Le discussioni nella Chiesa cattolica sono rare. Di solito ci sono comunicazioni. Ora si comincia a cambiare registro. La Chiesa non è più il centro, che esprime una cultura clericale e occidentale. Cerca di diventare davvero Chiesa universale, nell’incontro di diverse culture e priorità. La riflessione di Riccardo Cristiano
La Chiesa cattolica non sarà una casa di vetro, ma vedere solo dietro le quinte non aiuta ad avere un quadro completo. Gli ultimi tempi sono stati caratterizzati da scandali gravi, abusi e finanze sono stati al centro di cronache gravi. Servivano riforme giuridiche. Ma non solo, serviva anche un’idea di Chiesa in linea con le nuove sfide, enormi, per chi ha cuore il Vangelo. Rigore o Misericordia? La questione degli uffici, la Curia Romana, rientra in questo grande problema: come adeguarsi al mondo che cambia sempre più velocemente?
La riforma degli uffici non è tecnica, fonda un’idea di Chiesa. Il trionfalismo non ha più molto senso, ma oggi serve un parametro chiaro per sostenere la scelta della missionarietà! Innanzitutto bisogna capire se si è d’accordo. Usare la riunione romana dei cardinali per diffondere l’idea che gli avversari del Papa in carica hanno già un candidato alla successione, il nome sarebbe quello dell’arcivescovo di Budapest, sembra proprio un criterio deficitario. Francesco con la sua riforma ha proposto un nuovo accentramento finanziario e un vasto decentramento per la cura dei diversi continenti e culture, ma nel segno dell’unità dei diversi.
Giovanni Paolo nel 1988 varava la riforma della Curia Romana, la Costituzione Apostolica Pastor Bonus. Appena eletto, nel 2013, Francesco ha creato una commissione cardinalizia rappresentativa delle diverse realtà continentali per ammodernarne e riposizionarne le visioni. Nel marzo di quest’anno, 2022, i lavori si sono conclusi ed è stata varata la nuova Cosituzione Apostolica, Praedicate Evangelium. Poco dopo la sua promulgazione i cardinali, circa 200, sono stati convocati a Roma. La filosofia è cambiata: la Curia Romana diviene una struttura aperta nelle sue posizioni di vertice a donne e laici, inoltre non coadiuva solo il papa ma tutte le realtà ecclesiali continentali e regionali, tutti i singoli vescovi: è l’inscindibile connessione dell’intero episcopato cattolico con il papa, una connessione che è principio di unità e a servizio della stessa comunione. Dunque, come si legge al punto 12: “La riforma non è fine a stessa, ma un mezzo per dare una forte testimonianza cristiana, per favorire una più efficace evangelizzazione; per promuovere un più fecondo spirito ecumenico; per incoraggiare un dialogo costruttivo con tutti”.
La convocazione dei “principi della Chiesa” dunque non serve a discutere della struttura, ma della sua operatività. Il tessuto stesso del Collegio Cardinalizio è cambiato. E non solo perché, come sempre, sono cambiati molti cardinali, per via del passare del tempo, ma perché nel Collegio ora ci sono cardinali di Paesi che mai nessuno ha considerato, neanche i cartografi. L’ultimo esempio è il facente funzioni di vescovo di Ulan Bator, Mongolia.
I cardinali, ascoltate le relazioni, discutono tra di loro, in commissioni linguistiche; anglofoni, francofoni e così via. Questo incontro di due giorni, un tempo famoso perché si riuniva per prendere atto dei nuovi santi o registrava l’ingresso dei nuovi cardinali, ora dibatte, non si limita ad ascoltare. Non dibatte sulla riforma, quella c’è già, ma su come va attuata, messa con i piedi per terra a Roma e nel resto del mondo. In definitiva sta prendendo forma una Chiesa sinodale, cioè una Chiesa collegiale, non verticista, non centralista. Le periferie incarnate dai cardinali si confrontano con il centro incarnato dai cardinali di Curia, esprimono le loro opinioni e le loro esigenze. E soprattutto si conoscono, visto che molti di loro a Roma ci saranno stati una o due volte. Questa conoscenza è importante perché é cambiato il lavoro: il centro è al servizio delle Chiese particolari, la piramide si capovolge. Come disse Francesco in occasione del 50esimo anniversario del snodo dei vescovi, il papa diviene “il vertice basso”. Un cambiamento enorme, che molti osteggeranno, e che richiederà anni.
Le discussioni nella Chiesa cattolica sono rare. Di solito ci sono comunicazioni. Ora si comincia a cambiare registro. La Chiesa non è più il centro, che esprime una cultura clericale e occidentale. Cerca di diventare davvero Chiesa universale, nell’incontro di diverse culture e priorità.
La riforma di Francesco non vuole solo accorpare qualche ufficio e cambiare il nome di qualche ufficio. Abituati da secoli al centralismo Romano, al clericalismo e al verticismo, tutto questo viene poco considerato. Ma questo è quanto sta accadendo, o che si sta tentando di avviare.
Pensare che sia un pre-conclave, un modo per discutere del successore di Francesco, è vero, come sempre sono vere le chiacchiere al bar. Il problema si porrà, certamente: Francesco ha i suoi anni e nessuno lo ignora. Ma il punto in discussione è porre misericordia e sinodalità al centro della Chiesa, non più il rigorismo e il verticismo. Accanto a questo poi ci sono i problemi del mondo, della geopolitica e del papa che un giorno verrà. Ma tutto questo è quotidianità. L’eccezionalità di questi giorni vaticani è l’altra.