Campi: “Letta attende l’implosione del governo di centrodestra. Piglio remissivo e gioca in difesa”. Ignazi: “Da Meloni parole rischiose per la politica estera italiana”
Potrebbero tranquillamente interpretare i protagonisti del racconto di Conrad, I duellanti. A volte in punta di fioretto, a volta a piena lama di sciabola, il segretario del Pd Enrico Letta e la leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, a confronto sul sito del Corriere, hanno dispensato ricette elettorali e visioni del mondo. Due galassie, due emisferi. Dal posizionamento europeo alla revisione del Pnrr (chiesta a gran voce da Meloni, ma osteggiata da Letta), dal caro energia al fisco finendo con il mercato del lavoro e il debito pubblico. Per commentare lo scontro pubblico tra i due leader (comunque circoscritto al perimetro del rispetto istituzionale, data anche la garbata moderazione del direttore del Corriere, Luciano Fontana) abbiamo chiesto un’opinione ad Alessandro Campi, docente di Storia delle dottrine politiche nell’Università di Perugia e a Piero Ignazi, politologo e docente dell’università di Bologna.
“Mi è parso un dibattito molto concreto, a fronte di una campagna elettorale giocata spesso su temi distanti dal comune sentire – spiega Campi -. I partiti, travolti da questo appuntamento imminente alle urne, si sono mossi spesso in maniera disordinata. Dal confronto, comunque, emerge un’impostazione quasi scolastica di Letta sull’Europeismo che si è manifestata in maniera lampante sulla questione energetica quando ha attaccato un po’ capziosamente l’Ungheria, quando invece chi si è opposto al tetto europeo al gas è la Germania”. Ma secondo il politologo questa mossa è parte di una tattica più ampia sulla quale il segretario dem ha voluto impostare la campagna elettorale. “Il Pd sta giocando in rimessa, e dal confronto di questa sera si è visto, perché sta scommettendo sull’implosione di un eventuale governo di centrodestra”. Dunque Letta “non ragiona da premier perché sa di non avere chance per diventarlo. Aspetta la prossima crisi, allorquando il Pd sarà ‘necessario’ e potrà tornare in pista”.
Piero Ignazi la vede in maniera diversa, anche se sull’atteggiamento assunto dal segretario del Pd c’è più di una similitudine. Ma il politologo bolognese si concentra sulle parole della leader di FdI e in particolare sulle conseguenze europee che queste potrebbero avere. “La Meloni sta impostando i suoi interventi avendo come cardine la salvaguardia dell’interesse nazionale, in senso oppositivo a quello comunitario. Mi pare che in questo senso ci sia una forma di regressione verso posizioni sovraniste a tratti rischiose”. Non è bastato dunque che la numero uno di FdI rassicurasse a più riprese, anche durante il confronto con Letta, il posizionamento atlantista e al fianco dell’Ucraina. “È un incipriamento molto superficiale – commenta Ignazi – che si scopre con un lieve refolo di vento. La visione di Meloni è l’esatto contrario di come è stata impostata in questi anni la politica estera italiana. L’esatto contrario di quello che ci vorrebbe ora”. E Letta? “Non lo trovo a suo agio in questa campagna elettorale – così il politologo -. D’altra parte lui è una persona portata al dialogo, alla quale manca il piglio pugnace tipico di questi momenti. È stata efficace la contrapposizione tra il rosso e il nero scelta come leitmotiv della campagna elettorale. Quel rosso, però, si è scolorito e non è stato capace di trascinare”. Un po’ come questa sera.