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Il Ministero della Cultura non dovrà più essere quello dei “no”. Borgonzoni spiega perché

La sottosegretaria al ministero per i Beni e le Attività culturali: “Servono più fondi per le imprese culturali. Rivedere a rialzo i bandi Pnrr. La cultura è un tema molto sentito dai territori: se non si interviene si rischia di perdere un patrimonio di competenze inestimabile”

Se ne parla poco. Anzi, pochissimo. Eppure la cultura “è un tema sul quale il centrodestra può puntare in campagna elettorale, rivendicando risultati ottimi”. Parola di Lucia Borgonzoni, sottosegretaria per i Beni e le Attività culturali. Fedelissima del segretario, la senatrice bolognese mette in fila da un lato gli obiettivi raggiunti durante questa legislatura e dall’altro i punti sui quali dovrà concentrarsi il prossimo esecutivo “auspicabilmente di centrodestra”.

Borgonzoni, partiamo dal Pnrr. I fondi previsti per il comparto culturale superano i 150 milioni. Come verranno distribuiti?

Dipenderà dai progetti che verranno presentati. Già qualcosa di interessante è arrivato, che riguarda in particolare la valorizzazione dei borghi. Ma, se consideriamo il Next Generation Eu nel suo complesso, emerge che sono molto pochi i fondi destinati alla cultura. O meglio alle imprese culturali.

Una scelta miope?

Sì, dettata probabilmente dal fatto che ancora si fatica a comprendere che non solo con la cultura si mangia, ma che la cultura è un moltiplicatore di Pil. Di fondi ce ne sono pochi, infatti, per le imprese culturali. Se non sosteniamo questo settore rischiamo di perdere una patrimonio umano e di competenze davvero impagabile che il mondo ci invidia. Senza contare che nella definizione di ‘impresa culturale’ c’è un vuoto normativo che andrebbe colmato.

Quindi una delle priorità sarà rivedere i fondi del Pnrr?

La revisione del Pnrr la davo per scontata. Anche perché, ad esempio per quanto riguarda la riqualificazione e la valorizzazione dei borghi, a causa dei rincari e delle difficoltà di reperimento delle materie prime, abbiamo la necessità di intervenire. Tanto più che i crono-programmi hanno tempi ristretti. Ma oltre al Next Generation Eu, il tema di fondo è che servono più risorse per il Ministero.

Eppure in campagna elettorale non si sente parlare di cultura. 

Ed è un vero peccato, anche perché si tratta di un tema molto sentito in particolare dai territori. Su questo spero che il prossimo esecutivo lavori e imprima una svolta.

In che modo?

Pianificando un cospicuo plafond di risorse per chi fa impresa culturale (che peraltro è stato uno dei settori più colpiti dalla pandemia) e per lo sviluppo di nuove tecnologie che possano garantire di intercettare sempre più pubblico anche in ottica di inclusione sociale (penso all’abbattimento non solo delle barriere architettoniche, ma anche e soprattutto a quelle cognitive).

Spesso il Mic è identificato come un dicastero ‘ostativo’ nell’immaginario collettivo. 

Ci vuole un’inversione di tendenza che sfati questo mito, che purtroppo ha avuto un fondo di verità in passato. Il nostro non deve più essere un ministero del no a priori. Ma un luogo in cui si fa formazione e nel quale si agevolano le imprese, immaginando magari di semplificare gli iter autorizzativi.

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