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Nessuna alleanza con M5S, e Calenda… La bussola di Borghi sulle alleanze del Pd

Il deputato e membro della segreteria nazionale del Partito democratico: “L’idea di Calenda e di Renzi è quella di ritagliarsi un ruolo di ‘ago della bilancia’ nell’ambito della futura compagine di governo. Una modus operandi che richiama  – neanche troppo velatamente – l’antico trasformismo”. E il centrodestra “è diviso su tutto, nonostante millantino coesione”

“Calenda ha perso un’occasione clamorosa. Con il Pd poteva avere uno spazio politico non indifferente. Ora invece è costretto all’abbraccio di Renzi”. La pensa così Enrico Borghi, deputato e membro della segreteria nazionale del Partito democratico con delega alle politiche di sicurezza. Al pari dei colleghi dem ha mal digerito lo strappo calendiano, ma al contempo smentisce i chiacchiericci che vorrebbero il Pd pronto a riabbracciare il Movimento 5 Stelle in chiave anti-desta. Tra i peccati capitali il “draghicidio” è senz’altro, nell’indice dem, quello più grave.

Borghi, senza la dote di Calenda, la sfida più dura sarà quella nei collegi uninominali.

In realtà la coalizione di centrosinistra adesso ha finalmente trovato un’unità sui temi di fondo. La politica è fatta per cambiare gli orientamenti delle persone, dunque il nostro lavoro sarà orientato – nelle prossime settimane  – proprio in questa direzione.

Sta di fatto che il centrodestra è dato per favorito in tutti i sondaggi. 

Dal 2013 tutte le elezioni sono andate in senso opposto rispetto agli scenari prefigurati dai sondaggi, ancorché fatti nelle settimane immediatamente precedenti alla scadenza elettorale. Dunque magari potrà anche essere vero che il centrosinistra parte in svantaggio, ma attenzione a vendere con facilità la pelle dell’orso. Sono certo che dagli elettori arriveranno segnali interessanti.

Il Pd cercherà, magari meno platealmente rispetto a quanto fatto con Calenda, un accordo con il Movimento 5 Stelle?

Con il Movimento 5 Stelle non c’è alcun margine di trattativa. Loro hanno scelto, assieme alle destre, di affossare il governo guidato da Mario Draghi. Dimostrando così la loro inaffidabilità. Per noi che invece abbiamo fatto della credibilità e della responsabilità le nostre stelle polari, sono scelte inaccettabili. Non ci sarà alleanza.

Secondo lei in termini elettorali che cosa potrà valere, se ci sarà, l’alleanza tra Renzi e Calenda?

Intanto devono riuscire a mettersi d’accordo tra loro. Cosa tutt’altro che scontata. In più, lo spazio politico che cercano di occupare è assolutamente residuale. A me sembra più un’operazione velleitaria e un polo centrista, in un sistema elettorale come questo, verrà sostanzialmente azzerato. Esattamente come accade a tutti i “centrini” dal 1994 a oggi. Probabilmente l’idea di Calenda e di Renzi è quella di ritagliarsi un ruolo di “ago della bilancia” nell’ambito della futura compagine di governo. Una modus operandi che richiama – neanche troppo velatamente – l’antico trasformismo.

Tuttavia per il Pd aver agganciato Azione poteva essere un’occasione per intercettare un elettorato più trasversale…

Calenda avrebbe potuto avere, all’interno della coalizione col Pd, una sua caratterizzazione. Ma il Pd non ha nessuna paura di misurarsi con l’elettorato che Calenda ha velleità di rappresentare. Abbiamo anche noi elementi spendibili e credibili per l’elettorato del nord produttivo, deluso dal centrodestra.

A proposito di centrodestra, come vede l’ipotesi di Meloni premier?

La premiership nel centrodestra continua a essere un argomento divisivo. Nonostante loro si mascherino, questo è un punto dolente. La coalizione è lacerata su tanti fronti, a partire dal fatto che anche solo negli ultimi due anni sui tante tematiche hanno votato tutti in maniera profondamente diversa.

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