Il 5 agosto 1962 veniva a mancare improvvisamente, misteriosamente, Marilyn Monroe (1 giugno 1926), all’anagrafe Norma Jane Mortenson, cresciuta in casa-famiglia, forse la più grande attrice cinematografica del sonoro. Qualche critico la notò già in una particina di “Giungla d’asfalto” (1950), ma non tardò a mostrare la sua bravura nella commedia in capolavori applauditi ovunque, dal Sud America al Giappone, come “Quando la moglie è in vacanza” e “A qualcuno piace caldo”
In questa estate eccessivamente, esageratamente torrida, diverse arene stanno riproponendo un classico della commedia hollywoodiana anni Cinquanta, Quando la moglie è in vacanza (The Seven Years Itch, 1955) di Billy Wilder. Gioiello di racconto umoristico, con tempi, battute e innocenti gag incastrati alla perfezione, stupendamente recitato, sul modello “sophisticated” inaugurato magistralmente da Ernst Lubitsch e George Cukor negli anni Trenta, ci fa ridere, sorridere e distendere. Ma anche riflettere su diversi motivi, quali amore, fedeltà, vita di condominio, tra cui uno di carattere “eco sostenibile” ante-litteram: come affrontare l’eccessiva calura nella New York tecnologica del secondo dopoguerra proiettata a razzo verso il Duemila, con corollario il motivo dell’aria condizionata in vecchi appartamenti (quando da noi era fantascienza).
Se questa deliziosa commedia da camera ci tiene incollati alla poltrona o alla sedia dell’arena per novanta minuti, facendo incontrare due sconosciuti in un piccolo stabile a causa della calura, camminando sul filo dell’innamoramento possibile ma impraticabile (lui è sposato e fedele: il giustamente impacciato Tom Ewell), tanto che ad ogni svolta narrativa sembra che scocchi l’amore anche fisico (ci si fermerà al bacio), ebbene, tutto questo gioco d’involontaria, avvolgente seduzione da parte della bionda ragazza ˗˗ che pone la sua biancheria intima in frigorifero per poi goderne la frescura ˗˗, lo si deve a una autentica leonessa da set: Marilyn Monroe.
Il film (notevole successo: incassò 8 milioni di dollari), fu la consacrazione mondiale di una nuova attrice, e la scena del “vento” della metropolitana che alza la gonna di Marilyn divenne un simbolo erotico degli anni Cinquanta, immagine pop subito stampata su manifesti e t-shirt, causando, tra l’altro, la montante gelosia del primo marito, il giocatore di baseball Joe Di Maggio, talvolta violento, dal quale ella divorzierà dopo otto mesi di matrimonio, sempre nel 1954.
La ragazza innocente e un po’ ingenua di Quando la moglie è in vacanza non è più la donna dark e infedele di un avvocato corrotto in Giungla d’asfalto (John Huston, 1950,) che qualcuno aveva notato e che Billy Wilder non aveva dimenticato. E neanche la perfida femme fatale, in abiti attillati, di cui uno rosso fucsia, esaltato dal Technicolor, eloquentemente inquadrato da Wilder mentre attraversa la strada ancheggiando in Niagara (1953, di Henry Hathaway): qui, la ventisettenne Marylin, inserita in un noir, doveva pianificare con l’amante l’assassinio di suo marito, all’interno dei tunnel turistici delle cascate del Niagara.
Niagara riscosse un certo successo che aprì alla Monroe le porte delle grandi produzioni: diversi registi però fiutavano in lei più naturali doti da commedia che drammatiche. Per cui quando Hawks la inserisce nel cast di Gli uomini preferiscono le bionde (Gentlemen Prefer Blondes, sempre 1953, Howard Hawks), altro avvolgente film Technicolor, commedia che rinnovava il musical, il successo è travolgente. Accanto a Jane Russel, con la quale condivide professionalmente la presenza scenica, (il numero When Love Goes Wrong Nothing Goes Right, ambientato in un bistrot parigino ricostruito in teatro, ancora oggi incanta), ella recita, balla e canta, mostrando una maestria da musical inaspettata da stupire lo stesso Hawks (chi non si ricorda il suo numero Diamond Are a Girl’s Best Friend, sofficemente incartata, come un gigante confetto, dentro un abito fucsia mezzo-lungo, mentre schiaffeggia delicatamente gli uomini del balletto con un ventaglio chiuso?). In Gentlemen Prefer Blondes l’innocente Lorelei Lee ammicca priva di malizia, fa innamorare senza secondi fini e bacia castamente un ricco rampollo; e, infine, tiene testa al futuro diffidente suocero milionario convincendolo che “la bellezza è già una ricchezza”. Due anni dopo, con il ricordato Quando la moglie è in vacanza, arrivava la consacrazione mondiale nella commedia.
