Skip to main content

Il commiato di Draghi dalla politica e l’esortazione ai giovani. Parla il prof. Felice

“Ai giovani il premier ha affidato due bellissimi messaggi: vivere la politica come partecipazione e come scommessa per plasmare il loro futuro e quello del Paese”. Conversazione con Flavio Felice, docente di storia delle dottrine politiche all’Università del Molise

Costi energetici, famiglie, inflazione. E tante tante incognite sul futuro del Paese. Mario Draghi parla ancora da premier malgrado quello al meeting di Rimini abbia la forma di un “discorso di commiato” dalla politica, come lo considera Flavio Felice, docente di Storia delle dottrine politiche all’Università del Molise a cui abbiamo chiesto un commento sulle parole del premier.

Professore, partiamo dalle esortazioni che Draghi ha rivolto ai giovani.  

Quello del premier è stato un discorso molto bello, semplice e diretto. Ha utilizzato una retorica e una dialettica che sono state efficaci rispetto al pubblico giovane che si è trovato davanti. Ma in realtà ha parlato a tutti. Anche ai non giovani chiaramente. È stato un discorso molto politico. Ai giovani, comunque, il premier ha affidato due bellissimi messaggi: vivere la politica come partecipazione e come scommessa per plasmare il loro futuro e quello del Paese.

Sulla questione dell’ approvvigionamento del gas, Draghi ha posto la questione del tetto europeo al prezzo delle forniture. Un monito per i futuri governanti? 

Il premier ha fatto esplicito riferimento alla proposta italiana pronta ad essere sottoposta al Consiglio Europeo, superando l’attuale metodo di tariffazione. Questo è senz’altro il messaggio più forte sotto il profilo della politica internazionale. È evidente che si tratta di un messaggio alla politica.

Il pubblico di Rimini ha accolto scrosciante il premier, così come i leader – Meloni e Salvini in particolare – che l’hanno affossato. Crisi d’identità? 

È un dato politico interessante: c’è un pubblico che stima a tal punto Draghi, da coglierne anche la fine della sua forza propulsiva. Meloni e Salvini, ma anche Letta a suo modo, sono stati i ‘sicari’ dell’agenda Draghi. Probabilmente però, neanche loro si aspettavano che finisse anticipatamente l’esperienza del Governo. Ora dovranno misurare la loro credibilità alle urne.

C’è una parte del Paese e della politica – ad esempio il Terzo Polo – che vorrebbe un ritorno di Draghi. Perché secondo lei invece il discorso di oggi ha il sapore del commiato? 

Ritengo altamente improbabile un ritorno di Draghi nella politica per due ordini di ragioni. Il primo è che gli esiti delle consultazioni elettorali, salvo imprevisti sconvolgenti, sono già più o meno prevedibili. Secondariamente, si stanno liberando in Europa, posti di livello piuttosto appetibili per Draghi.

Secondo lei è riduttivo pensare che il voto dei cattolici, intesi in senso ampio, sia sovrapponibile a quello della platea di Cl? 

È riduttivo, tuttavia in questi ultimi anni le differenze tra mondo cattolico tour court ed elettorato ciellino si sono molto assottigliate.

×

Iscriviti alla newsletter