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La Chiesa o è sinodale o non è Chiesa. La riflessione del papa in Canada

“La Chiesa in Occidente aveva perso la sua tradizione sinodale”, ha detto papa Francesco in Canada. Verticismo, centralismo, clericalismo, impediscono il ritorno della Chiesa alla sua stessa identità ecclesiale, cioè comunitaria. Ecco perché recuperare questa tradizione è un fatto importantissimo e anche possibile

Molto spesso ci capita di vedere il dito ma non la luna. Nella Chiesa cattolica è in corso un processo epocale la cui epocalità non è stata capita. O forse proprio la rilevanza di questo processo già in atto ne spiega la sottovalutazione, quasi a tentare di ridurne l’efficacia, a tentare di chiuderlo in un cassetto. Si tratta di un processo che riporta la Chiesa ad essere Chiesa! E il papa, parlando con i gesuiti canadesi l’ha spiegato in tutta la sua portata.

Le affermazione di Francesco sono state pubblicate in diverse lingue da La Civiltà Cattolica ieri. Accade a ogni viaggio (sebbene non sia sicuro che a ogni viaggio il testo venga tradotto in diverse lingue) ma non accade a ogni viaggio che incontrando i gesuiti residenti nel Paese che il papa visita lui pronunci parole di tale rilevanza. Ovviamente la discussione di cui riferisce l’articolo prende le mosse dal viaggio in Canada, dall’importanza che il papa attribuisce all’impegno di tutti i vescovi per superare la piaga del passata, la partecipazione a politiche assimilazioniste nei confronti del popoli indigeni. Senza di questo il chiarimento con loro non sarebbe stato reale, efficace. Ma è quando gli viene chiesto dell’ipotesi di Chiesa sinodale che il papa ha nuovamente chiarito l’enormità di quanto sta accadendo: “Guarda, a me dà fastidio che si usi l’aggettivo ‘sinodale’ come se fosse la ricetta dell’ultima ora per la Chiesa. Quando si dice ‘Chiesa sinodale’ l’espressione è ridondante: la Chiesa o è sinodale o non è Chiesa. Per questo siamo arrivati a un Sinodo sulla sinodalità, per ribadire questo. Certamente possiamo dire che la Chiesa in Occidente aveva perso la sua tradizione sinodale. La Chiesa d’Oriente l’ha conservata. Si può discutere sulle modalità del vivere la sinodalità, certamente. Paolo VI ha istituito la Segreteria del Sinodo dei vescovi perché intendeva andare avanti su questo tema. Sinodo dopo sinodo si è andati avanti, a tentoni, migliorando, comprendendo meglio, maturando”.

Andare avanti… Vuol dire, appunto, che questa sinodalità, il camminare insieme, non può riguardare i soli vescovi, ma arrivare a coinvolgere tutti il popolo di Dio, cioè tutti i battezzati: “ Mi sembra fondamentale ribadire, come faccio spesso, che il sinodo non è un incontro politico né un comitato per decisioni parlamentari. È l’espressione della Chiesa dove il protagonista è lo Spirito Santo. Se non c’è lo Spirito Santo non c’è neanche il sinodo. Ci potrà essere democrazia, parlamento, dibattito, ma non c’è «sinodo». Se volete leggere il libro migliore di teologia sul sinodo, allora rileggete gli Atti degli Apostoli. Lì si vede chiaramente che il protagonista è lo Spirito Santo. Questo si sperimenta nel sinodo: l’azione dello Spirito. Accade la dinamica del discernimento. Si sperimenta, ad esempio, che a volte si va veloci con una idea, si litiga e poi avviene qualcosa che riaccomuna le cose, che le armonizza in modo creativo. Per questo mi piace chiarire che il sinodo non è una votazione, un confronto dialettico di una maggioranza e una minoranza. Il rischio è anche quello di perdere il quadro d’insieme, il senso delle cose”.