Se oggi chiedete ad uno spettatore per quale film va ricordata Marylin Monroe, quasi tutti rispondono A qualcuno piace caldo (1959, Some Like It Hot, ancora Billy Wilder). Considerato un capolavoro assoluto della commedia di sempre, è anche il primo film che ironizza sul genere. La sceneggiatura vive sul classico travestimento teatrale di uomo in donna, e Marilyn, con ai fianchi due grandi attori quali Jack Lemmon e Tony Curtis, dimostra di saper lavorare ad alti livelli non invadendo il campo di colleghi mostri sacri. E, nella commedia, lo sappiamo, condividere spazi, azioni, gag e battute tra comprimari di altissimo talento, non è mai semplice. Per questo esistono pochi capolavori di commedia a più voci: A qualcuno piace caldo è forse il più riuscito in assoluto. Marilyn qui fu davvero strepitosa, da far dire a Billy Wilder “come attrice comica è un autentico genio”. Il vecchio cliché che il produttore Darryl F. Zanuck le aveva incollato a forza, quella della dumb blond (“l’oca bionda”), da lei comunque portato a performance sublimi, ora si era definitivamente sgretolato sotto la sua bravura e la regia di Billy Wilder.
Marilyn Monroe introduceva un nuovo modo nella mimica. Innanzitutto, recitava con il sorriso: lanciò il rossetto rosso sulle carnose labbra che circondava una magnifica smagliante dentatura; se poi si considerano i suoi grandi occhi marroni, che con il trucco diventavano blu scuro, allungati da ciglia finte, e la capigliatura fitta e bionda, il tutto esaltato dal Technicolor, la neo-icona era pronta. Il suo ovale a colori, pastellato, insomma, la faceva somigliare a un fumetto ben disegnato diventato realtà, pronto a tornare serigrafia dopo la sua morte (Andy Warhol).
Altra peculiarità della sua recitazione era l’improvviso spalancare gli occhi davanti all’inattesa percezione di ogni nuova situazione comica o ironica (svolte narrative che nella commedia stratificata sono a raffica), come forma di commento stupìto, naïve o ingenuamente spiazzante. Al contempo Marilyn riduce al minimo la gesticolazione tipicamente europea (contrariamente, per esempio ad Anna Magnani: per questo si stimavano, erano complementari).
Ancora. Un’altra caratteristica del personaggio eroticamente ingenuo, è, naturalmente, il suo ancheggiare. Una scena per tutte (da Quando la moglie è in vacanza): nella casa dove vive Richard, dopo le presentazioni, ella levita su per le scale verso il piano superiore catturando l’attenzione dell’uomo (marito fedele!), e dello spettatore (Wilder con la camera le va “dietro” in panoramica e carrello)! Infine, non dobbiamo dimenticare che, per noi italiani, la fortuna dei personaggi interpretati da Marilyn Monroe la si deve anche all’originale tono “svampito” che l’eccellente doppiatrice Rosetta Calvetta seppe inventare (soprattutto la ragazza di Quando la moglie è in vacanza e Zucchero Kandinski di A qualcuno piace caldo).
Contrariamente alla vulgata che certa stampa diffuse, legata, come ricordato, alle parti della bella ragazza “oca”, Marilyn non era affatto poco intelligente e priva di cultura. Va ricordato che godeva della stima di Truman Capote e Jean Paul Sartre; era lettrice attenta dei romanzi di Fëdor Dostoevskij oltre che della poesia dell’amato Walt Withman.
La mattina del 5 agosto 1962 Marilyn Monroe viene trovata priva di vita nel suo appartamento. Sul letto, nuda, e con la cornetta del telefono in mano. Le analisi autoptiche confermeranno che ella ingerì un forte quantitativo di barbiturici. Negli ultimi anni era seguita dal suo psichiatra Ralph Greenson, colui che accorse per primo, e che cercava di farle limitare l’uso di farmaci tranquillanti cui ella ricorreva abbondantemente.
Visto il legame di “stretta” amicizia con il presidente John Fitzgerald Kennedy, il quale da tempo aveva preso le distanze dalla donna, e poi con il fratello del Presidente, Robert Kennedy, suo ultimo amante, si avanzarono diverse ipotesi sulla sua morte. Dalla necessità di silenziarla per non compromettere l’“onore” dei Kennedy a una vendetta della mafia americana per non aver ottenuto certe presunte promesse fatte dal Presidente.
Marilyn ha sempre cercato con insistenza il “suo grande amore”, un porto sicuro in cui sentirsi protetta; quella sicurezza che le era mancata sin dall’infanzia non avendo avuto una famiglia ed essendo cresciuta in diversi collegi. Dopo Di Maggio (che la amò sempre: porterà rose rosse sulla sua tomba, tre volte a settimana, per venti anni), sposò il commediografo Arthur Miller, dal quale poi divorziò; ebbe brevi relazioni con Frank Sinatra ed Elia Kazan, con Yves Montand in Francia, e, con Tony Curtis durante le riprese di Some Like It Hot.
Va ricordato che Marilyn, pochi mesi prima di morire, fu costretta ad abortire, pare in Messico: tutt’ora c’è chi sostiene che il figlio fosse del Presidente. Ad ogni anniversario nuove ipotesi e fiumi di inchiostro tornano sugli ultimi mesi della vita e sulla morte della trentasettenne icona del nuovo cinema americano. Solo alcuni giorni prima aveva dichiarato: “Sono felice e pronta per girare nuovi film”. A noi non rimane che rivedere i suoi personaggi innocenti, sereni, umoristici, poetici. La finzione talvolta copre, attraverso un gesto d’inattesa carità, l’opaca quotidianità.
Foto: Milton H. Greene