilancio e dagli interventi del Pnrr, sempre che le condizioni attuali permangano. Si avrebbe, invece, un netto peggioramento nel caso di un intensificarsi della guerra in Ucraina e dell’interruzione degli afflussi di energia dalla Russia.

Un maggior pessimismo mostra la Confindustria nelle sue più recenti valutazioni, sullo sfondo di segnali contrastanti sull’andamento dei principali fattori. Nel settore industriale l’indice Pmi segna valori prossimi alla stagnazione, la domanda peggiora e i consumi delle famiglie risentono dell’erosione del potere d’acquisto dovuto all’ascesa dei prezzi, particolarmente di energia ed alimentari. Le esportazioni non traggono gran vantaggio dal deprezzamento dell’euro verso il dollaro perché condizionate dalla debolezza della congiuntura europea e del commercio mondiale, dalle sanzioni economiche e dall’aumento dei costi degli input. Gli ordini dall’estero tendono a recedere nel manifatturiero, mentre nei servizi l’attività è in ripresa ma tende a essere frenata dall’alta inflazione.

L’Istat nella sua Nota mensile aggiunge altri elementi non favorevoli sullo sfondo sempre d’incertezza accentuata. A fronte del miglioramento dei giudizi delle imprese sugli ordini e la produzione, la fiducia delle famiglie sulle prospettive è in deterioramento, la propensione al risparmio in risalita nel primo trimestre dell’anno e il mercato del lavoro mostra i primi segnali di deterioramento. L’inflazione è in accelerazione diffusa a tutti i settori, un aspetto che lascia presagire richieste di incrementi salariali e una rincorsa prezzi-salari. Nell’insieme, la crescita tende a ripiegare per effetto delle tensioni sui mercati energetici, la guerra in Ucraina e l’intonazione in senso restrittivo della politica monetaria.

Le tre istituzioni, pertanto, convergono nel tracciare un quadro improntato ad accentuata precarietà con toni più o meno pessimistici. Su questo fondo campeggia da alcuni giorni la crisi di governo e il rischio che l’azione rinnovatrice per attuare il PNRR subisca una dannosa battuta di arresto. Le 55 mete da raggiungere entro fine anno in campi cruciali che vanno dalla concorrenza al digitale, la giustizia e l’istruzione, potrebbero divenire irrealizzabili entro il semestre con danni tanto per poter ricevere i finanziamenti dell’UE, quanto per continuare ad avanzare nel rinnovare il sistema e rinvigorire il suo potenziale di crescita. Molto resta da fare se si guarda ai rapporti annuali pubblicati nei giorni scorsi rispettivamente dall’Istat, dall’Arera, dall’Antitrust e dall’Anac. In questi rapporti si riconoscono i progressi che si stanno compiendo con gli interventi del Governo, ma si segnalano diversi punti critici su cui vanno approntate soluzioni efficaci in tempi non lunghi.

L’Istat vede nella grande dipendenza dalle importazioni di petrolio e gas naturale, come pure di fertilizzanti e cereali punti critici per lo sviluppo dell’economia. Le tensioni di prezzo su questi mercati si sono trasmesse ormai a tutti i settori economici, benché con una relativa lentezza. Se l’allentamento di queste tensioni ha assunto carattere di urgenza per ridare stabilità alla crescita, vi sono altre sfide che necessitano interventi per non porsi come ostacoli o freni allo sviluppo, in particolare, la modernizzazione della pubblica amministrazione, la transizione ecologica, la digitalizzazione e il declino demografico.

Nella PA i maggiori problemi riguardano, oltre che la semplificazione delle procedure, l’invecchiamento delle risorse umane e le carenze di competenze, particolarmente nell’impiego della digitalizzazione. Nel confronto con il settore privato, l’età media dei dipendenti pubblici e il livello d’istruzione risultano nettamente superiori, in quanto la prima ha raggiunto quasi i 50 anni e il secondo è caratterizzato da un 42,5% che ha completato gli studi universitari. Questa potrebbe sembrare un combinazione vantaggiosa sotto il profilo della produttività, in quanto si tratta di risorse con maggiore esperienza e preparazione. Ma così non è quando si tratta di rinnovare l’organizzazione e renderla più efficiente e produttiva nell’offerta di servizi pubblici.

In realtà, nel 2019 la spesa pubblica in attività formative per dipendente è risultata del 40% al di sotto di quella di un decennio prima, nell’offerta formativa prevalgono le materie giuridico-normative e tecniche, la partecipazione dei dipendenti è scesa sotto il livello del 2017, e appena il 6,6% ha partecipato a corsi d’informatica, sebbene la carenza di competenze nelle tecniche digitali sia citata come uno dei maggiori ostacoli all’avanzamento nel mondo della digitalizzazione.

Occorre quindi rinnovare e dare un nuova formazione al capitale umano impiegato nel settore pubblico. Sul piano dell’istruzione la pandemia e le conseguenti restrizioni hanno avuto effetti negativi sui livelli di apprendimento degli studenti in italiano e matematica. I test Invalsi effettuati nel 2021 mostrano livelli inadeguati in italiano per il 44% degli studenti delle scuole secondarie e in matematica per il 51%, con un arretramento rispetto agli anni precedenti e notevoli disparità tra aree del Paese. Indubbiamente la DAD e l’insufficienza di connettività internet ha contribuito a questa situazione: più della metà degli studenti, in particolare, non disponeva di una connessione adeguata.