Dunque “la Chiesa in Occidente aveva perso la sua tradizione sinodale”. Verticismo, centralismo, clericalismo, impediscono il ritorno della Chiesa alla sua stessa identità ecclesiale, cioè comunitaria. Ecco perché recuperare questa tradizione è un fatto importantissimo e anche possibile: perché mentre la Chiesa in Occidente questa tradizione l’ha persa la Chiesa d’ Oriente quella tradizione non l’ha conservata! Ma perché Francesco dice che una Chiesa non sinodale non è Chiesa? Perché il termine Chiesa viene dal latino Ecclesia che viene dall’analogo vocabolo greco e vuol dire “assemblea”. Ecco allora che si capisce cosa abbia voluto dire il papa quando, tante volte, ha parlato di “Chiesa tutta sinodale”. Il paradigma ecclesiale muta, il papa, che rimane ovviamente il successore di Pietro, diviene in certo senso il vertice basso della piramide. La Chiesa è il popolo fedele di Dio, assemblea del popolo fedele di Dio non solo la domenica, ma in tutta la sua vita ecclesiale. Nella parrocchia, nella diocesi, nella Conferenza Episcopale nazionale, in quella continentale, a livello globale.

Il sinodo sulla sinodalità, in corso, è chiamato a rianimare questa tradizione e avrà il suo compimento nell’autunno del 2023. Questa è la bussola del pontificato di Francesco dai tempi dei due sinodi sulla famiglia, poi sull’Amazzonia ( con relativa esortazione apostolica post-sinodale intitolata non in latino!) E ora con il sinodo sulla sinodalità; questo è il senso profondo, decisivo. Così importante da far dubitare che i fastidi motori che affliggono il papa possano interferire con questo processo. Perché questa, oggettivamente, è l’impresa di Francesco, avviata con visione epocale nel nome della vera tradizione della Chiesa, della Chiesa degli apostoli.

Ma i tradizionalisti questa tradizione non la conoscono, l’hanno dimenticata. Per loro la tradizione è quello che risponde a un altro criterio: “si è sempre fatto così”. Ma sempre quando? Sempre da quando la loro memoria riesce a vedere, a immaginare. Quindi il tradizionalismo non ha nulla a che fare con la tradizione, anzi, molto spesso può dimenticare la tradizione, o non tenerla viva, ammodernandola nella realtà di oggi. Francesco riporta la tradizione agli Atti degli Apostoli, non al Medio Evo. Bisogna ricollegarsi alla vera tradizione ecclesiale, dimenticando il fastidioso tradizionalismo.

È quello a cui ci porta la domanda successiva, relativa al tema degli abusi e alle riforme di alcune importante norme penali nel diritto ecclesiastico. Questa per me è la risposta più importante di tutte: “ Si è constatato che bisognava fare dei cambiamenti, e sono stati fatti. Il diritto non si può tenere in frigorifero. Il diritto accompagna la vita e la vita va avanti. Come la morale: si va perfezionando. Prima la schiavitù era lecita ora non più. La Chiesa oggi ha detto che anche il possesso dell’arma atomica è immorale, non solo l’uso. Prima non si diceva questo. La vita morale va progredendo nella stessa linea organica.” A chi parla di “immodificabilità”, di norme, leggi, morale, Francesco ricorda la storia, e quindi la realtà. Le ideologie tradizionaliste sono chiaramente l’opposto della sua visione: “La visione della dottrina della Chiesa come un monolite da difendere senza sfumature è sbagliata. Per questo è importante avere rispetto per la tradizione, quella autentica. Diceva uno che la tradizione è la memoria viva dei credenti. Il tradizionalismo invece è la vita morta dei nostri credenti. La tradizione è la vita di chi ci ha preceduto e che va avanti. Il tradizionalismo è la loro memoria morta. Dalla radice al frutto, insomma: questa è la strada. Bisogna prendere come riferimento l’origine, non un’esperienza storica particolare assunta a modello perpetuo, come se bisognasse fermarsi là. «Ieri si è fatto così» diventa «sempre si è fatto così». Ma questo è paganesimo del pensiero! E quello che ho detto vale anche per la materia legale, per il diritto”.

Un punto così chiaro sulla sterilità del tradizionalismo, sull’importanza di capire bene cosa sia “tradizione” raramente era stato offerto al lettore. Archiviare il tradizionalismo in favore della tradizione intesa come memoria viva dei credenti è il contributo più evidente che questo testo ci offre. E che chiarisce la portata davvero universale ed epocale di questo pontificato.

(Foto: Twitter/@antoniospadaro)



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