Il senatore meloniano: “Sin dai tempi di Berlusconi, Fini e Casini la regola per la premiership è sempre la stessa. La propaganda contro di noi sulla stampa estera? Merito della sinistra”
Le tre punte di ieri, dice a Formiche.net il senatore di Fratelli d’Italia Giovanbattista Fazzolari, sono valide anche oggi nel centrodestra che si prepara alle urne di settembre. Mercoledì prossimo ci sarà il primo vertice a tre, ma intanto i meloniani ricordano agli alleati interni la regola sempre valida (“chi prende più voti esprime la premiership”) e a quegli esterni come non cambierà la postura internazionale italiana (“euroatlantica, senza sbavature filo cinesi come quelle del M5S”).
Nome del candidato premier e criterio per la divisione dei collegi. Come si troverà la quadra nel centrodestra italiano?
Ci sono delle regole che sono state applicate da tutto il centrodestra fin dalla sua nascita nel 1994. In seguito Berlusconi, Casini e Fini parlavano delle tre punte: per cui chi prende più voti può esprimere la leadership. Ieri come oggi ci sottoporremo agli elettori che stabiliranno chi è il partito guida del centrodestra. Un momento dopo ognuno accetterà il responso delle urne. Anche nel 2018 in particolare Salvini e Berlusconi, che erano i due che avevano effettivamente la possibilità di contendersi il primato, hanno fatto la campagna elettorale su questo.
Dunque tutto già scritto?
È questo un meccanismo che finora ha consentito al centrodestra, nonostante mille difficoltà, di continuare ad essere una coalizione, la coalizione più longeva della Seconda Repubblica e quindi, per quello che riguarda Fratelli d’Italia, detta regola e rimane in piedi, anche perché in nessuna sede ci è stato detto che quella regola non vale più. Per i collegi il discorso non è diverso: senza andare indietro di anni, osservo che alle scorse elezioni è stato fatto valere il principio che i collegi uninominali venivano assegnati in base alla media dei sondaggi che riguardavano i tre partiti. Così reputiamo che debba essere fatto in questa nuova occasione. Se i nostri alleati vogliono proporci delle nuove regole, devono spiegarci perché proprio adesso.
Secondo Sabino Cassese alla destra italiana servono tre cose: personale politico, idee e radicamento sociale. Ha ragione?
Cassese è persona molto stimata, in particolare dagli esponenti di Fratelli d’Italia, proprio perché ha sempre dimostrato di essere equilibrato e di parlare sempre senza scorciatoie ideologiche. Concordo con la sua tesi e aggiungo che sotto questi aspetti FdI è probabilmente uno dei partiti meglio attrezzati del panorama politico.
Ovvero?
Assieme all’apparato storico della sinistra italiana, abbiamo una forte storia politica alle spalle che deriva non solo da Alleanza Nazionale, ma anche dal Popolo della Libertà. Inoltre abbiamo fino a oggi molto più personale politico di alta qualità che non posizioni politiche nelle quali rappresentarlo. Il problema esattamente opposto del Movimento Cinque Stelle che ha avuto un exploit momentaneo e si ritrova a essere rappresentato da personale politico di scarsa qualità. Fratelli d’Italia ha in tutto il territorio nazionale sindaci, amministratori, professionisti, persone che provengono da una lunga esperienza politica. Siamo inoltre molto attrezzati sulle idee. Anche qui noi proveniamo da un mondo che ha sempre fatto dell’elaborazione culturale il suo principale punto di forza. Quando all’inizio della legislatura Fratelli d’Italia aveva appena il 5%, abbiamo deciso pur con esigue risorse di dedicare una parte non trascurabile del budget alla costituzione di un ufficio studi, nell’epoca in cui tutti reputavano che l’approfondimento politico fosse inutile a raggiungere risultati elettorali.
Meno tweet e più dossier?
Giorgia Meloni ha deciso che in Italia bisognava investire sull’approfondimento politico. Ogni cosa che dice è comunque frutto di un importante approfondimento. Infine il radicamento sociale: è il cavallo di battaglia della destra. Il bello è che la principale accusa che la sinistra fa a Fratelli d’Italia per la nostra presidente è che è diventata punto di riferimento dei disperati e delle periferie. Siamo troppo vicini al basso popolo? Solo accuse costanti che ci arrivano dai salotti della sinistra con la puzza sotto il naso e confermano che stiamo facendo un ottimo lavoro.
I giornali stranieri sollevano dubbi sulla postura italiana dei conservatori. Abbiamo visto anche la prima pagina del New York Times. Ma sulla guerra Fratelli d’Italia è stata netta sin dall’inizio come sulla Nato, o no?
Queste critiche che rimbalzano sui giornali esteri, purtroppo, sembrano molto imbeccate dall’Italia e questo dimostra la totale mancanza di responsabilità della sinistra in questa fase così così delicata. Alla sinistra non interessa il futuro dell’Italia, interessa solamente governare anche sulle macerie. Nel merito, oggettivamente, questa lettura si scontra con la realtà dei fatti. Oggi un governo a guida Meloni sarebbe l’unica vera garanzia di una Italia che rispetta il proprio sistema di alleanze internazionali. Intanto, diciamo perché non ha in tutta questa fase avuto nessuna forma di ambiguità o di calcolo di opportunità elettorale nelle scelte di internazionali e di geopolitica: cosa che magari non può essere detta neanche per i nostri alleati di centrodestra e nemmeno a sinistra. Sono messi così perché il Pd a guida Letta ha tenuto la barra dritta, ma non così la sinistra, anche interna del Pd. Senza contare l’estrema sinistra e soprattutto il Movimento Cinque Stelle, apertamente filo cinese e simpatizzante per le derive putiniane. Quindi credo che, al di là di chi fa rimbalzare la propaganda della sinistra sui giornali esteri, chi fa attenta analisi geopolitica oggi sa bene che in una situazione difficile come quella attuale, l’unica vera garanzia che l’Italia resti fedele al proprio sistema di alleanze internazionali è Fratelli d’Italia, non altri.
Proponete un’Italia euroatlantica e patriottica: quale il rapporto con Usa e Cina?
Geopolitica, delocalizzazione, concorrenza sleale: la barra di FdI è dritta su questi temi. Siamo consapevoli di essere parte di grandi sistemi che si confrontano a livello planetario e in questa dinamica mai abbiamo avuto dubbi di voler far parte, in modo ben saldo, del contesto occidentale. Vuol dire comunque un sistema di rispetto dell’individuo, della privacy, del concetto di democrazia e della persona umana. Tutto ciò non è il modello cinese, che è un modello plurimillenario, di grande forza che non nasconde di voler modellare il mondo attorno alla propria società secondo una visione diversa. In questo contesto le scelte di natura strategica, economica e di alleanze non possono scindersi da questa grande considerazione: aprire alla penetrazione cinese in Europa vuol dire aprire a un determinato modello che non è quello che ci piace, lo dico senza nessuna caccia alle streghe o ostilità preconcetta. Ma teniamo a definire, in modo netto, questo tipo di rapporto con la Cina: sì all’interscambio commerciale ed economico, perché di certo non è una potenza che vogliamo emarginare, ma il rispetto dei ruoli deve essere chiaro. Anche su questo, l’ambiguità della sinistra e del M5S è ciò che dovrebbe far preoccupare a tutti i livelli.
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