In un simile contesto, l’accelerazione del reclutamento di nuove forze appare problematico. L’urgenza di rafforzare i quadri con forze giovani e la necessità di selezionare in tempi brevi nuovi talenti, e premiare allo stesso tempo competenze e merito, si scontrano con i deficit di conoscenza e di formazione. La celerità delle assunzioni può andare a scapito della qualità dei funzionari con effetti prolungati nel tempo. Su questo punto insiste la relazione dell’Anac, che pertanto si pronuncia contro la possibilità di stabilizzare dirigenti selezionati discrezionalmente senza il vaglio di rigorosi concorsi pubblici. Il contrasto alla malversazione della cosa pubblica e il rafforzamento della performance della PA devono iniziare con una migliore definizione della modalità e dei criteri di reclutamento.

Il declino demografico e l’invecchiamento della popolazione restringono il bacino di risorse umane da cui attingere. Entrambi i fenomeni sono sottolineati nella relazione dell’Istat e dovrebbero essere fonte di grande preoccupazione in quanto tendono a deprimere le prospettive di sviluppo della ricchezza nazionale. La popolazione di anziani over 65 supera del 187% quella con meno di 15 anni e tende ancora a salire. Diversamente da molti paesi europei, la ripresa economica non ha portato alla ripresa delle nascite nel dopo-Covid perché continuano a diminuire, soprattutto nelle coppie di italiani, e diminuisce anche la nuzialità, mentre aumentano i nati fuori dal matrimonio. Nell’insieme non si ferma il decremento della popolazione, scesa sotto la soglia dei 59 milioni, con una perdita di 1,4 milioni negli ultimi 8 anni.

Per contrastare gli effetti delle tendenze demografiche occorre insistere sull’aumento della produttività per addetto, oltre che su articolate strategie per promuovere la natalità, insieme alla nuzialità e alla revisione del diritto di famiglia, uscendo da impostazioni ideologiche fallimentari. Produrre di più implica disporre di più energia e a prezzi vicini ai livelli di equilibrio dei mercati nel medio-lungo periodo. L’ARERA opportunamente richiama la necessità d’investire nella sicurezza energetica, per anni trascurata, e la mette in relazione al ruolo del mercato elettrico nazionale e di quello europeo. Un tetto al prezzo del gas non sarebbe opportuno, a suo avviso, perché potrebbe compromettere le forniture e spingerebbe a ritornare al carbone per le centrali elettriche. Il meccanismo di mercato ha, invece, un ruolo nel determinare prezzi di equilibrio tra domanda ed offerta, anche se possono esserci inefficienze. Queste non sarebbero necessariamente corrette segmentando il mercato europeo in mercati nazionali o segmentandolo per tecnologia di produzione. Quanto ai consumatori, un appropriato sollievo dal lato dei prezzi dovrebbe, piuttosto, discendere dallo spostare gli oneri di sistema sulla fiscalità generale.

Il problema dei prezzi in periodi d’inflazione relativamente elevata riporta l’attenzione sul grado di concorrenza nei mercati interni. L’Antitrust (AGCM) insiste sull’approvazione delle misure volte ad accrescere la concorrenza soprattutto nei servizi, richiamando la sua importanza nel tutelare i consumatori da eccessi di prezzo e abusi di potere di mercato, e nel promuovere l’innovazione e gli investimenti. Di particolare rilievo i suoi interventi contro le grandi multinazionali del web, Google ed Amazon, e avverso le posizioni dominanti che i fornitori di servizi digitali possono acquisire a spese degli utenti attraverso i loro vantaggi tecnologici e l’uso dei dati degli stessi utenti per scopi commerciali.

La concorrenza può essere aggirata anche attraverso la corruzione e la scarsa trasparenza nell’assegnazione delle commesse pubbliche. Nell’ultimo anno per accelerare l’attuazione degli interventi del Pnrr si è fatto ricorso a notevoli semplificazioni, procedure d’urgenza e derogatorie che, da un lato, hanno prodotto speditezza nelle assegnazioni di appalti e commesse, dall’altro lato, sono andate a detrimento della concorrenza, dell’ampliamento della platea dei concorrenti e della selezione delle migliori offerte. L’Anac mette in risalto questa contraddizione e al tempo stesso sta approntando strumenti che potrebbero permettere di verificare i casi di malversazioni o di selezione inefficiente. Tra questi strumenti, in primo piano la Banca Nazionale dei contratti pubblici, dove si può seguire l’iter delle varie fasi, il Bando tipo per gare in telematica, una piattaforma digitale di interconnessione tra le diverse amministrazioni in cui si condividono i dati dei contratti, e il fascicolo virtuale degli operatori economici. Sono strumenti che contribuiscono a migliorare l’efficienza della spesa, efficienza che, tra l’altro, è compromessa dall’eccessivo numero di stazioni appaltanti (più di 39 mila) e dalla loro carenza di competenze professionali. Sarebbero, pertanto, necessari anche programmi di assistenza tecnica e di formazione.

Le evidenze ed osservazioni segnalate nelle relazioni di queste autorità indipendenti aiutano a tracciare il quadro delle incertezze e delle sfide, a cui si aggiunge l’attuale crisi di governo per completare il panorama. Questa fase politica e l’incertezza sul futuro governo mandano nel limbo per qualche tempo riforme importanti ed urgenti, già in avanzata discussione e condizione per continuare ad ottenere il sostegno dell’Ue. In un orizzonte così instabile ed incerto ben vengano, pertanto, le pressioni europee per indurre il Paese a non interrompere il cammino del rinnovamento.



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